L’Infermiere di oggi, grazie anche alle continue esperienze formative e competenze acquisite, si trova ad operare in ambiti più vicini alla scienza pura e alla ricerca che alla cura diretta del paziente. È il caso del Genetic Nurse, ovvero del collega esperto in ambito genetico (non fa consulenza, perché la fa il Medico Genetista), che si occupa delle richieste pervenute, ma anche della scelta del consulente.
Un infermiere con una specifica formazione in genetica
La consulenza genetica è definita come un processo di comunicazione che si occupa dei problemi umani associati alla comparsa o al rischio di insorgenza di una malattia genetica in una famiglia (American Society for Human Genetics, 1975).
Nonostante sia molto datata questa definizione riflette ancora con esattezza ciò che si intende con consulenza genetica. Questa non deve essere intesa come una semplice trasmissione di informazioni, ma si prefigge soprattutto l’obiettivo di considerare l’impatto emotivo e psicologico del consultante e di supportare sia lui sia i suoi familiari in una scelta consapevole. A tal proposito, nel Regno Unito, il paese che vanta la più lunga tradizione in questo campo, si sono sviluppati servizi di counselling genetico che prevedono l’intervento degli infermieri consulenti genetici.
Nel 1994 l’Association Genetic Nurses and Counsellors (AGNC) ha condotto uno studio finalizzato a definire il ruolo degli infermieri consulenti genetici. Il primo punto cardine di tutto l’ambito professionale è stato sicuramente il fatto che un approccio multidisciplinare è risultato il metodo preferenziale per assicurare l’assistenza al consultante. Si è sottolineato l’importanza del supporto psicologico e della collaborazione in team.
Possiamo quindi definire il Genetic Nurse come un infermiere con una specifica formazione in genetica, la cui pratica include l’accertamento, la pianificazione, lo sviluppo e la valutazione della dimensione fisica, etica, spirituale e psico-sociale dei consultanti e dei familiari che hanno problemi genetici.
Competenze del Genetic Nurse
Il Genetic Nurse deve essere in grado di:
- identificare le persone che potrebbero trarre beneficio da informazioni genetiche e servizi attinenti;
- personalizzare la modalità d’assistenza;
- sostenere il probando a prendere decisioni informate e consapevoli;
- dimostrare le conoscenze del ruolo della genetica e altri aspetti correlati nella specifica condizione del cliente;
- fornire le informazioni necessarie dei test genetici, compresi i limiti;
- riconoscere le limitazioni dettate dalla propria esperienza e dalle proprie conoscenze.
Attualmente in Inghilterra la formazione del Genetic Nurse si sviluppa attraverso due percorsi paralleli equipollenti: Postgraduated Courses in Genetic Healthcare o Master in Genetic Counselling.
Ma cosa fa in realtà questa figura? Qual è il suo ruolo assistenziale?
Il Genetic Nurse raramente valuta le richieste di consulenza genetica, ruolo svolto più spesso dai medici genetisti. Tale attività consiste non solo nella valutazione dell’appropriatezza dell’invio, ma anche nell’individuazione del professionista idoneo allo svolgimento della consulenza.
Questo è un aspetto fondamentale, poiché il Genetic Nurse si inserisce in modo autonomo in consulenza genetica quando la diagnosi clinica è nota e l’esame obiettivo non è richiesto.
In questa situazione il suo ruolo fondamentale è quello di accompagnare il probando o la famiglia ad una scelta consapevole. Solo quando la diagnosi è sconosciuta e l’esame obiettivo è richiesto la consulenza genetica viene svolta da un medico genetista e il Genetic Nurse spesso collabora con esso. Altro aspetto fondamentale consiste nel seguire la famiglia nel follow-up.
L’esperienza di Lea Godino, Genetic Nurse
La mia carriera di Genetic Nurse ha inizio nel 2011 presso l’U.O. Genetica Medica del Policlinico Universitario Sant’Orsola-Malpighi, diretta dal Prof. Seri, dove ho svolto in precedenza il mio lavoro di tesi di laurea triennale. Ho conseguito successivamente un
Postgraduated Courses Certificated in Genetic Healthcare presso la Plymouth University UK. Attualmente svolgo attività assistenziale, grazie a borse di studio via via rinnovate su fondi di ricerca, al fianco dei medici genetisti dell’U.O., in particolare nell’ambito della genetica oncologica.
Mi occupo del primo contatto con il paziente che richiede una valutazione genetica, valuto l’indicazione alla consulenza e programmo l’incontro con il medico genetista, al quale poi partecipo. Nello specifico, in merito alla possibile indicazione alla consulenza genetica, il primo approccio con il paziente può avvenire con diverse modalità: posso infatti intercedere con questo per via telefonica, attraverso comunicazioni elettroniche o anche a mezzo di richieste di vari specialisti che ci inviano la richiesta di consulenza.
