Sangue. C'è bisogno di sangue, donalo. Recita così il roll-up dell'Avis. Mi soffermo sovrappensiero sul cartellone mentre aspetto che le porte del Laboratorio Analisi si aprano di buon'ora anche stamattina. Sangue, straordinario tessuto fluido che ci scorre nelle vene e che, circolando, ci ossigena, ci nutre e ci dona la vita. Ci si svena, talvolta, a donare a qualcun altro non tanto il sangue quanto piuttosto il cuore, il tempo, l'energia. Se qualcosa ci appassiona, il sangue si fa più buono. E se, come si dice, il sangue non è acqua e il buon sangue non mente, ci sono valori e virtù che forse si trasmettono quasi geneticamente dai padri ai figli attraverso questo liquido più o meno scuro. La mia riflessione, quasi un'elegia sanguigna, viene interrotta dal primo paziente, il più mattutino. Me lo ritrovo già seduto sulla poltroncina verde della mia postazione e mi porge un po' a disagio il suo numero di prenotazione. Lascio perdere la mia vena poetica e mi concentro sul prelievo ematico.
Braccio, laccio, vena. È la Vigilia di Natale
Sangue. C'è bisogno di sangue, donalo .
Anche oggi fuori c'è tanta gente in fila, lungo il portico, in attesa dell'esame, sbircio fuori dalla grande finestra. Mi sento natalizia, con la divisa verde e tutto questo sangue che tengo tra le mani, provetta dopo provetta. A centinaia.
La rastrelliera rossa si riempie velocemente, di tutti i colori. A colpo d'occhio spicca il rosso della sierologia e il verde della chimica, le più prescritte dai medici di medicina generale per indagare sullo stato di salute delle persone.
Braccio, laccio, vena . Fatto il primo del turno, gli altri vengono da sé in una serie continua di movimenti ripetuti e coordinati, precisi e ben fatti, dalla disinfezione al cerotto. Tutto questo sangue raccolto in millilitri correttamente identificati viene poi portato ad ogni ora ai tecnici della Medicina di Laboratorio, branca che permette di diagnosticare numerose malattie attraverso lo studio del materiale biologico.
Fare un prelievo venoso , tra tutte le competenze di un infermiere, è la procedura eseguita più comune e diffusa ma mai banale. Sebbene si risolva in pochi minuti, inserire un ago in un avambraccio richiede una certa abilità.
Le braccia non sono tutte uguali. Le persone spesso hanno paura, quelle che hanno il nervo vago più sensibile svengono. Occorre saperle prendere per il verso giusto, vene e persone, e chiacchierare, se serve a distrarle e a pigliarle.
Bisogna saper muovere agilmente le mani, sciogliere la lingua oltre che il laccio emostatico e, nel contempo, sorridere per mettere a proprio agio chi si agita sui braccioli come sulle spine. Con i bambini, anche di pochi mesi, poi ci vuole maestria.
Le vene si cercano, si toccano, si palpano apprezzandone il turgore. Per sentirle, allorché non sono visibili, occorre attraversare la pelle usando i sensi per scendere con i polpastrelli ed immaginarle in profondità, nascoste tra le altre strutture anatomiche.
Giocano a nascondino, le vene. E spesso, per trovarle, dapprima chiudo gli occhi, mi concentro nella ricerca e conto di riuscirci al primo colpo. È una soddisfazione quando, alla venipuntura, il sangue refluisce e riempie la provetta. È bello sentire il paziente, piacevolmente sorpreso di non aver percepito nemmeno un fastidioso pizzicore. Elogiare l'infermiere tanto capace. Ci sono vene che invece fanno tribolare ma nessuno se ne va senza che un infermiere, tra tutti più esperto o più in vena quel giorno, alla fine non ci riesca.
Ci vuole responsabilità nell'eseguire un prelievo. Le vene sono delicate, intime. Bisogna mettere rispetto in questo atto semplice perché con quell'ago sottile che sentiamo bucare la pelle e la parete del vaso, tanto le dita diventano un tutt'uno con il dispositivo medico, sembra un po' di violare quel corpo che si affida alla nostra cura.
