Un infermiere nominato consigliere della Società italiana di cure palliative. Stiamo parlando di Davide Cassinelli, infermiere case manager dell’Usl di Piacenza.
Un infermiere case manager nella Società italiana di cure palliative
Davide Cassinelli ha un sogno: diffondere una nuova cultura delle cure palliative. E ora con la nomina alla Società italiana di cure palliative la strada sembra meno in salita.
Da quanto tempo è case manager?
Svolgo questa attività dal novembre 2005 da quando nel territorio piacentino è stato inaugurato il primo hospice. Ad oggi gli hospice sono due e dal luglio 2016 sono state avviate le cure palliative domiciliari in collaborazione con il servizio di assistenza domiciliare integrata e il medico di medicina generale. Prossimamente è prevista l’apertura dell’ambulatorio di cure palliative che andrà a completare l’offerta della rete locale di cure palliative.
Cosa fa realmente un infermiere case manager?
L’infermiere case manager valuta l’idoneità del paziente a entrare nella rete delle cure palliative e lo indirizza, in accordo con lui e la famiglia, al setting di cura più appropriato (hospice, domicilio, ospedale e prossimamente ambulatorio). I pazienti possono essere segnalati dai medici ospedalieri, medici di medicina generale e talvolta dai famigliari stessi. Il case manager quindi, è una sorta di facilitatore del percorso di cura del paziente in cui intervengono vari e diversi interlocutori, al fine di garantire all’utente e alla sua famiglia il maggior comfort possibile.
Quali sono le difficoltà di questa figura nella rete delle cure palliative?
La principale difficoltà che incontro quotidianamente è legata al fatto che i pazienti e molte volte anche i famigliari non si rendono conto della reale situazione in termini di prognosi. Un altro aspetto di difficile gestione è il dialogo con gli altri servizi coinvolti nel percorso (reparti ospedalieri, cliniche, medici di medicina generale ecc.), indispensabile al fine di coordinarsi al meglio per indirizzare il paziente.
È stato da poco nominato come consigliere nella Società italiana di cure palliative, quale sarà il suo ruolo?
Come consigliere mi sarà richiesta la partecipazione ai vari incontri Sicp, la collaborazione e il dialogo con gli altri professionisti al fine di garantire il confronto di diverse realtà e quindi un arricchimento reciproco.
Cosa si aspetta da questa nomina?
Mi aspetto di essere coinvolto e di essere promotore delle varie iniziative che si svolgeranno a livello regionale e nazionale nei prossimi anni. Penso sia un’importante occasione per avvicinarsi ulteriormente a uno degli aspetti più importanti della nostra attività professionale: la sua scientificità. Spero, quindi, di aver modo di aggiornare le mie conoscenze al fine di poter migliorare i servizi presenti nella mia realtà insieme alla mia équipe.
Si parla spesso dell'importanza delle cure palliative in ogni fase della malattia oncologica, è davvero così e perché? E cosa può fare l'infermiere?
Le cure palliative non si rivolgono solamente ai pazienti oncologici, sebbene rappresentino la maggioranza di coloro che ci vengono segnalati, ma a tutte le persone affette da patologie cronico-degenerative in fase avanzata.
Le cure palliative si delineano come un approccio globale alla persona e alla sua famiglia, spostando il focus dalla mera cura della patologia alla cura dei sintomi, con una grande attenzione alla qualità della vita e a tutte le dimensioni coinvolte in un percorso di malattia fisica, emozionale, spirituale e psicologica.
L’infermiere ha un ruolo molto importante in quanto si occupa in prima persona della valutazione, rilevazione precoce e gestione dei sintomi. Grazie alla presenza nelle 24 ore, risulta fondamentale per le dinamiche d’équipe e per coinvolgere tutti i professionisti necessari per una presa in carico globale.
Cosa c'è da fare ancora in questo settore?
Nonostante sette anni fa sia stata emanata una legge che regolamentava il diritto del cittadino alle cure palliative e terapia del dolore (lg.38/2010), ancora oggi è molto difficile trasmettere e diffondere la cultura della palliazione. I nostri primi passi, quindi, non si sono rivolti solo all’ampliamento della rete a livello di servizi aziendali, ma soprattutto alla ricerca di un contatto sempre maggiore con la popolazione. Tutto ciò è stato possibile grazie a un programma di incontri nei vari Comuni della Provincia, iniziati questa primavera e che porteremo avanti dopo l’estate per arrivare in modo capillare su tutto il territorio. Ciò che auspichiamo a seguito di questi incontri è il raggiungimento di una maggiore consapevolezza del nostro ruolo nel percorso dei pazienti, per poter abbandonare la cultura che ci vede intervenire solo negli ultimi giorni di vita a favore di una nuova visione, in cui sarà possibile integrarsi con i percorsi di cure attive e interagirvi più precocemente possibile.
Quindi obiettivi futuri?
Senza dubbio la diffusione di una cultura e una consapevolezza nuova circa le cure palliative. Non meno importante risulta, tuttavia, raggiungere una migliore strutturazione dei servizi in essere facenti parte della rete, con particolare riferimento al servizio domiciliare, da poco presente. L’obiettivo principale, quindi, vede da una parte un miglioramento continuo della nostra offerta e dall’altra la presenza sempre maggiore di utenti in grado di decidere consapevolmente durante tutto il proprio percorso.
Carlo Vanini
1 commenti
Cure Palliative
#7
Gentili Dottori,
avendo intuito dai Vostri commenti che l’ultima parola per decidere quale sia la più efficace e serena strada da seguire per un paziente - malato terminale per alleviare i suoi dolori lancinanti ed essere accompagnato per mano da una persona dolce e allo stesso tempo professionale nei delicatissimo ruolo dove anche una parola in più o un atteggiamento sbagliato possano creare nel paziente bolle d’ansia, d’angoscia o anche di paura che non gli permettono più di varcare la soglia con quello spirito positivo e con quella serenità ormai acquisita grazie anche e soprattutto dal “rapporto umano” che gli operatori con amore e passione per la propria professione gli hanno saputo trasmettere.
Dunque a parer mio, e parlo da paziente, in questi casi non è importante tanto la preparazione il cv ma saper traghettare ( come ha.fatto Virgilio con Dante) con trasparenza e onestà fino all’ultimo il malato terminale a “miglior vita” non lasciandolo mai solo, questo è importante.
Buone Feste