L’Infermiere Libero Professionista (ILP) deve adattarsi alle mille esigenze del paziente e alle dinamiche del mercato del lavoro. Sempre più spesso capita di imbattersi in ILP che svolgono attività di grande spessore professionale e ricoprono ruoli di prestigio e di comando in aziende private. È il caso di Cristina Banchi, responsabile della qualità in una Residenza Sanitaria per Anziani (RSA).
Cristina Banchi è Infermiera Libero Professionista da oltre 7 anni, ma per 20 anni è stata dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale.
I colleghi le chiedono spesso: ma tu cosa fai?
. E lei ribatte: difficile spiegarlo
. In primo luogo occorre comprendere che l’Infermiere Libero Professionista non ha le stesse caratteristiche del dipendente, pur facendo lo stesso lavoro. Ciò che cambia è la concezione stessa del lavoro.
Intanto non ho un datore di lavoro, posso avere un contratto come posso non averlo, ma questo non indica niente di ciò che normalmente viene sancito dai contratti con rapporto dipendente: per me non esistono ferie, ma giorni in cui mi organizzo per essere libera – ci spiega Cristina - Non esiste uno stipendio, ma una remunerazione corrispondente al tipo di prestazione erogata. Se mi ammalo, non mi posso fermare, ma cerco in ogni modo di soddisfare la richiesta pattuita, in quanto nessuno andrà al posto mio e potrei perdere il cliente e recargli un danno. È chiaro che se non lavoro non guadagno; non posso coprire l’orario di altri, è severamente vietato sostituire il personale dipendente. Io devo prendere in carico una persona, un servizio o una prestazione.
Molti mi chiedono come faccia ad essere soddisfatta del mio lavoro, con tutte queste incertezze e, apparentemente, nessuna garanzia. Provo a spiegarlo, premettendo che si tratta della mia personale esperienza, e che non è assolutamente generalizzabile – aggiunge Banchi - Ripercorrendo questi anni, direi che ciò che mi ha dato e continua a darmi più soddisfazione è il rapporto diretto con la persona/cliente, esigente, ma contemporaneamente riconoscente. Inoltre apprezzo l’autonomia con la quale gestisco questo rapporto e la mia attività.
Non che questo non accada nei servizi pubblici, ma il rapporto non è esattamente diretto, resta sempre subordinato alla direzione/datore di lavoro, che, essendo il responsabile ultimo, stabilisce organizzazione e modalità operative attraverso orari prestabiliti e protocolli vincolanti. I margini di autonomia possono esserci, ma in tempi di crisi diventano sempre più stretti.
L’utente che accede al servizio pubblico, per essere sinceri, non ha molto margine di scelta. Se, invece, trova nell’Infermiere Libero Professionista le capacità di soddisfare al meglio i suoi bisogni e l’ILP in questione accetterà le richieste professionali, non ci sarà neppure bisogno di un contratto tra le parti.
Nel lavoro dipendente, soprattutto nei servizi pubblici, il riconoscimento delle capacità individuali e la conseguente soddisfazione sono molto difficili da ottenere, a causa degli scarsi margini decisionali dei coordinatori e di un sistema che tende ad appiattire le professionalità.
Ovviamente ho l’obbligo formativo, come ogni altro collega, ma non avrò nessuna formazione aziendale, meno che mai una formazione pagata da terzi. La formazione per me è un investimento: la faccio per migliorare le mie competenze ed offrire una maggiore professionalità. Il lavoratore dipendente, invece, deve formarsi sulle esigenze dell’organizzazione che possono non corrispondere con le sue ambizioni
Se volessi sintetizzare tutti questi concetti in una frase, direi che per me adesso è più importante fare ciò che amo come amo farlo, che fare ciò che mi richiede un’organizzazione/datore di lavoro, anche se con maggiori garanzie
– continua la nostra interlocutrice.
La giornata tipo di Cristina
Forse, dopo ciò che vi ho detto, capirete meglio che per un libero professionista non esiste una giornata tipo, ma il tempo si adegua alle esigenze dei soggetti in causa. Le garanzie si ottengono dalla stima reciproca. Tempo fa ho avuto problemi familiari molto gravi, che mi hanno costretta ad allontanarmi dal lavoro. Avendo clienti con cui ho costruito un buon rapporto di stima e fiducia, sono riuscita ad accudire i miei cari in piena libertà, senza limitazioni di giorni o di permessi retribuiti. Ovviamente ho fatto in modo di garantire comunque le mie prestazioni per non danneggiare i clienti, semplicemente organizzandomi
– spiega.
Non tutti gli Infermieri Libero Professionisti probabilmente saranno d’accordo con le affermazioni di Banchi, perché quella che ci racconta è la sua esperienza personale. Ancora oggi molti vengono sfruttati per le sostituzioni dei dipendenti, oppure demansionati e sottopagati: posso affermare che avranno molte più garanzie da contratti anche pessimi, che dalla libera professione.
Tempi duri, meglio evitare giudizi
Ciò che dico ai neolaureati è che tutte le esperienze sono un’opportunità, da cui si può imparare, ma che la cosa più importante è crescere. E cresceremo – conclude Cristina - Vorrei anche far riflettere sul fatto che in tutte le altre categorie la libera professione è la massima espressione della professionalità, questo non si può ugualmente affermare per l’infermieristica. Ciò che mi auguro è che ci sia un buon lavoro per tutti, liberi o dipendenti, non ha importanza, ognuno secondo la propria indole e le proprie aspettative.
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