Extraospedaliera
I traumi e i politraumi in gravidanza sono molto frequenti ed è difficile intervenire senza evitare danni al feto. Ma la scienza ci viene in soccorso e l’apporto degli Infermieri nel campo è sempre più riconosciuto a livello scientifico e di équipe. Ecco uno studio che lo dimostra, soprattutto nell’ambito dell’emergenza/urgenza.
Il trauma è la principale causa di morbilità e mortalità in gravidanza
Il trauma da incidente automobilistico rappresenta il 65/70 % delle cause di trauma nelle gravide; seguono cadute, abusi e violenze domestiche, traumi penetranti ed ustioni. L'incidenza aumenta con l'età gestazionale e il periodo più vulnerabile è rappresentato dall'ultimo trimestre.
A scriverci in merito al politrauma in gravidanza sono Martina Bravi e Serena Belli, le quali hanno redatto due tesi complementari sulle pazienti in gravidanza politraumatizzate.
Negli Usa il 6/7% delle gravidanze risultano essere complicate da trauma, ma solo lo 0,3/0,4% delle donne necessita di ospedalizzazione; il 15% degli eventi traumatici si verifica nel corso del primo trimestre di gravidanza, mentre il 31% ed il 54% rispettivamente durante il secondo e terzo trimestre.
Lesioni minori, che non mettono a rischio la vita materna, sono causa di perdita fetale nell'1/5% dei casi, mentre gli eventi traumatici che mettono in pericolo la vita della gestante causano la morte fetale nel 40/50% dei casi.
La mortalità materna è dunque la causa primaria di morte fetale, anche se sono numerosi i casi in letteratura di nascite post-mortem materna; altrimenti, nel 70% dei casi, la morte fetale è dovuta al distacco di placenta.
Quando una forza esterna di una certa intensità investe l'utero, quest'ultimo, grazie alla sua intrinseca elasticità, può andare incontro ad una certa deformazione ed evitare così la rottura. Invece
la placenta, che è priva di fibre elastiche, non si deforma; per questo si crea una divisone dell'interfaccia utero-placentare, con separazione della placenta dallo stato deciduale sotto la spinta del liquido amniotico non comprimibile.
Modificazioni della donna durante la gravidanza
Durante la gravidanza avvengono dei cambiamenti anatomici e fisiologici molto significativi che in caso di trauma possono rendere la valutazione della paziente più difficoltosa.
La gravidanza comporta notevoli modificazioni anatomiche oltre a quelle inerenti lo sviluppo embrio-fetale e placentare. Queste modificazioni prendono il nome di fenomeni gravidici e interessano sia gli organi genitali che gli organi e apparati extra-genitali; vengono perciò distinti in fenomeni gravidici locali e fenomeni gravidici generali.
I fenomeni locali interessano soprattutto l’utero e comportano un aumento notevole del volume di quest’organo, tanto che al termine della gravidanza l’utero è lungo circa 33-34 cm contro i 7 cm normali e presenta una cavità di 5000 cm3 contro i 3 cm3 normali.
Le strutture anatomiche che consentono questo accrescimento sono rappresentate dalla mucosa (endometrio), dalla muscolatura uterina (miometrio) e dai vasi che conferiscono all’organo una consistenza pastoso-elastica, tipica della gravidanza.
L’accrescimento dell’utero ha inizio già nei primi giorni della gravidanza e dopo le prime 4 settimane di gravidanza il volume dell’utero è raddoppiato ed è triplicato alla fine del 3° mese. Sino alla fine del 3° mese, l’utero è ancora un organo pelvico, mentre dall’inizio del 4° mese l’utero s’innalza progressivamente in addome, diventando un organo addominale, raggiungendo al 5°-6° mese l’altezza dell’ombelico.
