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Lo shock è uno stato di ipoperfusione periferica, cioè di ridotta perfusione ematica e ridotto apporto di ossigeno ai tessuti con conseguente progressiva disfunzione e successiva morte cellulare. La diagnosi di shock è fondamentalmente clinica, con, in emergenza/urgenza, ausilio ecografico ed emogasanalitico e tesa a ricercare i segni obiettivi sfumati della ipoperfusione nella sua fase iniziale, quando con adeguata terapia è ancora possibile arrestare il processo etiopatogenetico che si è instaurato nell’organismo del paziente.
Valutazione del paziente in shock
Al di là delle forme di shock che abbiamo analizzato, clinicamente risulta estremamente pratico ed utile ai fini terapeutici catalogare la ipoperfusione sistemica come dovuta ad un deficit di:
- volume circolante
- pompa cardiaca
- frequenza cardiaca.
Nella valutazione di un paziente in shock è assolutamente necessario prendere in considerazione questi tre possibili deficit in questo preciso ordine per non rischiare di incorrere nel drammatico errore di intervenire sui meccanismi di compenso che l’organismo sta cercando di mettere in atto per contrastare il processo patologico instauratosi.
Per prima cosa bisognerà pensare ad un deficit di volume, reintegrando le perdite; poi ad un problema di pompa cardiaca, infondendo catecolamine; da ultimo il deficit della frequenza cardiaca, gestendo l’aritmia sottostante.
Ragionare in maniera opposta porterebbe a trattare la elevata frequenza cardiaca, compenso di un deficit acuto di volume o della riduzione della gittata cardiaca, a somministrare amine in presenza di un deficit di volume, peggiorando la vasocostrizione periferica.
I “take home message” da tenere sempre presenti nella valutazione di un paziente ipoperfuso:
- pensiamo che il paziente possa essere in shock
- ricerchiamo i segni sfumati di shock che ci permettano di diagnosticarlo nelle sue fasi più precoci
- ecografia mirata (POCUS), ECG ed EGA in tutti i pazienti con possibile shock
- 2 grossi accessi venosi, posizionamento di catetere vescicale per la valutazione della diuresi
- se possibile linea arteriosa per la monitorizzazione cruenta della PA
- gestiamo dapprima il deficit di volume, poi pensiamo alla pompa cardiaca, infine alla frequenza.
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