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Infermiere in Cure Palliative e Hospice

di Ilaria Mazzini

Le cure palliative non vanno applicate solo nel caso di morte imminente dell’assistito, ma possono offrire beneficio anche in una fase più precoce del decorso di una malattia progressiva. L’Infermiere deve usare un approccio e una valutazione multidimensionale prima di confrontarsi con il paziente e con suoi familiari.

L’evoluzione delle cure palliative e il ruolo dell’infermiere

L'infermiere nelle cure palliative

Già nel Medioevo, in tutta Europa, esistevano delle case che accoglievano poveri, malati e persone in punto di morte. In passato i malati venivano assistiti, fisicamente e spiritualmente, da persone devote e venivano curati o accompagnati con rispetto verso la morte. Queste strutture venivano chiamate “Hospice”.

Nel 1967 l’inglese Cicely Saunders ha ripreso questa tradizione e ha fondato il St. Christopher’s Hospice a Londra, dove i malati incurabili e in punto di morte ricevevano cure mediche specializzate e assistenza, oltre ad un sostegno emotivo, spirituale e sociale.

Questo è diventato il modello per innumerevoli Hospice e Cure palliative, prima in Inghilterra e poi in 90 altri paesi.

La definizione di cure palliative si è evoluta negli anni man mano che questo settore si è sviluppato nei vari paesi. Le cure palliative non fanno riferimento ad un solo organo, fascia d’età, tipo di malattia o patologia, ma si applicano piuttosto attraverso una verifica continua della prognosi probabile e ponendo la dovuta attenzione ai bisogni specifici di ciascun paziente e della sua famiglia.

Tradizionalmente le cure palliative erano considerate applicabili esclusivamente dal momento in cui la morte era ritenuta ormai imminente; ora è condiviso il concetto che le cure palliative hanno molto da offrire in una fase assai più precoce del decorso di una malattia progressiva.

Il termine “palliativo” deriva dal latino “pallium”, che significa “mantello”. Questa etimologia indica l’essenza stessa delle cure palliative: controllare i sintomi delle malattie inguaribili e offrire un mantello di protezione a coloro che non possono più essere guariti.

Le cure palliative prevedono l’utilizzo di tutti gli interventi palliativi appropriati, che possono includere anche terapie che modificano il decorso della malattia come la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, i trattamenti ormonali. L’obiettivo finale di tutti questi interventi è il maggior recupero funzionale possibile per il malato e il raggiungimento della sua migliore qualità della vita.

È dunque essenziale che i programmi di cure palliative siano pienamente integrati nei programmi sanitari convenzionali, sia all’interno dell’ospedale sia sul territorio.

I punti fondamentali per le cure palliative

Al centro delle cure palliative ci sono:

  • la centralità del malato;
  • la considerazione della natura sfaccettata della condizione umana;
  • l’identificazione della qualità della vita come obiettivo finale.
  • A livello internazionale si utilizza il termine “Palliative Care”, di uso sempre più frequente anche nei paesi di lingua non anglofona.

Il termine inglese “care” significa “cura”, ma in un senso più ampio: “I care for you” significa anche “mi occupo di te”, “tu sei importante per me”. Tuttavia l’uso dell’aggettivo “curativo” ha spesso confuso l’opinione pubblica, perché molte condizioni croniche non possono essere guarite pur essendo compatibili con un’aspettativa di vita pluridecennale.

Alcuni autori, nel tempo, hanno chiarito la situazione scrivendo che le cure palliative si concentrano sugli ultimi anni o mesi di vita, quando la morte è prevedibile piuttosto che una possibilità e considerano non solo la sofferenza fisica, ma anche quella emotiva, sociale e spirituale.

A livello internazionale, l'importanza delle Palliative Care è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2002 con la seguente definizione: le cure palliative sono un approccio che migliora la qualità di vita dei malati e delle famiglie che si confrontano con i problemi associati a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza per mezzo dell’identificazione precoce, dell’approfondita valutazione e del trattamento del dolore e di altri problemi, fisici, psicosociali e spirituali.

