La complicata questione del rifiuto alla somministrazione di emotrasfusioni da parte degli appartenenti ai Testimoni di Geova rappresenta un ambito molto delicato, soprattutto quando le condizioni di colui che non accetta la trasfusione sono serie e la non trasfusione potrebbe portare a gravi complicanze per il paziente. Qualora un paziente appartenente ai Testimoni di Geova rifiuti la somministrazione di sangue ed emoderivati, il personale sanitario si trova a dover far fronte ad alcuni principi fondamentali che guidano la professione. La scelta può non essere facile e tutt’oggi sono presenti forti dubbi in merito, poiché mentre è vero che talvolta si può far fronte a tale rifiuto (autotrasfusione, operazione chirurgica senza trasfusioni), vero è anche che in talune condizioni non è possibile affrontare questa problematica con la giusta calma che servirebbe. In urgenza, per esempio, può non esserci tutto il tempo necessario per programmare le azioni da seguire assieme al paziente, così come il consenso informato talvolta non può essere raccolto. Come comportarsi in questi delicati casi rappresenta dunque una sfida per il personale sanitario, che è chiamato a decidere quale sia il limite entro il quale rispettare il consenso informato.
Consenso informato alla trasfusione di sangue, una questione controversa
Un punto rilevante della questione è quello del consenso informato, atto necessario prima di ogni procedura che si opera su un paziente.
Il consenso informato serve per documentare la corretta comunicazione al paziente circa la procedura che si sta per mettere in atto e di tutti i rischi e benefici che ne seguiranno.
Personale: non può essere previsto un consenso informato a più persone, ma il consenso è da riferirsi solo ed esclusivamente ad un paziente. Inoltre, deve essere adattato alle sue capacità intellettive e di comunicazione, essendo sicuri che il paziente abbia compreso tutte le informazioni comunicate.
Informato: il paziente deve essere informato dal personale sanitario sulla natura della prestazione, le motivazioni del suo svolgimento, le modalità operative e sui rischi e benefici che ne seguono. Non è un consenso informato, ad esempio, “dobbiamo eseguire un’appendicectomia”, senza aggiungere tutte le informazioni elencate precedentemente.
Revocabile: in qualsiasi momento del percorso di cura il paziente deve essere in grado di poter revocare il suo consenso alla procedura in questione, in quanto il consenso non è vincolante tout court, bensì rappresenta la forma di un consenso contestuale e momentaneo, dal quale il paziente in qualsiasi momento può tornare indietro.
Autentico: le informazioni che si comunicano al paziente devono essere veritiere e complete.
Gli articoli 13 e 32 della Costituzione Italiana definiscono il principio di libertà dell’individuo e sottendono il principio secondo il quale il consenso informato possa essere espresso anche oralmente.
Rifiuto all’emotrasfusione, il punto di vista giuridico
Come citato precedentemente, l’Art. 4 del D.M. 1/9/1995 stabilisce che quando vi sia un pericolo imminente di vita, il medico può procedere a trasfusione di sangue anche senza consenso del paziente.
Pertanto, qualora il paziente si presenti in gravissime condizioni di salute tali da far configurare un vero e proprio “stato di necessità” (Art. 54 C.P.) a causa della presenza di un pericolo reale di vita attuale e non altrimenti evitabile, l’intervento terapeutico del personale sanitario diviene obbligato, pure in assenza del consenso.
È bene sottolineare come, in questo caso, si parli non di un semplice criterio prognostico potenziale, bensì di una constatazione obiettiva, dimostrabile e/o ragionevolmente presunta, che consente l’effettuazione della trasfusione di sangue nel rigoroso rispetto di quanto prescritto dal terzo comma dell’art. 4 DM 1/9/1995.
Dopo aver effettuato i trattamenti salvavita si rende inoltre necessario illustrare in modo particolareggiato sulla cartella clinica le condizioni che hanno determinato lo “stato di necessità”.
