Intraospedaliera
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La comunicazione aumentativa alternativa (CAA) è una tipologia di comunicazione attraverso la quale la persona può comunicare, anche senza parlare; è una tipologia di comunicazione specifica per persone che hanno problemi a parlare o che hanno difficoltà linguistiche.
CAA: che cos’è la comunicazione aumentativa alternativa
La ASHA, American Speech–Language-Hearing Association nel 2004 l’ha definita un’area di ricerca e pratica clinica ed educativa. La CAA studia, e quando necessario, tenta di compensare disabilità comunicative temporanee o permanenti, limitazioni nelle attività e restrizioni alla partecipazione di persone con severi disordini nella produzione del linguaggio e della parola e/o di comprensione, relativamente a modalità di comunicazione orale o scritta
.
Con il termine “aumentativo” si intende la possibilità di potenziare abilità comunicative presenti, attraverso modalità visive, mimiche, gestuali o orali.
Con il termine “alternativo” si intende la possibilità di utilizzare tecniche comunicative differenti, al posto della comunicazione orale.
La CAA può essere utilizzata in alcuni momenti specifici della malattia della persona, oppure per tutta la vita; può essere utilizzata in momenti specifici ad esempio in seguito ad un intervento chirurgico, quando la persona non riesce a parlare, oppure quando si trova intubata, ma vigile, in terapia intensiva. Può essere invece utilizzata per tutta la vita quando si hanno disabilità permanenti.
Quando si ricorre alla comunicazione aumentativa alternativa
In linea generale, le patologie che possono portare a problematiche comunicative e necessitare quindi di CAA sono:
- Disabilità cognitive
- Paralisi cerebrali
- Atrofia muscolare (es. SMA)
- Sindromi genetiche
- Disturbi dello spettro autistico
- Disturbi sensoriali (es. sordocecità)
- Demenza
- Disturbi cognitivi
- Neoplasie cerebrali
- Patologie neurodegenerative (es. SLA)
- Accidenti cerebrovascolari (es. ictus ischemico o emorragico)
La CAA ha lo scopo di supportare la comunicazione e la partecipazione delle persone; è fondamentale identificare i bisogni specifici di quella persona e organizzare un intervento che sia personalizzato e che preveda il coinvolgimento di diverse figure professionali, come l’infermiere, il medico e il logopedista.
La comunicazione in terapia intensiva
Nel reparto di terapia intensiva la comunicazione è spesso ostacolata dal tubo tracheale, dalla tracheotomia o da dispositivi per la ventilazione non invasiva come mascherina o casco.
In terapia intensiva sono spesso i famigliari a doversi fare portavoce e mediatori con i sanitari, ma l’impossibilità a comunicare rimane un disagio da entrambi i lati.
Uno studio di Broyles et al. (2012) dal titolo “Use of Augmentative and Assistive Communication Strategies by Family Members in the ICU”, riporta la seguente esperienza:
mio fratello è morto in terapia intensiva all'età di 49 anni dopo una prolungata intubazione. So che c'erano molte cose che ha cercato di comunicare attraverso gli occhi e "muovendo le parole", ma non ci è riuscito. Non era in grado di usare le mani e spesso si sentiva frustrato per la sua incapacità di comunicare ciò che stava cercando di comunicare. Ha lasciato 2 figli adolescenti e spesso mi chiedo cosa avrebbe detto loro
.
Grazie alla CAA è possibile migliorare la comunicazione con tutti quei pazienti che, pur avendo un device invasivo o non invasivo di ventilazione, mantengono comunque uno stato di vigilanza ed esprimono la volontà di comunicare con famigliari, caregiver e personale sanitario.
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