La legge cardine in tema cure palliative è la Legge 38 del 15 marzo 2010 che, in sintesi, definisce le cure palliative come l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo famigliare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più ai trattamenti specifici e sancisce il diritto di ogni cittadino di accedere alle cure palliative e alla cura del dolore.

Le cure palliative comprendono il trattamento e il sostegno di persone affette da malattie inguaribili, potenzialmente letali e/o cronico-progressive. Sono incluse nella pianificazione del trattamento, ma la loro azione si concentra sul periodo in cui la cura della malattia non è più ritenuta possibile e non costituisce più l’obiettivo primario.

Ai pazienti è garantita fino alla morte una qualità di vita ottimale in rapporto alla loro situazione e le persone di riferimento vicine al paziente sono sostenute in modo adeguato. Le cure palliative prevengono sofferenze e complicazioni. Esse comprendono trattamenti medici, interventi infermieristici e sostegno psichico, sociale e spirituale.

Le cure palliative devono rispondere in modo esaustivo ai bisogni dei pazienti. Sintomi e sofferenze devono essere possibilmente anticipati e alleviati. Un’adeguata qualità delle prestazioni richiede competenze professionali specifiche da parte dell’infermiere (e dell’intera équipe).

Le cure palliative sono somministrate, nel limite del possibile, nel luogo scelto dalla persona malata o in procinto di morire. La rete delle strutture di assistenza garantisce la continuità del trattamento e del sostegno. È necessario prevedere e integrare precocemente le possibilità delle cure palliative, come complemento delle misure curative e riabilitative. Tuttavia, non va dimenticato che la loro azione si concentra sul periodo in cui la cura della malattia non è più ritenuta possibile e non costituisce più l’obiettivo primario.

Caratteristiche delle Cure Palliative

Le Cure Palliative:

  • leniscono dolori e altri disturbi opprimenti;
  • sostengono il paziente nel restare attivo il più a lungo possibile;
  • integrano aspetti psicologici e spirituali;
  • affermano la vita e considerano la morte un processo normale;
  • non vogliono né accelerare né ritardare la morte;
  • sostengono i familiari nell’elaborazione della malattia del loro congiunto e del proprio lutto;
  • consistono in un lavoro di gruppo per rispondere al meglio alle esigenze dei pazienti e dei loro famigliari;
  • possono essere applicate precocemente nella malattia, in combinazione con le misure che tendono a prolungare la vita, come per esempio la chemioterapia e la radioterapia. Comprendono anche la ricerca necessaria per capire e trattare al meglio i disturbi o le complicazioni cliniche.

Chi è l’infermiere di Cure Palliative

La realtà delle cure palliative è fortemente complessa e ricca di variabili, per questo è necessario che l’infermiere usi un approccio e una valutazione multidimensionale, affinché si tenga conto, oltre agli aspetti sanitari, anche degli aspetti socioeconomici e spirituali.

In letteratura è emerso ormai da tempo come alcuni elementi dovrebbero guidare la scelta di intraprendere l’assistenza in cure palliative:

  • la richiesta di lavorare in tale servizio dovrebbe essere libera e volontaristica (cosa che nella realtà contemporanea, purtroppo, è di difficile attuazione);
  • l’infermiere dovrebbe essere in possesso di un percorso formativo specifico o comunque deve essere disponibile a percorrerlo all’interno dell’équipe;
  • l’infermiere dovrebbe possedere un adeguato profilo psicologico (questo per escludere o perlomeno per ridurre i fattori di rischio del bourn-out);
  • l’infermiere non dovrebbe avere forti motivazioni personali recenti.

L’assistenza ai pazienti, oncologici e non, in fase avanzata di malattia, sia essa al domicilio o in struttura, rappresenta per gli infermieri un rovesciamento culturale rispetto all’assistenza “tradizionale” a cui vengono formati, quella che al centro pone l’attenzione alla malattia.

In questo tipo di servizio l’assistenza è invece incentrata sulla persona ammalata e sulla propria famiglia ed ha prodotto un nuovo modello assistenziale ed organizzativo fondato sul concetto di qualità di vita residua, molto flessibile, interdisciplinare e ad elevato livello di integrazione.