Rischi durante la valutazione ABCDE
Lo scopo principale nel trattamento del trauma in gravidanza consiste nella valutazione e stabilizzazione della madre. La valutazione rapida del trauma secondo il Basic Trauma Life Support (BTLS) è la stessa sia per la paziente gravida che per gli altri pazienti. Nonostante ciò è necessario tener conto delle modificazioni anatomo–fisiologiche indotte dalla gravidanza che potrebbero influire sulla valutazione tramite ABCDE.
A (Airways) - Rischio di inalazione: l'aumentato tempo di svuotamento gastrico, unitamente ad una diminuzione del tono dello sfintere esofageo, determinano un aumento del rischio di vomito e, quindi, di inalazione.
B (Breathing) - Ventilazione difficoltosa: nel terzo trimestre della gravidanza si ha una ridotta escursione diaframmatica a causa della risalita del fondo dell'utero, ma la capacità polmonare rimane immodificata in quanto aumentano i diametri della base toracica; per fronteggiare le maggiori richieste di ossigeno, il volume/minuto aumenta (anche del 40 %), aumentando la frequenza respiratoria, mentre il volume residuo diminuisce di circa il 25 %. La PaCO2 si riduce fino a 30 mmHg.
C (Circulation) - Mancato riconoscimento precoce dell'emorragia: il trauma addominale conseguente ad un incidente stradale o ad una caduta può essere causa un distacco di placenta. Si tratta di un grosso coagulo di sangue che si forma tra la placenta e l'utero, un ematoma che causa la perdita di aderenza della placenta con l'utero e quindi un suo distacco. Questo è un episodio grave che mette in serio pericolo di vita sia il feto che la madre. La perdita di sangue, o emorragia antepartum, è, forse, il sintomo più importante del distacco di placenta. Diversamente da quello che si potrebbe pensare, la quantità di sangue perso all'esterno dalla madre non è sempre correlata alla severità del distacco, anzi tante volte si verifica l'opposto.
Infatti, è più facile che l'emorragia rimanga quasi del tutto confinata all'interno dell'utero se il distacco è moderato-grave (emorragia nascosta); è, invece, più probabile osservare un sanguinamento cospicuo verso l'esterno, se il distacco è lieve (emorragia esterna). Fra i sintomi caratteristici del distacco placentare c’è il dolore la cui intensità è correlata alla gravità della situazione; nei distacchi placentari moderati e gravi il dolore è piuttosto intenso, mentre nei distacchi placentari di lieve entità non è particolarmente importante.
La paziente in stato di gravidanza può perdere significative quantità di sangue prima che tachicardia, ipotensione e altri segni di ipovolemia si verifichino. Così, il feto può essere in difficoltà le mentre condizioni e i segni vitali della madre appaiono stabili.
D ( Disability ) - Preeclampsia ed Eclampsia: la preeclampsia è la più frequente complicanza della gravidanza. Si tratta di una patologia multisistemica che insorge dopo la ventesima settimana di gestazione, caratterizzata da una diffusa vasocostrizione che causa danni (ischemici) a diversi organi e anche al feto, il quale riceve troppo poco ossigeno.
I sintomi principali sono ipertensione e proteine nelle urine. La più temibile complicanza della preeclampsia è l'eclampsia: si tratta di una sindrome potenzialmente mortale, contraddistinta da convulsioni spesso associate a confusione mentale, coma e deficit visivi, dolore epigastrico, nausea, mal di testa e vomito. La causa scatenante l'eclampsia non è attualmente conosciuta. Tra i possibili fattori di rischio possiamo riscontare: alterazione dell'assetto endocrino, aumento degli acidi grassi liberi, danno endoteliale vascolare, deficit della capacità coagulativa, dieta scorretta, infezioni. È una situazione molto grave nel feto in quanto può provocare sofferenza fetale, distacco della placenta ed emorragia placentare.
Principali cause del trauma
Il trauma in gravidanza coinvolge il 6/7% delle donne gravide e rappresenta la principale causa di morte materna non legata a cause ostetriche. Incidenti stradali (50%), violenza domestica e cadute sono le principali cause del trauma.