Il problema è che per il TDG il rifiuto della trasfusione non è una "scelta di coscienza". Chi decidesse che in base alla sua "coscienza" non commette nessun peccato accettando questa terapia, verrebbe espulso dalla congregazione con annesso ostracismo (in realtà verrebbe considerato automaticamente "dissociato", invece di "disassociato", ma è un tecnicismo, le sanzioni sono le stesse: completo isolamento sociale).
Questo senza contare che i bambini non prendono nessuna "scelta di coscienza", ma decidono i genitori per loro, anche se ciò dovesse significare lasciarli morire, se non ci sono alternative, come spesso accade, alle trasfusioni di sangue.
Pur con tutto ciò al Testimone di Geova è consentito valutare individualmente fino a che livello limitare l' esercizio dei vincoli familiari con chi non vive più nella medesima casa, ma...è quì che scatta il concetto "insinuazione", da anni le pubblicazioni stampate e da quando sono iniziati a essere prodotti anche filmati video ci presentano a modello di ottemperanza della disposizione riguardo la disassociazione Fratelli e Sorelle di fede che in casi del genere hanno agito col massimo della fermezza fino al punto di non voler aver più nulla da spartire col disassociato.
Ripeto...conseguimento di quei livelli sono loro scelte personali, ma diventa innegabile che paventare costantemente esempi del genere può portare il fruitore di tale materiale video e cartaceo a una forma di emulazione o allo sdoganamento che i vincoli familiari si annichiliscano totalmente nei confronti dei parenti ex Testimoni.
Non mi stancherò mai di ripeterlo, non siamo robot che obbediscono a direttive rimanendo insensibili alle sofferenze altrui, anche a noi dispiace quando si concretizzano situazioni del genere, ma ci viene chiesto di essere leali alle direttive date da Dio e a volte ( non sò con che frequenza) un ex TdG può ritrovarsi ad avere a che fare con un parentado particolarmente zelante.
Chiedo scusa alla redazione ma mi trovo costretto a riparlare di cose non attinenti all' ambiente medico dopo che una osservazione in privato dell' utente Bruno mi ha portato a costatare che in un passaggio mi sono espresso in un modo che porta inevitabilmente a fraintendere ciò che era mia intenzione dire, per cui mi sento in dovere verso i possibili lettori di dover rimediare.
La frase in questione è la presente:"... ma le nostre pubblicazioni più di una volta hanno fatto questo distinguo asserendo che i vincoli familiari si rompono nel momento che uno si sgancia dalla famiglia di origine."
Invece di "asserendo" avrei dovuto utilizzare "insinuando", che è già diverso perchè un' asserzione così diretta non vi è presente, ma ciò che viene scritto circa le modalità di mettere in pratica l' atto della disassociazione porta quasi inevitabilmente il Testimone a ritenere che sia suo dovere interrompere quasi del tutto ogni contatto (a meno che non sia strettamente necessario magari per ragioni mediche o legali) col familiare disassociato che non vive sotto il medesimo tetto.
La differenza di comportamento dovuta dal condividere o meno lo stesso luogo abitativo è spiegata nella Torre di Guardia dell' 1 Gennaio 1982 che dice "...Con tale persona esiste ancora un legame di parentela naturale o acquisita, per cui, anche se in misura limitata, potrebbe esserci il bisogno di sbrigare questioni familiari necessarie. Ciò nonostante non è come se vivesse nella stessa casa, dove i contatti e la conversazione non si potrebbero evitare. Dovremmo tenere bene in mente l’ispirata esortazione biblica: ‘Cessate di mischiarvi in compagnia di alcuno chiamato fratello che è fornicatore o avido . . . non mangiando nemmeno con un tal uomo’".