Gli operatori che si accingono a prestare la propria opera professionale in un tale settore vanno incontro ad una serie di problematiche diverse rispetto a quelle consuete, molto più complesse e a volte assolutamente nuove: basti pensare a quelle legate alla sofferenza ed al dolore, che debbono essere affrontate ricorrendo alla tecnica professionale rendendo sopportabile l’impatto lavorativo.

Inoltre gli operatori di cure palliative devono avere altre importanti caratteristiche. Innanzitutto devono riconoscere e rispettare la morte come evento naturale della vita, perché solo facendo propri i valori che riconciliano il malato con la morte riusciranno ad infondergli fiducia e speranza nel cammino quanto più sereno possibile verso quel momento.

Questo implica la capacità dell’infermiere di cure palliative di accettare e convivere con il senso d’impotenza, senza andare in crisi o fuggire. Gli infermieri devono avere la capacità di leggere le varie situazioni per essere sempre vicini quando necessario, per rispondere ai bisogni individuati e saper attivare il consulente o l’operatore competente.

In cure palliative, infatti, il lavoro di équipe è un elemento fondamentale per l’assistenza. L’infermiere deve essere in grado di comunicare continuamente e sistematicamente con tutti i membri dell’équipe.

Non dimentichiamo poi che le cure palliative comprendono un’assistenza olistica del malato e quindi non possono essere affidate ad un solo operatore.

Il dialogo in prossimità della morte ha molti ostacoli, tra i quali la difficoltà nel percepire e nel gestire adeguatamente le emozioni e i sentimenti suscitati da una relazione che non richiede solo le abilità tecniche del saper fare, ma sollecita dei meccanismi di difesa in grado di distorcere la comunicazione e indebolire l’efficacia complessiva dell’assistenza.

La comunicazione professionale è diversa da quella di una conversazione qualsiasi per il fatto di avere uno specifico obiettivo. La spontaneità è da evitare e va sostituita con la consapevolezza; infatti, ogni intervento comunicativo deve essere funzionale all’obiettivo e mai casuale.

In cure palliative la comunicazione è parte integrante dell’atto terapeutico, un’ottimizzazione delle relazioni con paziente e famiglia.

Diversi fattori influiscono sulla scelta dell'approccio da usare, tra cui:

  • la personalità del malato;
  • lo stadio della malattia.

L’infermiere di cure palliative deve saper gestire il dolore con farmaci, vie di somministrazione e tecniche appropriati, valutando le prescrizioni anticipate. Gestendo il dolore al meglio, l’infermiere favorisce una migliore qualità della vita del paziente togliendogli un’importante fattore negativo della malattia terminale e riflettendo, nel contempo, su questioni etiche molto rilevanti.

L’infermiere in ambito di cure palliative applica il problem solving con azioni di natura tecnica, relazionale ed educativa. Concepisce il malato in maniera “diversa”: non privilegia l’efficienza e il tecnicismo, ma recupera un rapporto più antico e più profondo tra chi si prende cura e chi è curato, cura il malato e non la malattia.

L’infermiere di oggi ha preso coscienza del fatto che la terapia non è fatta solo di tecniche, ma è costituita da qualsiasi intervento che apporti un beneficio al paziente, per cui sono da considerare come veri e propri atti terapeutici anche:

  • la manipolazione d’ambiente;
  • l’educazione e l’insegnamento rivolti al paziente ed alla sua famiglia;
  • la ricerca del comfort per la persona ammalata;
  • il semplice stare vicino a chi soffre, facendolo interagire nel processo di cura, promuovendolo da oggetto a soggetto del trattamento.

Le cure lecite sono soltanto quelle che curano il dolore e gli altri sintomi, rendendo più sopportabile la sofferenza. L’infermiere ha la necessità di individuare tempestivamente i bisogni del paziente ed in particolar modo quelli di assistenza. Il processo di assistenza implica una raccolta dati sistematica che può influenzare in modo determinante l’approccio con il paziente.

Per tale scopo l’infermiere deve essere in grado di utilizzare diversi indici e scale di valutazione per una raccolta semplificata dei dati che, in modo più o meno dettagliato, definiscono lo stato del paziente e il grado di autonomia che lo stesso può avere.

