Il paziente critico è un paziente che, per definizione, è instabile dal punto di vista cardiocircolatorio, respiratorio o neurologico a causa di una patologia acuta, chirurgica o un trauma. In questi pazienti il problema della mobilizzazione passa spesso in secondo piano, perché non viene considerato prioritario. Tuttavia, la letteratura dimostra che se i pazienti vengono mobilizzati adeguatamente e precocemente, non solo sarà più rapido il loro recupero nella fase post–acuta, ma anche la fase critica ne può trarre giovamento.
Obiettivi della mobilizzazione in terapia intensiva
Una mobilizzazione adeguata del paziente critico è in grado di accelerare il recupero respiratorio, circolatorio e motorio, che verrebbero altrimenti resi difficoltosi dall’allettamento forzato e prolungato.
Ad esempio, un’adeguata mobilizzazione del paziente ventilato meccanicamente ricoverato in terapia intensiva, è in grado di migliorare la clearance delle secrezioni bronchiali e di, conseguenza, migliorare la ventilazione, ridurre i tempi di intubazione, ridurre l’incidenza di complicanze polmonari come polmoniti da ventilazione (VAP) e ridurre la degenza in terapia intensiva.
Si parla di sindrome da immobilizzazione, definita come il “rischio di deterioramento di sistemi o apparati dell’organismo in conseguenza di un inattività muscolo-scheletrica prescritta o inevitabile”.
La mobilizzazione deve essere un elemento integrante della cura del paziente, così come il progetto riabilitativo. Nelle persone con un ricovero prolungato, infatti, i danni causati dall’allettamento possono compromettere tutte le cure e causare un recupero funzionale lento e spesso incompleto.
Lo scopo della riabilitazione in un’area critica è il recupero della massima autonomia del paziente, sia della funzione respiratoria che motoria. Lo stesso trattamento fisioterapico è in grado di accelerare il processo di svezzamento dalla ventilazione meccanica e prevenire altre complicanze legate all’immobilità e non da ultimo il benessere psicologico del paziente.
Unamobilizzazione precoceè in grado di:
Migliorare la ventilazione e impedire le atelettasie polmonari
Ridurre la stasi delle secrezioni polmonari
Prevenire le polmoniti da ventilazione (VAP)
Permettere uno svezzamento più rapido dal ventilatore
Prima di iniziare la mobilizzazione del paziente in terapia intensiva
Prima di iniziare la mobilizzazione del paziente in terapia intensiva è importante valutare le sue condizioni cliniche.
Un paziente fortemente instabile da un punto di vista emodinamico, ad esempio, che risente anche dei cambi posturali mostrando una variazione significativa dei parametri vitali, è un paziente per il quale il progetto riabilitativo deve essere posticipato.
Una volta accertate le condizioni del paziente, è importante valutare i farmaci che assume. Sedativi e farmaci analgesici possono interferire sullo stato di vigilanza, e non permettere un’adeguata collaborazione.
Uno studio di Morris et al, pubblicato nel 2008 ha messo in luce gli step che deve percorrere il paziente ricoverato in terapia intensiva, dall’arrivo fino alla dimissione.
Ammissione alla terapia intensiva ---> Dimissione dalla terapia intensiva al reparto
LIVELLO 1
LIVELLO 2
LIVELLO 3
LIVELLO 4
PAZIENTE SEDATO
PAZIENTE COSCIENTE
PAZIENTE COSCIENTE
PAZIENTE COSCIENTE
Mobilizzazione Passiva
Mobilizzazione Passiva
Mobilizzazione Passiva
Mobilizzazione Passiva
Posizionamento
Posizionamento
Posizionamento
Posizionamento
Mobilizzazione attiva e contro resistenza
Mobilizzazione attiva e contro resistenza
Mobilizzazione attiva e contro resistenza
Posizione seduta
Posizione seduta
Posizione seduta
Seduto bordo letto
Seduto bordo letto
Trasferimento letto sedia
Cammino
Limiti alla mobilizzazione del paziente critico
Al di là della patologia preesistente, che può permettere o meno la mobilizzazione, le terapie intensive hanno altri limiti alla mobilizzazione, che sono:
i presidi per la terapia a cui è collegato il paziente (pompe siringa, pompe nutrizionali)
Di importanza notevole sono i device, come CVC, CV, cateteri arteriosi, catetere da dialisi, che se si sposizionano richiedono un nuovo posizionamento, con conseguenti ulteriori rischi per il paziente, dal dolore alle infezioni.