- Incidente stradale Gli incidenti con veicoli a motore rappresentano il 65/70% dei traumi in gravidanza. Il trauma cranico è la causa più frequente di morte nella gravida coinvolta in un incidente stradale. L'altra più frequente causa di morte è una lesione interna con emorragia non controllabile. La causa più comune di morte fetale nel trauma è la morte della madre. Distacco placentare, distress fetale, morte del feto e parto pre-termine sono spesso presenti nelle gravide coinvolte in incidenti stradali. Le gravide che sono coinvolte di solito presentano traumatismi associati, come fratture pelviche che spesso portano ad emorragie misconosciute nello spazio retroperitoneale. Esso, a causa del suo sistema venoso a bassa pressione, può arrivare a contenere una perdita maggiore a 4 litri di sangue con segni clinici relativamente modesti.
- Traumi penetranti dell'addome I più comuni traumi penetranti sono ferite da arma bianca e d'arma da fuoco. Se il foro di entrata è nell'addome inferiore, l'utero spesso offre protezione alla madre assorbendo la forza del proiettile o del coltello. Molti studi hanno dimostrato che ferite d'arma da fuoco all'addome di una donna gravida sono gravate da un'alta mortalità del feto (40/70%) e di una più bassa della madre (4/10%), poiché l'utero protegge gli organi vitali. Le ferite all'addome superiore di solito determinano un danno all'intestino compresso verso l'alto dall'utero. Le ferite da arma bianca presentano più o meno gli stessi risultati, con mortalità fetale di circa il 40%.
- Violenza domestica La percentuale di donne gravide che subiscono violenza domestica è elevata e sembra aumentare con il prosieguo della gravidanza. Si stima che nel secondo e terzo trimestre una donna su dieci subisca abusi. L'abuso domestico è spesso associato a basso peso alla nascita. I traumi principali sono al viso e al collo. L'abuso fisico si manifesta con traumatismi prossimali e più prossimi alla linea mediana che non con lesioni distali come si verifica invece di solito in corso di trauma accidentale.
- Ustioni La mortalità e la morbilità generale per lesioni da calore nelle pazienti gravide non sono diverse da quelle non gravide. Estese ustioni possono però ripercuotersi sul benessere fetale in quanto provocano un’intensa perdita di liquidi e instabilità della termoregolazione con possibile conseguente shock ipovolemico. È importante quindi ricordare che la richiesta di liquidi nella paziente gravida è superiore rispetto a quella non gravida. La mortalità fetale aumenta quando la superficie ustionata della madre supera il 20% della superficie corporea.
- Cadute L'incidenza delle cadute aumenta con l'avanzare della gravidanza, in parte dovuto al cambiamento del centro di gravità della paziente. Prestare particolare attenzione ai traumi pelvici, che aumentano il rischio di distacco placentare e di fratture del feto.