Finchè si condivide il medesimo ambiente abitativo, il comando di cessare di mischiarsi non è oggettivamente fattibile, ma quando un familiare disassociato abita altrove ciò può essere applicato con molta più facilità. [ continua]
"Né un obiettivo ricercatore di sociologia né un tribunale potrebbero senza difficoltà considerare l’apostata come una fonte di prove credibili o affidabili. Deve sempre essere visto come uno la cui storia personale lo predispone a pregiudizi per quanto riguarda il suo precedente impegno e la sua precedente affiliazione religiosa, e deve venire il sospetto che il suo comportamento dipenda da una personale motivazione di vendicarsi e di ritrovare la propria autostima, descrivendo se stesso prima come una vittima, e poi come un ‘crociato’ redento. Come vari casi hanno indicato, è verosimile che sia suggestionabile e pronto ad ingigantire o colorire i torti, per soddisfare quella specie di giornalisti che coltiva maggior interesse in una versione sensazionale che in un racconto oggettivo della verità". - Apostates and New Religious Movements, Los Angeles 1994, pag. 4. Bryan Ronald Wilson (1926-2004), inglese, insigne sociologo e presidente della International Society for the Sociology of Religion.
Termino l' intervento come promesso per dire due cose sul DAT ovvero il tesserino pre compilato che ci portiamo sempre dietro attestante la nostra volontà di non ricevere emotrasfusioni.
Stando a quanto ci è stato detto questa nuova disposizione ( che và a sostituire un precedente tesserino) solleva legalmente i medici da qualsiasi responsabilità legale nei nostri confronti nel caso non fossimo in grado di riaffermare il nostro rifiuto alle emotrasfusioni anche in situazioni in cui fossero "indispensabili" alla nostra sopravvivenza, secondo e questo lo dico a mò di rammemoratore ai confratelli di fede,ricordatevi di portarvi sempre appresso anche la ricevuta di deposito rilasciatavi dagli gli uffici comunali presso cui avete depositato copia della vostra DAT altrimenti in assenza di quella la dichiarazione che abbiamo compilata rischia di non essere legittimamente presa in considerazione.
Premetto subito che sono un Testimone di Geova da29 anni e appartengo alla congregazione di Modigliana, leggendo questo articolo che trovo interessante e per quanto ne capisca di leggi e normative statali mi sento di dire che lo trovo ben fatto e informativo ma aggiungerò a conclusione del mio intervento solo un paio di particolari che ci sono stati forniti in congregazione, premesso ciò mi sento in coscienza di dover intervenire per cercare di portare un pò di chiarezza nelle menti di lettori non Testimoni che potrebbero leggere le divergenti vedute di alcuni che hanno postato prima di me, il fratello ( di fede) Bruno ha postato la posizione presentata sul sito ufficiale della nostra organizzazione circa la disassociazione, e sù questo nulla da eccepire tranne per una sottigliezza, queste le sue testuali parole che riprendo " dove ha letto su ciò che ho riportato io la distinzione tra chi è in casa e chi vive fuori? ".
L' articolo effettivamente non menziona la distinzione di comportamento nei confronti di chi ancora vive sotto lo stesso tetto e chi no, ma le nostre pubblicazioni più di una volta hanno fatto questo distinguo asserendo che i vincoli familiari si rompono nel momento che uno si sgancia dalla famiglia di origine.
Per quanto da un lato mi secchi doverlo confermare ( più che altro perchè è ciò che consideriamo un oppositore) il sig. Roberto invece anche se in maniera nuda e cruda espone come stiano effettivamente le cose nei confronti dei disassociati/ dissociati.
Ammesso che non siamo tutti robot e quindi non standarizzati nell' applicazione di tali direttive, il nostro stesso sito ufficiale riporta ciò: "Tutti i componenti della congregazione possono mostrare amore basato sul principio evitando di parlare e di avere contatti con il disassociato" https://www.jw.org/it/pubblicazioni/riviste/w20150415/disassociazione-un-provvedimento-amorevole/
'Vi sono poche eccezioni al tono generalmente neutrale della maggior parte dei docenti universitari canadesi e al loro rifiuto della retorica anti-sette. La maggioranza degli studiosi dissente fortemente dalla tendenza ad usare la testimonianza di ex-membri'. - Irving Hexham, docente universitario di Studi Religiosi all’Università di Calgary (Alberta, Canada). Karla Poewe, storica e antropologa, professore emerito di antropologia all’Università di Calgary (Alberta, Canada) e docente alla Liverpool Hope University. New Religions and the Anticult Movement in Canada, in New Religious Movements in the 21st Century, ed. Lucas e Robbins, Londra 2004, pag. 247 (parafrasi).