La Società Italiana in Cure Palliative (SICP) ha redatto un documento che sancisce quali siano le caratteristiche e le competenze che deve avere un infermiere di cure palliative: il Core Curriculum dell’infermiere in cure palliative, elaborato nel 2013 in riferimento alle linee guida dell’Associazione Europea per le Cure Palliative (EAPC).

Quello che la commissione di esperti ha voluto evidenziare consiste nel fatto che non è sufficiente descrivere una sequenza di azioni che l’infermiere deve svolgere per esprimere una competenza. Oltre alle conoscenze e alle abilità tecniche e metodologiche il Core Curriculum esprime i valori ai quali gli infermieri si ispirano per dirigere tali azioni professionali.

Nelle competenze core dell’infermiere palliativista è compreso lo sviluppo delle capacità necessarie a condividere con i membri dell’équipe, con le persone assistite e con le famiglie, decisioni e responsabilità di cura attraverso processi di negoziazione.

Le competenze descritte nel Core Curriculum

Le competenze che caratterizzano il Core Curriculum dell’Infermiere in Cure Palliative, sono: competenze etiche: finalizzate alla comprensione delle situazioni cliniche difficili dell’assistenza con sensibilità ed attenzione, in modo globale, tollerante e non giudicante; competenze cliniche: appropriati interventi di valutazione e trattamento dei sintomi della fase avanzata di malattia in ogni patologia evolutiva, nel rispetto della proporzionalità e della rimodulazione delle cure; competenze comunicative e relazionali: finalizzate ad un’assistenza rispettosa dell’unicità del paziente, della sua dignità e volontà; competenze psicosociali: per un’assistenza attenta ed efficace alla globalità dei bisogni, espressi e non; competenze di lavoro in équipe: per un approccio integrato alla gestione dei problemi assistenziali.

Come si forma l’infermiere di Cure Palliative

Dall’analisi delle più rilevanti esperienze nazionali ed internazionali emerge che per l’infermiere palliativista è prevista una formazione diversificata secondo i livelli di responsabilità richiesti dalla complessità assistenziale e dal numero dei pazienti assistiti.

Secondo le linee guida dell’EAPC si riconoscono pertanto tre livelli di formazione:

  1. Livello A (formazione di base): studenti afferenti ai corsi di laurea e professionisti sanitari qualificati, che lavorano nell’ambito dell’assistenza generale e che possono trovarsi ad affrontare situazioni che richiedono un approccio palliativo;
  2. Livello B (post lauream): professionisti sanitari qualificati che lavorano o in ambito specialistico di Cure Palliative o in un ambito generico rivestendo il ruolo di “persona risorsa”. Professionisti sanitari qualificati che affrontano spesso situazioni connesse alle Cure Palliative (Oncologia, Assistenza di Comunità, Pediatria, Geriatria);
  3. Livello C (avanzata, post lauream): professionisti sanitari qualificati, responsabili di unità di Cure Palliative o che offrono servizio di consulenza e/o che contribuiscono attivamente alla formazione e alla ricerca in Cure Palliative.

Il modello di riferimento sul quale il percorso formativo si fonda è il cosiddetto “Nursing umanistico”: il paziente viene riconosciuto come persona unica nella sua dimensione di vita e nel suo percorso verso la morte. Questo porta l’infermiere ad andare incontro ai bisogni che il paziente presenterà con una risposta quanto più personalizzata possibile.

Il paziente, dunque, diventa il protagonista e viene coinvolto in decisioni e scelte, acquisendo maggior consapevolezza della propria condizione.

Nello stesso tempo l’infermiere ha il dovere di curare anche sé stesso: prendersi cura di sé è innanzitutto un “esserci” e solo dopo un “fare” (“being and doing”).

L’art. 8 della Legge 38/2010 prevede che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di concerto con il Ministero della Salute, riconosca con uno o più decreti i criteri generali per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici percorsi formativi in materia di cure palliative e di Terapia del dolore e individui i criteri per l’istituzione di master in cure palliative e nella terapia del dolore.

In attuazione dell’articolo di Legge, il 10 aprile 2012 sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale cinque distinti provvedimenti concernenti l’attivazione di Master destinati a specifiche figure professionali.