Conseguenze del trauma
Il trauma durante la gravidanza causa molte conseguenze sia alla donna che al feto. Le più probabili conseguenze relative al trauma che si possono ripercuotere sia sulla madre che sul feto sono:
- distacco di placenta normo-inserita: è una delle più temibili e frequenti. La sua incidenza è >50% in seguito a traumi maggiori e 2-4% nei traumi minori. La morte fetale purtroppo si osserva nel 50-70% dei casi e il distacco di placenta rappresenta la causa più frequente (30-70%) di morte fetale da trauma. I segni clinici caratteristici di insorgenza sono sanguinamento dai genitali esterni; alterazione della frequenza cardiaca fetale, assenza di BCF, contrazioni uterine, ipertonia uterina, emorragia, ipovolemia materna, variazione della frequenza cardiaca fetale (distress fetale), alterazioni della coagulazione (CID). L’emorragia può essere interna, esterna o mista. Tuttavia l’assenza di sintomatologia o evidenza di lesioni non necessariamente indica che la placenta sia ben inserita, quindi è buona regola in occasione di ogni trauma eseguire un controllo ecografico e cardiotocografico. Difatti, se da un canto molti sono d’accordo nel ritenere sufficiente un monitoraggio di 2-3 ore dall’intercorrere del trauma in caso di assenza di segni o sintomi clinico-strumentali che possano indicare una situazione di pericolo, dall’altro nella letteratura nazionale ed internazionale sono riportati casi di distacco placentare anche dopo 5 giorni dal trauma tanto che si fa sempre più forte la corrente di quei ricercatori che propongono un monitoraggio base di almeno 48 ore, termine entro il quale si ha la manifestazione del gran numero di complicazioni;
- rottura utero: la rottura completa d’utero post-traumatica in donna gravida si verifica raramente (0.6%) ma è causa di gravissime complicazioni: la morte della gravida si osserva nel 25% dei casi e la morte fetale nel 70% dei casi. La sintomatologia è molto evidente e si manifesta con dolori fortissimi all’addome, abbondanti perdite ematiche vaginali, ipotensione e tachicardia. L’utero si presenta atonico se il feto è stato espulso in cavità addominale. Le parti fetali si apprezzano facilmente alla palpazione addominale. Il trattamento consiste in una laparotomia di emergenza appena stabilizzate le condizioni materne secondo il classico protocollo ABC di rianimazione. Dopo l’estrazione del feto e degli annessi, si bloccano le fonti emorragiche e si valuta l’opportunità di suturare le lacerazioni o di procedere ad isterectomia o meno;
- minaccia di rottura d'utero: la paziente è ansiosa, lamenta dolori al basso ventre, presenta una frequenza cardiaca di >80 bpm. La palpazione addominale permette di valutare la durezza delle pareti del corpo uterino e della sua sottigliezza dell’istmo. Si ha sofferenza fetale;
- rottura prematura delle membrane (PROM): è la rottura delle membrane amniocoriali, che determina perdita di liquido amniotico e può determinare perdite vaginali, perdite ematiche, sensazione di pressione a livello pelvico prima dell’inizio del travaglio di parto, indipendentemente dall’età gestazionale in cui si verifica l’evento. La diagnosi viene fatta mediante l’anamnesi, l’esame obiettivo, la visita ostetrica e l’ecografia. La PROM può complicare la minaccia di aborto per il rischio di infezioni intracavitarie e malformazioni uterine, soprattutto se la gravidanza è emorragia materno fetale (HMF): si tratta del passaggio di sangue fetale nella circolazione materna. I rischi sono: alloimmunizzazione, anemia ed ittero fetale (190-192). Durante un trauma, l’HMF è 5 volte più frequente rispetto alle gravidanze di controllo. L’alloimmunizzazione interessa soprattutto (70%) il fattore Rh e nel 90% dei casi richiede un trattamento antenatale.
Conseguenze sul feto in base all'età gestazionale
- Durante la prima settimana dopo la fecondazione, il prodotto del concepimento non si è ancora impiantato nella cavità uterina e perciò è relativamente resistente ad eventuali traumi.
- Dalla seconda settimana di gestazione fino all'undicesima: impianto della blastocisti nella cavità uterina con ancoraggio dei villi allo stato deciduale materno e sviluppo della placenta. In questo periodo i villi possono andare incontro ad una rottura traumatica determinando conseguenze gravi o addirittura la morte del feto.
- Fino alla dodicesima settimana di gestazione l'utero rimane un organo pelvico ed è quindi protetto dalle ossa del bacino contro insulti diretti.
- Nel secondo e terzo trimestre di gravidanza l'utero, a causa del notevole aumento delle sue dimensioni, può urtare la sinfisi pubica, il promontorio sacrale e la colonna vertebrale in seguito ad un trauma, con conseguenze dirette sul feto.
- Nelle ultime settimane di gestazione il rapporto tra il liquido amniotico e le dimensioni del feto si riduce, la testa del feto è impegnata nella pelvi mentre il resto del corpo si ritrova al di sopra della protezione rappresentata dalle ossa del bacino; in questo periodo il feto è più vulnerabile a traumi anche di minore entità.