Controindicazioni alla mobilizzazione
Non tutti i pazienti possono essere mobilizzati. Ci sono alcune indicazioni in letteratura che sconsigliano fortemente, in alcune circostanze, di mobilizzare il malato.
Le principali controindicazioni evidenziate negli studi sono:
Il razionale della mobilizzazione prevede di mobilizzare il paziente il più possibile e il prima possibile, in base alle sue caratteristiche fisiche e cliniche.
Più è stabile il paziente, e maggiore deve essere il lavoro fisioterapico e di mobilizzazione che può essere effettuato su di lui. Al contrario, più è instabile il paziente e maggiore dovrà essere l’attenzione alla mobilizzazione, anche se sempre presente.
La mobilizzazione può prevedere:
Tecniche passive, in cui l’operatore è responsabile dei movimenti del paziente che non è in grado di collaborare. Servono a prevenire rigidità articolare e ad evitare l’atrofia muscolare
Tecniche assistite, che prevedono la collaborazione del paziente insieme all’operatore
Esercizi posturali, effettuati dal paziente in autonomia
Tecniche passive
L’operatore (infermiere o fisioterapista) è responsabile della mobilizzazione del paziente ed effettua il posizionamento sul letto e i cambi posturali senza la collaborazione della persona. Le tecniche passive prevedono i posizionamenti:
Semiseduto, a 45°: si effettua con l’ausilio del letto. È una posizione che permette una miglior ventilazione grazie alla possibilità di espandere meglio la muscolatura toracica; favorisce l’espettorazione; previene la stasi di secrezioni bronchiali e di conseguenza di infezioni polmonari. Inoltre, previene i fenomeni di aspirazione, perché riduce il rischio di reflusso gastro-esofageo. Insieme all’igiene del cavo orale, è uno degli interventi fondamentali per la prevenzione delle VAP.
Decubito laterale: oltre a ridurre il rischio di sviluppare lesioni da pressione, permette di migliorare la ventilazione nei pazienti che hanno patologie polmonari unilaterali.
Pronazione: si ottiene posizionando il paziente prono e mantenendolo in questa posizione anche per diverse ore. La pronazione permette di migliorare la ventilazione polmonare, soprattutto nei pazienti con sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) e migliora la distribuzione dell’edema. Permette una miglior espansione delle zone posteriori di parenchima polmonare, una riduzione della quantità di parenchima compresso dal muscolo cardiaco e un migliore drenaggio delle secrezioni bronchiali.
Movimento rotazionale continuo del letto: si ottiene grazie a dei letti che basculano continuamente, creando un lento e continuo movimento del letto fino a 60°. Permettono di mantenere la pervietà delle vie aeree, riducono la stasi delle secrezioni polmonari e lo sviluppo di atelettasie.
La posizione semi–seduta e i cambi posturali sui decubiti laterali ogni due ore sono considerati elementi di base per la fisioterapia dei pazienti critici che non possono essere mobilizzati.
Tecniche assistite
Il paziente, in collaborazione con l’operatore, si mobilizza nel letto. Prevede una mobilizzazione dei 4 arti all’interno del letto, in cui vengono attivate le articolazioni, favorita la muscolatura e stimolato il paziente alla collaborazione e al recupero funzionale.
Esercizi posturali
Prevedono l’autonomia del paziente, o comunque un adeguato livello di autonomia. Comprendono:
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