Il Consenso Informato è una “condicio sine qua non” per poter proseguire in molte pratiche assistenziali (intervento chirurgico, trasfusioni, diagnosi invasive ed altro).
Il consenso informato è la manifestazione di volontà del paziente
Il consenso informato è la manifestazione di volontà che il paziente esprime liberamente in ordine ad un trattamento sanitario. Il termine “consenso informato” nasce dopo il processo di Norimberga, quando l'omonimo codice evidenziò il principio dell'inviolabilità della persona umana: la partecipazione di qualunque individuo ad una ricerca scientifica non sarebbe più avvenuta senza il suo volontario consenso.
L'obbligatorietà del consenso informato come condizione per la liceità della ricerca viene sancita nel 1979 dal Rapporto Belmont nel rispetto del principio di giustizia, di beneficità e del principio di autonomia. Il caso giudiziario che, nel nostro Paese, ha destato l'attenzione del mondo sanitario e giuridico sul problema del consenso, è rappresentato dalla sentenza della Cass. Pen. n. 5639/1992 (Caso Massimo) che condannò un chirurgo per il reato di omicidio preterintenzionale a seguito del decesso di una paziente avvenuto a causa delle complicanze di un intervento chirurgico demolitivo eseguito senza il suo consenso. Da allora il tema del consenso ha assunto una rilevanza sempre crescente.
L'obbligo per il medico di munirsi del valido consenso della persona assistita trova riscontro nella stessa Costituzione dai seguenti articoli:
- Art.13: sancisce l'inviolabilità della libertà personale
- Art.32: riconosce che nessuno può essere obbligato a determinati trattamento sanitari se non per disposizione di legge e dall'art. 13 che sancisce l'inviolabilità della libertà personale.
Dei riferimenti li ritroviamo anche nell'art. 50 del Codice Penale (rubricato “consenso dell'avente diritto”).
Il consenso informato valido deve essere:
- personale: espresso direttamente dal soggetto per il quale è previsto l'accertamento, salvo i casi di incapacità, riguardanti i minori e gli infermi di mente;
- libero: non condizionato da pressioni psicologiche da parte di altri soggetti;
- esplicito: manifestato in maniera chiara e non equivocabile;
- consapevole: formato solo dopo che il paziente ha ricevuto tutte le informazioni necessarie per maturare una decisione;
- specifico: in caso di trattamento particolarmente complesso, l'accettazione del paziente deve essere indirizzata verso tali procedure, mentre non avrebbe alcun valore giuridico un consenso del tutto generico al trattamento. In alcune situazioni particolari, come per esempio quelle relative ad un intervento chirurgico nel caso in cui non ci fosse certezza sul grado di espansione ed invasione di una neoplasia, si ricorre al consenso allargato;
- attuale;
- revocabile in ogni momento.
L'infermiere deve accostarsi al malato facendo attenzione a tutte le sue dimensioni di persona e a tutte le esigenze, prestando cure personalizzate. Il malato soffre di solitudine esistenziale e l'approccio deve essere quello della disponibilità, dell'incoraggiamento, dell'informazione e della solidarietà. Egli perde l'autonomia e la libertà a causa della malattia e rischia di diventare un senza nome (quante volte ancora si sente parlare di “quello dell'ernia inguinale” o di “quello della stanza 10”…)
Il consenso informato, quindi, postula il diritto del paziente di scegliere, accettare o anche rifiutare i trattamenti (diagnostici, terapeutici, ecc.), dopo esser stato pienamente informato sulla diagnosi, il decorso previsto dalla malattia, tutti i possibili rischi ad essa correlati e sulle alternative terapeutiche e le loro conseguenze.
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