- Se si rende necessario un taglio cesareo di emergenza per sofferenza fetale, l'età gestazionale gioca un ruolo fondamentale sulla sopravvivenza del nascituro.
Il parto in emergenza
Un’altra possibile conseguenza del trauma è il parto imminente in emergenza. Per parto imminente si deve intendere quella particolare condizione della gestante che, trovandosi oltre il 180°giorno di gravidanza, evidenzia la fase del periodo espulsivo del feto e dei suoi annessi dagli organi genitali materni.
In condizioni fisiologiche ciò avviene verso la fine del nono mese di gravidanza tra il 276° e il 294° giorno (cioè tra la 38° e la 40° settimana) di gestazione. Infatti, il parto che si svolge prima della 38°settimana o prima del 264° giorno di gravidanza viene detto prematuro o pre-termine (il nascituro, in tal caso, è ad alto rischio e necessita di assistenza e sorveglianza presso centri neonatologici attrezzati).
Il parto che si svolge senza alcuna complicanza per la madre e per il feto viene indicato come eutocico, mentre quello che si verifica con complicanze per la madre e/o per il nascituro viene detto distocico.
Per quanto riguarda la fase del periodo espulsivo del parto è generalmente preceduta da segni premonitori di cui i più importanti sono:
- presenza di contrazioni uterine involontarie prolungate per periodi di 30- 60 minuti circa con intervalli di 5 minuti (questo tipo di contrazioni posso durare per molte ore e costituiscono la fase del periodo dilatante a compimento della quale si osserva la scomparsa delle fornici vaginali e del collo dell'utero);
- espulsione del tappo gelatinoso della cervice uterina accompagnata a gemizio ematico per distacco del polo inferiore dell'uovo della decidua del segmento inferiore;
- rottura della borsa amniocoriale con fuoriuscita di liquido amniotico in quantità di circa 10-15cc, segno della fine del periodo dilatante e dell'inizio del periodo espulsivo. La fase del periodo espulsivo del parto si caratterizza invece per la presenza di contrazioni uterine di durata all'incirca di 1-2 minuti che si accompagnano a contrazioni della muscolatura diaframmatica e dei muscoli retti e obliqui dell'addome. Nella fase espulsiva del parto si osserva, inoltre, la dilatazione del canale vaginale per la progressione in esso del prodotto del concepimento e distensione perineale con dilatazione dell'ostio vulvo-vaginale.
Il feto in prossimità dell'evento espulsivo all'ingresso pelvico può avere le seguenti modalità di presentazione:
- fisiologica o di vertice: nel 95,4% dei casi. Questa posizione permette l'espletamento del parto attraverso le vie naturali;
- podalica nel 4% dei casi. Il feto presenta prima le natiche o i piedi. I bambini in posizione podalica possono essere partoriti dalla vagina con l'aiuto di una ostetrica, anche se in alcune zone può risultare difficile trovare personale qualificato e con esperienza. Ci sono molti tipi di presentazione podalica, ma il più comune è quello in cui le natiche del bambino vengono espulse per prime e le gambe sono piegate sotto il corpo del bambino, con le ginocchia piegate e i piedi vicino alle natiche (full or breech).
Simile al caso sopra citato è quello in cui le gambe del bambino sono stese e vicine alle sue orecchie, mentre in altri casi una o entrambe le gambe stese si presentano per prime. Un raro caso di presentazione è quello disteso lateralmente. Qui il bambino giace di fianco all'interno dell'utero e una mano o un gomito sono entrati per primi nel canale del parto. Anche se spesso i bambini che si presentano trasversalmente possono cambiare posizione, ciò non si verifica sempre e in tal caso un parto cesareo diventa necessario.
Subito dopo l'espulsione del feto dall'utero materno inizia il secondamento, che termina con l'espulsione degli annessi fetali (placenta, cordone, membrane amniocoriali).