Fatto ciò, il passo successivo consiste nello stabilire, in accordo con i Medici Genetisti con cui collaboro, l’appuntamento vero e proprio con il paziente. Qui sorgono spesso ulteriori problematiche da risolvere o da gestire in maniera diversa.
Difatti, la patologia da cui il paziente, o uno o più dei suoi familiari possono essere affetti, porta con sé un vissuto che certamente dal punto di vista emotivo coinvolge in maniera particolare la persona, indipendentemente da sesso, età e caratteristiche culturali. Questo si correla ovviamente con le caratteristiche legate alla patogenesi (le basi genetiche) della malattia stessa, che differiscono da tutte le altre specialità.
Se ciò non bastasse, la stessa sede e l’orario della consulenza divengono spesso difficili da definire con un solo contatto, telefonico o via mail, con il paziente. Se in terapia, infatti, la stessa sede in cui il paziente viene seguito può variare e necessitare di orari e giorni diversi per la consulenza. In aggiunta a questo, il paziente ha spesso necessità di spostare l’appuntamento, magari perché la terapia, o molto spesso lo stesso stato d’animo comprensibilmente alterato, gli rende impossibile spostarsi anche di solo pochi Km.
Tutto questo vale anche per l’eventuale consulenza post-test, momento a cui i pazienti non sono mai realmente preparati in toto, sebbene, come è opportuno che sia, si cerchi sempre di programmare più incontri a distanza di tempo anche solo per ridiscutere la possibilità di eseguire il test genetico.
In ogni caso il paziente resta sempre al primo posto e si cerca di provvedere alla sua “gestione” anche e soprattutto dal punto di vista psicologico ed emotivo; non è inusuale che si collabori con specialisti psicologi nell’ambito della consulenza.
Arrivati al momento della consulenza, aiuto nella raccolta e nella registrazione delle informazioni genetiche (costruzione dell’albero genealogico); offro, in collaborazione con il medico genetista, informazioni genetiche ai consultanti e ai familiari ed infine quando necessario, aiuto la maturazione di una scelta consapevole.
Per completare al meglio la mia formazione svolgo un Dottorato di ricerca in Health Science presso la School of Nursing and Midwifery, Faculty of Health, Education and Society, Plymouth Univeristy, con la supervisione di un team multidisciplinare diretto dalla Prof.ssa Skirton.
Concludendo possiamo affermare che è ormai noto da tempo e ampiamente supportato dalla letteratura che le nuove conoscenze e le nuove potenzialità diagnostiche in ambito genetico hanno aumentato il numero delle richieste di prestazioni.
Un’indagine condotta nel 2010 su una serie di consulenze genetiche prenatali preliminari alle indagini invasive ha evidenziato come il relativo carico di lavoro fosse piuttosto gravoso per il personale medico (68 consulenze/mese in media). Su 473 casi analizzati sono risultati realmente patologici solo 15 casi (3,75%), che erano gli unici a necessitare di una gestione medica vera e propria (Godino, unpublished).
Si constata, dunque, la necessità in Italia di formare tra il personale sanitario una figura che sia in grado di raccogliere l’anamnesi, fornire adeguate informazioni di carattere genetico, raccogliere consenso informato al test genetico; che, quando indicato, segua i pazienti, i familiari o le coppie nei percorsi diagnostici e di follow-up e si occupi dunque di aspetti, ad oggi, curati dal personale medico.
In Italia non esiste ancora un percorso di studi definito né un riconoscimento del ruolo, sebbene la SIGU nei “Disciplinari per l’Accreditamento delle Strutture di Genetica Clinica” abbia previsto che la struttura deve disporre di un numero minimo sufficiente di professionisti dedicati: “almeno 2 medici specialisti in genetica medica […] più 2 figure sanitarie del comparto […]” (Certificato SIGUCERT, 2009).
Attualmente in Italia esistono poche realtà in cui esiste la figura di Genetic Nurse, come per esempio Trento, Bolzano, Genova, Bologna, Milano.
Dando uno sguardo al contesto europeo, da qualche anno esiste la possibilità per i Genetic Nurse di registrarsi all’interno dell’European Board of Medical Genetics (EBMG), organizzazione accreditata per i Genetic Counsellor.
Degli attuali iscritti all’EBMG pochissimi sono gli infermieri italiani; è chiara l’esigenza di pensare in modo concreto allo sviluppo di questa figura nella nostra realtà.
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