Gradirei si discutesse degli argomenti presentati, piuttosto che usare l'artificio retorico del "argumentum ad hominem". Ho citato pubblicazioni della stessa Watchtower a sostegno di quello che dico.
Sarebbe forse meglio continuare la discussione in privato, dato che questo non mi pare essere il luogo adatto, l'articolo parla di altro. Avevo solo fatto delle precisazioni in quanto il sig. Bargiacchi aveva, nella sua prima risposta, tirato in ballo l'argomento.
Ho già invitato il sig. Bargiacchi ad un dibattito privato ma, ovviamente, non ho ricevuto risposta.
Invito anche il sig. "ELL", la mail la conosce, l'ho scritta sotto. O mi dia la sua che avrò cura di contattarla io stesso.
P.S. Non mi faccio chiamare "spampy", ho già messo foto e nome e cognome. Sempre disposto a chiarire la mia posizione e ad uno scambio di opinioni.
Nel rispetto del regolamento di questo forum mi asterrò dal pubblicare ulteriori esempi degli 'apprezzamenti' che gli ex-membri polemici di questa religione riservano ai testimoni di Geova. Sotto ho pubblicato un esempio neanche dei peggiori, e qui se ne può trovare un'ampia varietà (diverse centinaia):
Un elenco di 'apprezzamenti' rivolti da ex-testimoni di Geova dissidenti (una sparuta quota parte del totale degli ex-tdG e ancora di più dei tdG stessi) ai propri correligionari di un tempo:
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Ecco un esempio di come gli utenti di detto forum, che come potete vedere sono abituati a fare la morale su argomenti quali il rispetto della persona e ostracismo, apostrofano i testimoni di Geova (commento mai moderato):
"Mi viene da vomitare a sentire quanto sono viscidi e infami i componenti di questa setta malefica!"
L'utente che si fa chiamare 'spampy' scrive da un forum di fuoriusciti dissidenti dei testimoni di Geova (infotdgeova)
Ecco cosa affermano gli esperti (sociologi e docenti universitari di sociologia) di questa categoria di persone, in inglese denominata dei "former members" (= ex membri):
"Il membro deluso, e l’apostata, in particolare, sono informatori le cui prove devono essere utilizzate con circospezione. L’apostata ha generalmente bisogno di giustificare se stesso. Cerca di ricostruire il suo passato, di scusare le sue affiliazioni precedenti e di biasimare coloro che erano stati i suoi colleghi più prossimi. Non è dunque raro che impari a fabbricarsi una “storia di atrocità” per spiegare come — attraverso la manipolazione, l’inganno, la coercizione o le frodi — è stato prima condotto ad aderire, quindi gli è stato impedito di abbandonare un’organizzazione che oggi disapprova e condanna". - B.R.Wilson, The Social Dimensions of Sectarianism, Clarendon Press, Oxford 1990, p. 19. Bryan Ronald Wilson (1926-2004), inglese, insigne sociologo e presidente della International Society for the Sociology of Religion.
Roberto Spampinato, da Catania.
Ho messo anche una foto nel profilo per essere riconoscibile. Il mio numero telefonico glielo fornirò, se mai mi risponderà, in privato, qualora ce ne fosse necessità.
Le ho inviato una mail dall'indirizzo che uso per discussioni, forum e blog relative la religione dei TdG.
Detto questo, lei ha certamente tutto il diritto di non rispondere. Però mi farebbe piacere scambiare due chiacchere in privato con lei.
