La tecnologia dei nuovi ventilatori, la riduzione dei posti in TI e l’aumento dei pazienti da trattare in ventilazione non invasiva - dettata anche dall’invecchiamento della popolazione mondiale - ha determinato un maggior utilizzo della NIV (ventilazione non invasiva) nei reparti non intensivi.
Ventilazione non invasiva e assistenza infermieristica
Le prime applicazioni della NIV in Italia risalgono agli anni ’70; è stata inizialmente introdotta e sperimentata all’interno dell’UTI, ma successivamente in letteratura ci sono state molteplici dimostrazioni sperimentali che ne hanno incentivato l’utilizzo anche in setting assistenziali meno complessi, purché dotati di personale adeguatamente formato.
Ad oggi l’insufficienza respiratoria acuta o la cronica riacutizzata costituiscono le principali cause di ricovero nei reparti di Medicina Interna. L’insufficienza respiratoria richiede un intervento rapido e coerente per ridurre, da un lato, la dispnea e la fatigue respiratoria e, dall’altro, per migliorare lo stato di ossigenazione del paziente. La precoce applicazione della ventilazione non invasiva (NIV) permette di ridurre la necessità di intubazione e della ventilazione invasiva e di concerto comporta una riduzione della mortalità.
L’impatto della ventilazione sul carico infermieristico e sul luogo dove la NIV può essere applicata è stato discusso sin dagli anni ’90. Vitacca in un articolo relativo al 1997 sosteneva che i pazienti in CPAP potessero essere gestiti solo in UTI o in aree debitamente collaudate con personale formato con un rapporto infermiere/paziente di massimo 1:3.
A rinforzare questo concetto ci sono i risultati di uno studio del 2011 con primo firmatario Crimi, dove si descrive come una maggior formazione teorica legata a training, teoria ed esperienza del personale comporta una miglior capacità di gestire il paziente in NIV.
Un altro studio del 2012, con prima firma Alberto Lucchini, rafforza questa tesi, dimostrando attraverso uno studio osservazionale retrospettivo che il paziente sottoposto a CPAP in TI determina globalmente un aumento di circa il 6% del carico di lavoro infermieristico rispetto e paragonato alle giornate in cui viene somministrata la sola ossigenoterapia. In quest’ultimo studio è stato utilizzato il Nursing Activities Score (NAS), che, composto da 23 item, calcola la percentuale di tempo che un infermiere dedica all’assistenza diretta di un paziente.
NAS – Nursing Activities Score
La Scala NAS prende in considerazione le attività che deve attenzionare l’infermiere; in questo caso, in un paziente sottoposto a ventilazione non invasiva per diverse ore durante la giornata. Senza dubbio particolare attenzione richiedono le attività di monitoraggio dei parametri vitali, di mobilizzazione, di prevenzione, di alimentazione e tutti gli interventi necessari a conservare la compliance paziente-ventilatore (gestione delle perdite, prevenzione delle lesioni sul ponte nasale e della distensione gastrica) e l’endurance del paziente al trattamento (umidificazione, riduzione del rumore, dolore legato al fissaggio).
Quest’ultimo studio ci descrive anche come l’aumento della FiO2 e della PEEP utilizzata influenzi progressivamente l’attività infermieristica a letto del paziente, con una presenza necessaria sempre più costante e perdurata nel tempo, tale da, in alcuni casi, equiparare il fabbisogno richiesto a quello delle persone ventilate invasivamente.
Le modalità di ventilazione e la gravità clinica del paziente determinano, quindi, senza dubbio una modificazione del carico di lavoro infermieristico. Per esempio, le persone in PSV (Pressure Support Ventilation) con maschere facciali generano un carico di lavoro sovrapponibile a quello delle persone in ventilazione controllata.
La tecnologia dei nuovi ventilatori, la riduzione dei posti in TI e l’aumento dei pazienti da trattare in ventilazione non invasiva - dettata anche dall’invecchiamento della popolazione mondiale - ha determinato un maggior utilizzo della NIV nei reparti non intensivi.
L’infermiere è per deontologia l’unico responsabile dell’assistenza infermieristica; l’utilizzo della Scala NAS è non solo un’opportunità, ma anche un dovere, in quanto solo così l’infermiere può certificare in maniera standardizzata il reale bisogno assistenziale in termini di unità persone e ore necessarie nella gestione di pazienti delicati e in gravi condizioni, come quelli sottoposti a Ventilazione Non Invasiva.
Sostenuti da più di uno studio, possiamo quindi affermare la necessità di rilevare ad intervalli di tempo definiti il NAS (Nursing Activities Score) per determinare il reale fabbisogno infermieristico in Unità Operative sempre più intensive per pazienti che per definizione.
In questo modo, avendo un carico di lavoro standardizzato, sarebbe assicurata la presa in carico di ogni singolo bisogno assistenziale, inoltre le urgenze sarebbero riconosciute preventivamente e gestite in maniera adeguata, garantendo così un’assistenza di livello con i giusti carichi di lavoro.
Articolo a cura di Antonio Vittorio Melis - Infermiere
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