Il primo tra questi, il Master universitario di primo livello in “Cure Palliative e Terapia del Dolore”, è riservato alle professioni sanitarie di Infermiere, Infermiere pediatrico, Fisioterapista e Terapista della riabilitazione. Assume, inoltre, grande rilevanza formativa il Tirocinio svolto presso i Servizi della rete di Cure Palliative, strutture accreditate del SSN, che possono essere contesti di apprendimento estremamente preziosi.

Dove si forma l’infermiere di Cure Palliative

Il core curriculum redatto dalla SICP evidenzia come decisivi per la formazione, nei diversi contesti, non siano solo gli obiettivi specifici e i contenuti previsti dai programmi teorici, ma anche:

  • le modalità con le quali i contenuti sono trasmessi;
  • la qualità dei rapporti e dei contatti umani;
  • le peculiarità strutturali dell’ambiente;
  • la qualità dei docenti clinici;
  • la tensione culturale;
  • l’adesione esplicita del servizio agli obiettivi formativi.

Queste caratteristiche sono essenziali affinché i servizi della Rete possano essere riconosciuti come sedi formative. Essi devono realmente essere in grado di:

  • offrire un ambiente in cui è possibile elaborare il disagio psicologico che scaturisce dal contatto con il dolore, la sofferenza e la morte;
  • favorire la condivisione delle esperienze di malattia, dal vissuto emotivo all’approccio cognitivo;
  • migliorare l’autocontrollo e le abilità di coping per facilitare quei comportamenti adattativi che consentono una più serena interiorizzazione degli aspetti assistenziali;
  • prevenire situazioni relazionali negative ricorrenti e aiutare le persone a prendere coscienza del proprio stile di comunicazione;
  • favorire l’esplorazione delle proprie modalità di relazione interpersonale all’interno del gruppo di apprendimento;
  • promuovere un esame realistico delle situazioni, cercando l’oggettività dei fatti senza escludere, dalla dimensione reale dei rapporti, la dimensione affettiva e il vissuto emotivo che ne consegue;
  • aiutare ad affrontare le situazioni cliniche, organizzative e relazionali che si presentano riflettendo sull’esperienza e favorendo la condivisione di modalità efficaci per affrontare collegialmente i problemi;
  • diminuire i livelli di isolamento e aumentare i sentimenti di auto efficacia (self efficacy).
  • Naturalmente non è una variabile indipendente la durata del tirocinio che deve essere adeguata al raggiungimento degli obiettivi formativi.

Dove lavora l’infermiere di Cure Palliative

Ciascuna Regione, sulla base delle indicazioni contenute nella legge 38/2010, provvede ad attivare la rete di cure palliative costruita nel rispetto dei criteri individuati nell’accordo Stato-Regioni, il quale definisce specifiche linee guida per la promozione, lo sviluppo e il coordinamento degli interventi regionali.

L’assistenza domiciliare può essere considerata il vero cardine delle cure palliative. La propria casa rimane sempre il luogo più gradito alla maggior parte dei pazienti ed è considerato il setting più idoneo per trascorrere le fasi critiche e delicate del percorso di malattia. In questo contesto l’infermiere entra nel contesto sociale dell’assistito e può contare sulla collaborazione dei caregiver dopo adeguata educazione sanitaria.

Gli Hospice sono strutture residenziali nelle quali il malato e la sua famiglia possono trovare sollievo per un periodo circoscritto e poi fare ritorno al domicilio, o per vivere gli ultimi giorni o settimane di vita. In queste strutture particolare attenzione viene posta agli aspetti psicologici e spirituali e altrettanta attenzione alla famiglia, che viene sostenuta e aiutata a convivere con la malattia e ad attraversare il lutto. L’approccio è inclusivo o globale, capace di andare oltre agli aspetti puramente medici della cura; si tratta letteralmente di un “prendersi cura” della persona nel suo insieme.

L’équipe, oltre all’infermiere, comprende medico, psicologo, assistente sociale, assistente spirituale, oss, volontari. L’Hospice tende ad essere un prolungamento della propria casa, per questo deve rispettare delle caratteristiche: generalmente le stanze sono singole con bagno privato e dotate di letto o poltrona per facilitare la presenza dei famigliari durante la notte.