Buona giornata.
Il Sig. Bargiacchi è ANCHE interessato a propagandare la sua religione e fare proselitismo, ma non usa certamente QUESTA pagina. Il Sig. Bargiacchi quando si presenta alle porte o quando scrive usa il nome, il cognome, contatto telefonico e indirizzo e-mail contenente di nuovo il suo nome e cognome e aggiungendo la città di residenza. Si aspetta che i suoi interlocutori facciano altrettanto e poi quando sa con chi ha ha che fare si comporta di conseguenza. Ma questo non credo lo faccia solo il Sig. Bargiacchi. Presentandosi così chi è dall'altra parte ha tutto il diritto di rispondere oppure no, quando scrive gli altri hanno tutto il diritto di leggere oppure no. Quindi il Sig. Bargiacchi si aspetta che anche a lui sia riservato lo stesso diritto.
E con questa di nuovo mi scuso per aver abusato dello spazio che mi è stato dato andando fuori tema e troppo sul personale. Ringrazio per la pazienza e saluto
Evidentemente il Sig. Bargiacchi ha solo interesse a propagandare la sua religione e fare proselitismo se contattato da chi non conosce i TdG, ma evita accuratamente il dibattito, finanche in forma privata, con persone informate sulle reali dinamiche e procedure della sua organizzazione.
Le ho inviato qualche ora fa una email, attendo con ansia un suo riscontro così da spostare la discussione, come più opportuno, in privato. Confido che tenga fede alla sua dichiarazione di disponibilità al dialogo e al non "tirarsi indietro".
Buona giornata.
A me dispiace che continuiamo a non capirci. Vediamo: dove ha letto su ciò che ho riportato io la distinzione tra chi è in casa e chi vive fuori? Quando dico " i legami famigliari restano inalterati " che vuol dire in italiano? Ciò che cita lei ( video e torre di guardia) andrebbe visto in questo contesto e CASO PER CASO. Faccio un esempio: ogni religione incoraggia l'unità e buoni rapporti famigliari, poi però sentiamo che ci sono migliaia di guerre e diatribe in ogni famiglia per questioni di interesse,gelosie e quant'altro. I testimoni di Geova non sono fatti con lo stampo,tutti uguali. C'è una indicazione poi in base al carattere,le circostanze ecc ogni uno può applicarla in modo diverso. Qui mi fermo, siamo andati anche troppo fuori tema. Ma non mi tiro indietro, se qualcuno ne vuol sapere di più può contattarmi direttamente non ho problemi di privacy
Bruno Bargiacchi Arezzo cell ********* (ndr) e-mail ********* (ndr) qui chiudo. Grazie per lo spazio
Mi dispiace che lei cerchi di sviare l'opinione di chi non conosce i TdG riportando delle "mezze" verità.
"Chi si battezza come Testimone di Geova ma poi smette di svolgere l’attività di predicazione e magari non si associa più con i propri compagni di fede non viene evitato. Anzi, ci si sforza di mantenere i contatti e di ravvivare il suo interesse per le cose spirituali."
E questi sono quelli che chiamate "inattivi", cioè che non frequentano più le attività della congregazione ma rimangono TdG formalmente (soggetti quindi alle stesse regole e "controllo"). Quando uno smette di essere TdG, disassociato o dissociato, va evitato, come dispongono CHIARAMENTE video e pubblicazioni cartacee.
"Che dire se un uomo viene disassociato ma la moglie e i figli continuano a essere Testimoni di Geova? Dal punto di vista religioso le cose cambiano, ma i legami di sangue restano inalterati. Il vincolo coniugale e i normali rapporti familiari e affettivi proseguono."
Ed è infatti il caso in cui i familiari vivono "sotto lo stesso tetto" (nel caso in questione marito e moglie/figli). Ma quando un familiare non vive sotto lo stesso tetto o si trasferisce (un figlio che va a vivere da solo, ad esempio), va evitato, come mostrano CHIARAMENTE video e pubblicazioni cartacee.
