Le Organizzazioni Umanitarie operano a livello planetario e intervengono nei casi di guerre, carestie, epidemie e calamità naturali in soccorso delle popolazioni civili. Sono Enti riconosciuti dagli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e hanno delle proprie strutture centrali e territoriali. Al loro interno lavorano o prestano la loro opera volontaria tantissimi Infermieri.
Croce Rossa Internazionale, Medici Senza Frontiere, Emergency e Save the Children
Sia in ambito internazionale che sul suolo nazionale operano moltissime organizzazioni umanitarie tra le quali le più famose sono:
- Movimento Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, noto in Italia come Croce Rossa Italiana (CRI);
- Medici Senza Frontiere, nata ufficialmente nel 1971, i cui principi cardine sono indipendenza, neutralità e imparzialità;
- Emergency, un’associazione italiana fondata nel 1994;
- Save the Children, fondata nel 1919 per prestare assistenza ai minori in Europa dopo la Prima Guerra Mondiale.
Con Organizzazione Non Governativa si intende un ente privato senza finalità di lucro, operante in attività di tipo cooperativo e di educazione allo sviluppo, basato sulla solidarietà alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo.
La ragione d’essere di ogni ONG risiede nella propria capacità di mobilitazione di idee, uomini e risorse, nella mancanza di interessi di parte e di ricerca di profitto, nella capacità organizzativa e professionale” (L’infermiere nella cooperazione internazionale, Maria Letizia Guardoni, Infermiera DUI, Ospedale Sacco, T.I.P.O. Cardiochirurgia).
Per poter capire come nasce l’idea dell’infermiere volontario dobbiamo andare più di un secolo indietro nel tempo.
Due sono i personaggi cardine, la prima, nota a tutti noi professionisti, Florence Nightingale; il secondo, suo contemporaneo, Henry Dunant, fondatore della Croce Rossa.
Nel 1854 Nightingale, insieme ad altre trentotto infermiere volontarie addestrate da lei personalmente, parte per portare assistenza in un ospedale militare, dove si rende conto che la scarsa igiene era correlata ad un numero esponenziale di infezioni, spesso fatali.
Dunant, invece, era un imprenditore che si trovò di passaggio durante la sanguinosa battaglia di Solferino, nel 1859; sconvolto dal massacro, organizzò un minimo di assistenza ai feriti, di entrambi gli eserciti, con l’aiuto della popolazione locale, per lo più donne. Negli anni successivi Dunant fu molto attivo nel sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’assistenza sanitaria in caso di guerra, che doveva essere super partes.
È del 1863 la Prima Conferenza Internazionale che sancisce il principio della neutralità di coloro che si prendono cura dei soldati feriti. Da qui il famoso detto “Non sparate sulla Croce Rossa”.
I principi fondamentali su cui si basa la Croce Rossa sono:
- Umanità;
- Imparzialità;
- Neutralità;
- Indipendenza;
- Volontarietà;
- Unità;
- Universalità.
Opera, dunque, senza discriminazioni, astenendosi dal parteggiare per una delle fazioni coinvolte nel conflitto, in modo indipendente da qualsiasi Stato o organizzazione religiosa, senza scopo di lucro.
Le infermiere volontarie di Croce Rossa, quelle che un tempo erano chiamate “Crocerossine”, devono essere di sesso femminile e di maggiore età. Non posseggono la Laurea in Infermieristica e non possono operare in contesti diversi da quello della Croce Rossa.
Le associazioni Medici Senza Frontiere ed Emergency, invece, cercano infermieri che, tra gli altri requisiti, siano in possesso del titolo di studio abilitante alla professione.
In particolare Medici Senza Frontiere pone come requisiti fondamentali per un’eventuale candidatura, oltre alla Laurea in Infermieristica o il diploma equipollente, anche due anni di esperienza lavorativa professionale e altri corsi specifici, come quello di medicina tropicale.
Dunque, fatto salvo il caso della realtà del Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, nelle associazioni umanitarie gli infermieri operano come professionisti per un periodo che, da quanto si evince dai siti internet delle varie organizzazioni, può variare da 6 a 9 mesi.
Che cosa fa un infermiere nelle emergenze umanitarie?
Sicuramente ciò che spinge un infermiere a scegliere di lavorare nella realtà delle emergenze umanitarie sono i valori etici e deontologici, il desiderio di poter essere utile a chi è meno fortunato e offrire, dunque, il proprio valore di professionista a beneficio della salute di quei popoli più svantaggiati, che non dispongono della migliore assistenza sanitaria possibile.
A questo si deve aggiungere il desiderio, soprattutto dei giovani infermieri che non trovano la possibilità di lavoro all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, di sperimentare e di fare esperienze da inserire nel proprio curriculum formativo.