Di solito la placenta viene espulsa entro 20-30 minuti dall'espulsione del feto. Il limite fisiologico è di un'ora, poi si interviene con la rimozione manuale della placenta eseguita in anestesia generale (secondamento manuale).
Il parto, se fisiologico, è un evento del tutto naturale che non necessita nessun tipo di aiuto se non il sostegno psicologico e morale alla donna. È però fondamentale sorvegliare affinché non sopraggiungano complicazioni.
Il parto non è più fisiologico se:
- si verificano distocie meccaniche o dinamiche;
- se vi è sofferenza fetale acuta;
- se si tratta di un parto precipitoso, perché spesso avviene in un luogo non idoneo (ambulanza, ascensore, casa o luogo di lavoro) e/o in assenza di personale qualificato. Si verifica come conseguenza di contrazioni uterine molto valide, in una gestante il cui canale da parto non oppone resistenza alla progressione del feto, che spesso è poco voluminoso. La velocità della dilatazione cervicale supera i 5cm all’ora e la progressione della parte presentata nel canale da parto è proporzionalmente accelerata.
La centrale operativa: dalla chiamata all'intervento
La gestione della paziente politraumatizzata inizia con la chiamata alla centrale operativa.
I sistemi di Emergenza Sanitaria Territoriale 118 della Regione Toscana risultano organizzati per garantire:
- la centralizzazione delle richieste telefoniche di assistenza sanitaria nelle situazioni di emergenza/urgenza;
- l'attivazione di mezzi ed equipaggi di emergenza sanitaria territoriale in grado di garantire i necessari trattamenti sul luogo dell'evento e, se indicato, il trasporto verso il Dipartimento di Emergenza Accettazione/Pronto Soccorso più adeguato alle condizioni del paziente.
Le Centrali Operative hanno il compito di valutare il grado di complessità e criticità dell'evento, definendo l'appropriata tipologia di risposta necessaria, attraverso l'attivazione dei mezzi ed equipaggi più idonei alla tipologia di intervento tra quelli a disposizione, coordinando e gestendo gli stessi fino al termine dell'intervento.
La necessità di implementare in Regione Toscana un sistema “Dispatch”, (Linee guida n. 1/1996 sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del D.P.R del 27 marzo 1992) nasce dalla esigenza di rendere omogenea la risposta all'emergenza sul territorio regionale, ottimizzando l'operato dei sistemi 118 della Regione Toscana e garantendo la migliore assistenza sanitaria possibile in situazioni di emergenza/urgenza attraverso:
- risposta omogenea dei sistemi di Emergenza Sanitaria Territoriale su tutto il territorio regionale;
- l'ottimale intervista telefonica e la corretta valutazione della criticità e complessità dell'evento;
- l'intervento sul luogo dell'evento di mezzi ed equipaggi di soccorso più adeguati per numero e tipologia alle necessità, in relazione alle risorse disponibili;
- il trasporto in sicurezza verso il Dipartimento di Emergenza Accettazione/Pronto Soccorso più appropriato a garantire l'idoneo percorso di diagnosi e cura.
Il Dispatch si caratterizza per:
- intervista telefonica o triage telefonico, ovvero un processo decisionale dinamico mirato alla valutazione di ogni singola richiesta telefonica di soccorso sanitario che, sulla base delle informazioni ottenibili, esprime un giudizio di priorità d’intervento, mediante l’attribuzione di un codice di criticità.
- Nell’opera di triage telefonico è altresì necessario rilevare la tipologia dell’evento (trauma, incidente stradale, malore, intossicazione, ecc.) in modo tale da ottimizzare la risposta del sistema non solo per quanto riguarda il tempo d’intervento, ma anche per quanto riguarda l’appropriatezza delle risorse attivabili. Fornire istruzioni pre-arrivo per garantire assistenza sanitaria e logistica, ancor prima dell’arrivo dei soccorsi sullo scenario.