"Chi è disassociato può frequentare le nostre funzioni religiose".
Non ho scritto diversamente, solo che a tali funzioni religiose verrà completamente ignorato da tutti. Gli rivolgeranno la parola solo gli Anziani di congregazione per questioni riguardanti la sua eventuale "domanda" di riassociazione o altre faccende simili. Può sinceramente affermare che non è così?
Sarebbe buona cosa evitare di mentire o sviare la realtà verso il pubblico che non conosce le dinamiche interne ai TdG e può facilmente essere convinto di una cosa che non è. In ogni caso, dato che non è giusto continuare qui, può contattarmi all'indirizzo ********* (ndr) per scambiare due opinioni sull'argomento in privato.
Lungi da me il desiderio di fare polemiche, comunque mi si ribatte e io accetto. Premesso che pensavo si dovesse discutere di questione etica,legale e medica e non di organizzazione interna, non mi tiro indietro. Lo faccio riportando per intero ciò che tutti possono leggere nel nostro sito ufficiale.
Chi si battezza come Testimone di Geova ma poi smette di svolgere l’attività di predicazione e magari non si associa più con i propri compagni di fede non viene evitato. Anzi, ci si sforza di mantenere i contatti e di ravvivare il suo interesse per le cose spirituali.
Neppure chi si rende responsabile di un grave errore viene disassociato, o allontanato, automaticamente. Tuttavia se un Testimone battezzato ha una condotta in contrasto con le norme morali della Bibbia e non si pente, viene disassociato. A questo riguardo la Bibbia si esprime in modo chiaro: “Rimuovete l’uomo malvagio di fra voi” (1 Corinti 5:13).
Che dire se un uomo viene disassociato ma la moglie e i figli continuano a essere Testimoni di Geova? Dal punto di vista religioso le cose cambiano, ma i legami di sangue restano inalterati. Il vincolo coniugale e i normali rapporti familiari e affettivi proseguono.
Chi è disassociato può frequentare le nostre funzioni religiose. Se lo desidera può anche ricevere assistenza spirituale da persone qualificate, gli anziani della congregazione. L’obiettivo è aiutare la persona a soddisfare nuovamente i requisiti necessari per essere un Testimone di Geova. Se chi è disassociato vuole tornare a far parte della congregazione è sempre benaccetto, purché abbandoni la sua condotta inappropriata e mostri il sincero desiderio di seguire le norme bibliche.
https://www.jw.org/it/testimoni-di-geova/domande-frequenti/evitare-ogni-contatto/
Questa è la posizione ufficiale, le altre sono interpretazioni e mancanza di informazione (del resto si nota anche sulle leggi riguardo al rifiuto emotrasfusionale) quando poi non sono menzogne e calunnie vere e proprie. Grazie Bruno Bargia
"In altri casi il parente disassociato non fa parte dell'immediata cerchia familiare o vive fuori casa. Anche se in qualche rara occasione dovesse rendersi necessario avere dei contatti per sbrigare questioni familiari, tali contatti dovrebbero essere mantenuti al minimo. I familiari leali non cercano scuse per avere a che fare con un parente disassociato che non vive sotto lo stesso tetto." (Libro "Mantenetevi nell'amore di Dio")
"Ci stiamo dimostrando santi evitando di stare in compagnia di disassociati, siano essi familiari o altri?" – La Torre di Guardia 15 Novembre 2014 p.14
"Ciò che il vostro familiare deve vedere in voi è la ferma determinazione a mettere Geova al di sopra di qualsiasi altra cosa, compresi i legami di parentela … Non cercate scuse per frequentare un familiare disassociato, ad esempio tramite e-mail" – La Torre di Guardia 15 Gennaio 2013 p.16
Alcuni video proiettati al congresso che mostrano genitori che mettono in pratica l'ostracismo verso i propri figli:
Soltanto alcune precisazioni al commento di Bruno Bargiacchi.