Requisiti per affrontare un’emergenza umanitaria
- capacità di lavorare in un gruppo formato da un’équipe multinazionale e multietnica;
- capacità di coping che permettano di lavorare in condizioni di emergenza, che sottopongono l’infermiere a forte stress;
- doti di diplomazia, tolleranza, apertura mentale alla collaborazione con diverse culture;
- interesse e predisposizione all’insegnamento di pratiche al personale locale;
- conoscenza di almeno una lingua straniera;
- capacità di managment.
Durante la missione l’infermiere si troverà a svolgere diversi tipi di ruoli, tra cui:
- ruolo formativo e di supervisione: istruendo, come detto, il personale sanitario locale in modo che, una volta finita l’emergenza, si possa lasciare il territorio in mano al personale formato, sicuri che verrà garantita la stessa qualità di assistenza sanitaria. Dopo aver formato il personale sarà dovere dell’infermiere supervisionarlo per accertarsi della corretta applicazione delle conoscenze teoriche e pratiche apprese;
- ruolo organizzativo: è necessaria una conoscenza accurata di tutte le fasi e di tutti gli aspetti del progetto sanitario, inteso come costruzione e successiva organizzazione di ospedali, unità operative, ambulatori, campi profughi, campagne di vaccinazione ecc.;
- ruolo diplomatico: per la realizzazione del progetto sanitario che l’organizzazione si è prefissata, è necessario relazionarsi, innanzitutto, con il personale locale, con la popolazione e con i capi politici, come può essere ad esempio un capo tribù, per giungere ad accordi e convincere della necessità di alcuni interventi sanitari o anche solo per farsi conoscere ed accettare dalla popolazione locale.
L’infermiere, nelle emergenze sanitarie, può inoltre operare con un ruolo di cooperante professionista, inteso come abbandono di ogni rapporto lavorativo con il SSN italiano e la decisione di operare unicamente in progetti sanitari esteri.
Oppure, l’infermiere può decidere di collaborare in vari progetti sanitari in situazioni di emergenze sanitarie, soprattutto in Paesi in via di sviluppo, senza tuttavia abbandonare completamente il proprio ruolo lavorativo in Italia.
Ciò viene permesso in ragione della Legge 49/87, che prevede la concessione per i dipendenti pubblici di periodi di aspettativa non retribuita per progetti di cooperazione finanziati dal Ministero degli Affari Esteri o dall’Unione Europea con la conservazione del posto di lavoro.
Quella dell’esperienza di lavoro estera in ambito di emergenze sanitarie è, senza dubbio, un’esperienza unica e altamente formativa.
Va tuttavia considerato il trauma psicologico che può derivare dal vivere esperienze gravissime, quali possono essere quelle di guerra o di povertà estrema. Si deve anche tenere in debita considerazione che non sempre si viene accettati facilmente dalla popolazione locale e, soprattutto, da eventuali gruppi cosiddetti estremisti, che potrebbero compiere azioni pericolose.
È capitato che infermieri vedessero i loro colleghi saltare su una mina proprio sulla jeep davanti alla loro; alcuni infermieri hanno vissuto la tragica esperienza del sequestro, altri sono stati addirittura imprigionati nelle carceri del paese in cui si trovavano per aver prestato soccorso alle persone “sbagliate”. Non pochi hanno visto morire amici per malattie acute ed improvvise o uccisi dal fuoco dei guerriglieri o delle truppe regolari, dalle bombe. In letteratura sono riportati casi di suicidio tra membri di equipe sanitarie europee. In situazioni politiche o belliche precarie sono capitate evacuazioni improvvise che hanno costretto i sanitari ad abbandonare di corsa le strutture sotto i bombardamenti, lasciando alle spalle a volte morti e feriti anche tra i colleghi (L’infermiere nella cooperazione internazionale, Maria Letizia Guardoni, Infermiera DUI, Ospedale Sacco, T.I.P.O. Cardiochirurgia).
Vivere questo tipo di esperienze può essere molto traumatico. Perciò anche la sfera psicologica del personale in missione deve essere sotto stretta sorveglianza, avvalendosi della consulenza professionale di psicologi e psicoterapeuti. Lo stesso valga per il momento del rientro in patria del professionista che, essendo stato per lungo tempo in missione, potrebbe necessitare di una riabilitazione psicologica e di un reintegro nella società occidentale.
lunaspahiu94
1 commenti
Tesi di laurea
#1
Salve, sono molto interessata all'argomento infatti sto incentrando la mia tesi su ruolo infermieristico di emergency, sapete se è possibile reperire bibliografia riguardo all' argomento che spieghi ancora più dettagliatamente la figura infermieristica in questo contesto?