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La puntura di vespa è in grado di provocare reazioni cutanee molto fastidiose in quanto l’ingresso del pungiglione nella cute causa localmente un fenomeno infiammatorio doloroso. Gli effetti della puntura, però, possono essere anche gravi nelle persone precedentemente sensibilizzate, in quanto si può verificare una reazione allergica locale (eritema, edema esteso e dolore intenso) o sistemica (orticaria, vertigini e difficoltà respiratorie).
Come riconoscere una vespa
La vespa è un insetto particolarmente aggressivo e può pungere molteplici volte di seguito la propria vittima in quanto, a differenza delle api, il pungiglione non rimane incastrato nella cute.
Anatomicamente è possibile riconoscere la vespa in quanto possiede un corpo ricoperto di strisce gialle e nere e possiede un pungiglione lungo, liscio e dritto, il quale comunica con un sacco velenifero.
A differenza delle api, il corpo della vespa è meno peloso e più longilineo, in quanto l’addome è distinto dal torace grazie alla presenza di un sottile peduncolo.
Un altro imenottero da cui si distingue è il calabrone, in quanto la vespa è più piccola.
Sintomi della puntura di vespa
Il veleno della vespa contiene sostanze tossiche e componenti ad attività allergenica come fosfolipasi, ialuronidasi e l’antigene 5. Mentre gli allergeni solitamente agiscono entro pochi minuti, causando reazioni importanti solamente nei soggetti predisposti, le sostanze tossiche sono responsabili di un effetto vasodilatatore che si manifesta, dopo una puntura, con reazioni cutanee locali (pomfo in rilievo, rosso e pruriginoso, associato a dolore o bruciore nella zona lesa).
Le manifestazioni che derivano dalla puntura di una vespa dipendono dalla dose di veleno inoculato dall’insetto e dall’entità della precedente sensibilizzazione.
Normalmente, dopo una puntura la persona avverte un dolore immediato e si manifestano arrossamento, gonfiore, bruciore intenso e prurito. Questi sintomi coinvolgono esclusivamente l’area attorno al punto di inoculazione del pungiglione, estendendosi al massimo per pochi centimetri.
Di norma questi sintomi sono autolimitanti e la regione dove è stata inflitta la puntura da parte della vespa rimane dolorante e pruriginosa per alcuni giorni, per poi progressivamente tornare alla normalità.
In alcuni soggetti suscettibili, però, la manifestazione non rimane a livello locale, ma può comportare un’estesa reazione infiammatoria cutanea, la quale si presenta tipicamente con edema di oltre 10 cm di diametro, dolore, arrossamento, prurito e bruciore che tendono ad aggravarsi gradualmente nei primi tre giorni.
Nei casi in cui l’edema coinvolga la lingua o la faringe, tale avvenimento può rendere difficoltoso il passaggio dell’aria, limitando in questo modo la respirazione. Ulteriore manifestazione è l’edema della glottide, la quale può comportare una severa ostruzione delle vie respiratorie; in questo caso la persona può presentare difficoltà a parlare, incapacità di prendere fiato, raucedine, tosse, dolore al petto e senso di soffocamento.
Infine, nei casi più severi, dopo una puntura di vespa può presentarsi uno shock anafilattico, che si caratterizza da una marcata e persistente ipotensione (con conseguente ipoperfusione), la quale può condurre rapidamente alla perdita di coscienza sino ad arrivare all’arresto cardiocircolatorio.
Come si tratta una puntura di vespa
Se la puntura di vespa non provoca sintomi troppo intensi, per limitare i disagi si possono eseguire degli impacchi di acqua fredda ed applicare (dietro consiglio medico) una crema antistaminica o cortisonica.
Quando si manifesta una reazione più severa e generalizzata, invece, è necessario richiedere un intervento medico urgente recandosi al Pronto soccorso o attivando il 118 (il 112 laddove presente).
In questi casi il trattamento di emergenza per le reazioni allergiche prevede la somministrazione di antistaminici e di cortisone per via endovenosa, al fine di ridurre la reazione infiammatoria e mantenere pervie le vie aeree.
Allo stesso scopo può essere somministrato ossigeno per contribuire a compensare la respirazione limitata, oltre a farmaci beta-agonisti (come ad esempio il salbutamolo), utilizzati per alleviare la dispnea.
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