Il fatto che accettare una trasfusione da parte di un TdG non significhi "disassociazione" (espulsione da parte della congregazione) ma "dissociazione" (abbandono volontario della congregazione) è un tecnicismo: di fatto le sanzioni applicate sono le medesime, totale ostracismo da parte di tutti gli ex compagni di fede, familiari inclusi (specifico dopo). Il fatto che non sia automatico pure: bisogna passare al vaglio degli Anziani della Congregazione che se non considereranno "pentito" il "peccatore" ratificheranno la sua dissociazione "volontaria".
Come ben sappiamo dalla stessa ampia letteratura scritta e, adesso in formato video, della Watchtower, la disassociazione o la dissociazione comporta il totale ostracismo da parte degli ex compagni di fede, familiari inclusi. Gli ex-TdG non vanno neanche salutati, ne bisogna rivolgere a loro la parola. Persino dovessero assistere ad una delle loro adunanze, fin quando permane questo "status" siederanno in silenzio senza che nessuno neanche li saluti.
Tutto ciò è perfettamente verificabile attraverso le loro pubblicazioni e video, ma aggiungo solo qualche breve riferimento riguardo i "familiari" in un altro commento.
Nell'apprezzare l'articolo per la sua completezza mi permetto un paio di considerazioni. Nell'articolo è scritto :
1) “ Le conseguenze dell’accettazione sarebbero serie in quanto la persona potrebbe espulsa dalla congregazione e allontanata anche dai suoi familiari (se appartenenti), con i quali perderebbe ogni tipo di rapporto personale e religioso.
Due inesattezze. Primo: Non è esatto che la “persona sarebbe espulsa” caso mai sarebbe un atto di “dissociazione” e anche questo caso non è applicato automaticamente. Secondo non perde ogni tipo di rapporto con i familiari, ma come si può leggere nel sito
https://www.jw.org/it/testimoni-di-geova/domande-frequenti/evitare-ogni-contatto/
“Dal punto di vista religioso le cose cambiano, ma i legami di sangue restano inalterati. Il vincolo coniugale e i normali rapporti familiari e affettivi proseguono”
2) Nel vostro articolo viene più volte viene citato l ’Art. 54 del Codice Penale, che afferma lo stato di necessità se il paziente non è in condizioni di dare il consenso o esprimere il dissenso.
A seguire tre frasi da un recente articolo di consulenza legale https://www.laleggepertutti.it/285404_rifiuto-cure-mediche-come-fare
“Una recente ordinanza della Cassazione è intervenuta su questo delicato argomento, stabilendo la possibilità di nominare un amministratore di sostegno designato dal malato grave per rifiutare le cure in caso di sua impossibilità a prestare dissenso.
Secondo la Corte, il malato grave può sempre nominare un amministratore di sostegno – designato in anticipo all’interno di una scrittura privata – per rifiutare le cure mediche, nel caso di sua impossibilità a prestare il dissenso. “
Inoltre https://www.biodiritti.org/blog/roma-24-e-25-maggio-2019-aula-magna-suprema-corte-di-cassazione-responsabilit%C3%A0-giuridica-e-deontologica-degli-esercenti-le-professioni-sanitarie-e-diritti-dei-cittadini-pazienti
spampy78
8 commenti
Coscienza
#26
Il problema è che per il TDG il rifiuto della trasfusione non è una "scelta di coscienza". Chi decidesse che in base alla sua "coscienza" non commette nessun peccato accettando questa terapia, verrebbe espulso dalla congregazione con annesso ostracismo (in realtà verrebbe considerato automaticamente "dissociato", invece di "disassociato", ma è un tecnicismo, le sanzioni sono le stesse: completo isolamento sociale).
Questo senza contare che i bambini non prendono nessuna "scelta di coscienza", ma decidono i genitori per loro, anche se ciò dovesse significare lasciarli morire, se non ci sono alternative, come spesso accade, alle trasfusioni di sangue.