Dovrebbero esserci comfort quale telefono, aria condizionata, televisore, frigorifero, forno a microonde e, se il paziente lo desidera, può personalizzare la propria stanza con oggetti personali.

Non esistono orari di visita, né restrizioni riguardo al numero di persone presenti in stanza (se non per specifiche disposizione del paziente). In Hospice è molto importante anche la scelta degli arredi, delle luci, dei suoni e dei colori, la presenza di attività di aggregazione e passatempo, sale comuni con libri e tisaneria.

L’infermiere può trovarsi a lavorare in Hospice anche in regime di day-hospital o day-hospice. In questi casi l’assistenza è erogata sulle 12 ore e alla fine del trattamento il paziente torna al proprio domicilio (effettuazione di terapie specifiche, trasfusioni, controlli, prelievi, medicazioni ecc.)

In qualunque ambito l’infermiere si troverà a lavorare, farà parte della rete delle cure palliative, introdotta con la Legge 38/2010, pensata al fine di garantire al paziente la continuità assistenziale dall’ospedale al domicilio in modo integrato e funzionale.

Prospettive future per l’infermiere di Cure Palliative

In queste realtà l’infermiere ha il dovere di garantire ai propri assistiti la miglior tutela possibile della qualità di vita residua. Per questo sono indispensabili interventi efficaci ed efficienti e di conseguenza l’obbligo di un aggiornamento professionale e specifico continuo (come sancito, tra l’altro, dal codice deontologico infermieristico).

In cure palliative l’infermiere deve sapersi muovere tra conoscenze tecniche, interventi, aspetti relazionali e aspetti organizzativi del servizio, sapendo integrare la propria esperienza e le innovazioni scientifiche in base alle risorse disponibili.

L’aggiornamento permette di creare un’assistenza basata su prove di efficacia, ed è questo che l’infermiere in cure palliative deve perseguire. Deve sostenere programmi di ricerca e di formazione per garantire l’eccellenza nel trattamento del dolore e dei sintomi e puntare alla qualità dei servizi, promuovendo e divulgando (insieme all’équipe) le conoscenze scientifiche e sensibilizzando l’opinione pubblica.

L’infermiere palliativista, infatti, incontra nella realtà ancora molti ostacoli: da una parte, la difficoltà di espandere la ricerca in un ambiente così delicato, in strutture dove il numero di pazienti è limitato e il tempo è incerto e dall’altra, l’opinione pubblica ancora troppo spesso ignara dell’importanza e addirittura dell’esistenza stessa delle cure palliative.

Nonostante nel nostro paese siano presenti in tutte le regioni Unità di cure palliative, sia come Hospice che come cure domiciliari, si è ancora lontani da quella che possa essere considerata una vera e propria rete.

Secondo la task force EAPC per la formazione infermieristica, l’infermiere deve utilizzare le proprie conoscenze per influenzare la pratica secondo i bisogni culturali e spirituali della comunità che cerca e richiede le cure palliative. L’infermiere dovrà seguire il cambiamento (delle patologie e delle prognosi, delle famiglie, della società). Inoltre deve essere ben cosciente dell’importanza della comunicazione al pubblico di argomenti come la palliazione attraverso i mezzi ad oggi più potenti e di impatto (i media).

Ancora EAPC indica come obiettivo principale della pratica le iniziative di qualità che richiedono dimostrazione di avere un approccio basato sulla ricerca applicata che riflettono qualità, valutazione e revisione dell’assistenza al paziente e alla pratica clinica.

Emerge forte il bisogno di formazione, che deve essere specifica, incentrata sulla disciplina e i cui risultati dovrebbero essere quantificabili e misurabili.

Gli infermieri che aspirano alle cure palliative dovranno misurarsi con una realtà complessa e a volte spietata, ma potranno crescere come professionisti e concorrere alla crescita professionale di altri operatori grazie alla formazione. È necessario che questi infermieri siano motivati, preparati ed equilibrati e che abbiano la forza e la voglia di mantenere nel tempo le conoscenze, le capacità acquisite e che sappiano crescere professionalmente e culturalmente in un lavoro continuo di équipe.

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