Il Dispatch “gravidanza parto” utilizzato dalla Regione Toscana
I primi 60 minuti rappresentano l'intervallo prezioso in cui la qualità delle prime cure è in grado di influenzare in modo decisivo la prognosi del traumatizzato.
L'ora oro (golden hour) inizia nel momento in cui si verifica l'evento traumatico e quindi ancora prima dell'arrivo in Centrale Operativa della richiesta di soccorso. Per un buon utilizzo della golden hour e per fornire una prestazione qualitativamente elevata nel minor tempo possibile, tutte le fasi dell'operazione di soccorso (ricezione della chiamata – dispatch - arrivo sul posto dell'équipe di soccorso - trattamento e stabilizzazione - trasporto in ospedale - diagnosi e terapia appropriata) devono essere ottimizzate.
In particolare la fase di trattamento e stabilizzazione sul campo dovrà risultare rapida, essenziale, efficace, con l'applicazione di metodiche sperimentate e standardizzate.
La presenza di una donna in stato di gravidanza fra i feriti coinvolti viene segnalata già dalla Centrale Operativa al momento dell’invio dei mezzi di soccorso sulla scena dell’evento traumatico; tale stato viene fatto presente dalla paziente stessa ai soccorritori. In una certa percentuale di casi però, per la precoce epoca gestazionale o per la scarsa collaborazione della paziente in seguito al trauma, tale condizione può non essere nota.
È stato proposto di eseguire un test rapido di gravidanza per le pazienti in età fertile e devono essere sottoposte a valutazione radiologica.
L'approccio al paziente politraumatizzato (e non) impone che siano definiti in modo chiaro i ruoli di ogni membro del team, in modo da non trovarsi in difficoltà sulla scena del soccorso.
È di fondamentale importanza la presenza di un Team Leader, unico responsabile dell'intera équipe. Nella fase di avvicinamento alla scena del soccorso, avuti i dati dalla centrale operativa, il team si deve già organizzare per l'intervento: il Team Leader darà disposizione al proprio equipaggio in base ai dati ottenuti dalla centrale operativa e potrà in qualche modo predisporre il materiale da portare sulla scena e i compiti che ogni membro dovrà svolgere una volta scesi dal mezzo di soccorso.
Il Team Leader dovrà inoltre garantire il coordinamento dei soccorritori presenti sulla scena e la gestione del personale non sanitario indispensabile in alcuni eventi complessi (vigili del fuoco, polizia, etc..). Per quanto riguarda l'ospedalizzazione l’afferenza più frequente sarà verso i Trauma Center (DEA di II° livello), in grado quindi di gestire esaustivamente sia la madre che il feto anche nell’ eventualità di una nascita imprevista.
L’ afferenza in un DEA di I° livello può essere indicata limitatamente a quei casi che coinvolgono donne portatrici di gravidanza fino a 20° settimane (epoca in cui la sopravvivenza del feto al di fuori dall’utero è impossibile) e con lesioni materne o situazioni di dinamica minore).
Il veloce trasferimento nella struttura più vicina non sempre rappresenta la migliore soluzione per la paziente. L’ intervento sul territorio di personale qualificato deve consistere anche nel creare le condizioni per rendere possibile e tollerabile per la paziente un trasferimento relativamente più lungo qualora, sulla base della valutazione e dell’eventuale consulto telefonico con il personale ospedaliero, venga ritenuto più utile per un adeguato iter diagnostico/terapeutico.
La scelta della sede più idonea ad accettare la paziente inoltre risulterà da una valutazione complessiva nella quale saranno presi in considerazione:
- dinamica dell’evento traumatico (deformazione del veicolo);
- condizioni generali della paziente (complicanze respiratorie ed emorragiche); presenza di sintomi relativi alla gravidanza (metrorragia contrazioni uterine perdita di liquido amniotico);
- età gestazionale (fondo dell’utero rispetto alla linea ombelicale, inferiore o superiore alla 25a settimana);
- disponibilità di mezzi di trasporto e di strutture ospedaliere sul territorio.
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