È quella responsabilità di cui mi sta raccontando il giovane studente che frequenta il corso di Tecnico di Radiologia mentre sto raccogliendo il suo emocromo. Sfilo la provetta lilla e continuo con le tante altre che gli servono per iniziare il suo primo tirocinio, disposte in ordine sul vassoio. Cosa ti piace della Radiologia? , gli chiedo prelevando la coagulazione.
Mi risponde che è l'anatomia radiologica ad affascinarlo. Mi piace la sua descrizione ma, alla chimica, scopro che in realtà la sua è una scelta secondaria. Avrebbe preferito fisioterapia ma c'erano pochi posti.
Non hai pensato ad Infermieristica, tra tutte le altre professioni sanitarie? , incalzo per indagare sulle passioni e sulle ragioni dei giovani aspiranti sanitari d'oggi.
Gli infermieri hanno troppa responsabilità
Il mio sangue rallenta, poi riparte. Fa un giro largo, si ripiglia. Come dargli torto, in fondo. Ma è proprio questa responsabilità a renderci unici e così diversi dagli altri profili. Forse è vero che l'infermieristica non è per tutti .
Ci vuole qualcosa in più per scegliere di diventare un infermiere o sentire di esserlo. Mentre attendo che si riempiano lentamente le ultime quattro provette del Quantiferon, ho ancora tutto il tempo per ascoltare i suoi sogni professionali e raccomandargli di riprovare fisioterapia.
Il turno della vigilia finisce. Domani è Natale
E non posso fare a meno di pensare, mentre riordino la postazione affinché sia pronta per il ritorno dai giorni festivi, che sarà ancora rosso di sangue, come tutto quello che ho visto oggi seppur senza toccarlo.
È rimasto sterile, un sangue lontano che permette distanza. Come se in realtà non fosse nemmeno un fluido corporeo ma soltanto un colore inodore, senza il suo sapore ferroso e la sua tipica densità viscosa. Nessuna goccia è andata perduta né ha macchiato la divisa, tutto è passato da un vaso ad un altro, un poco è rimasto tamponato nel batuffolo di cotone.
Il sangue, quello che impressiona sino ad inquietare e a lacrimare, è da un'altra parte, non qui tra queste provette d'ospedale. Sgorga dalle ferite del corpo, sulle strade incidentate e sui campi di battaglia. Rimane sulle lame dei coltelli degli assassini. Mi torna in mente d'improvviso l'odore dolciastro del sangue nella sala d'emergenza in Pronto soccorso, che resta sull'asse spinale e sui presidi di immobilizzazione.
È rosso come sangue il Natale degli ucraini e dei russi, sopra la neve di un altro inverno di guerra senza tregua. Sono rosse di fiamme e di fuoco anche la sabbia e le rovine di Gaza, le alture del Golan, i cedri del Libano e i campi profughi della Cisgiordania dove si muore sotto i bombardamenti.
Quest'anno anche in Siria il Natale è più rosso, come il sangue che ha macchiato pavimenti e pareti nel braccio rosso del carcere di Sednaya dove i corpi di migliaia di siriani, rastrellati per decenni nelle case e nelle strade di Damasco, sono stati torturati e schiacciati dalle presse, come si spreme l'uva nelle botti.
È rosso il Natale del giovane uomo annientato da dodici anni di prigionia, senza luce e senza aria, tirato fuori da una cella di questo posto dimenticato. Non ricorda più nemmeno il suo nome. Ed è rosso il cuore di una madre che ora rivendica, come suo, quel figlio sparito nell'inferno di Assad ed ora malato di orrore.
È rosso il Natale di Yasmine, la bambina partita con il fratello dalla Sierra Leone e salpata dalla Tunisia, miracolosamente scampata al naufragio durante una migrazione invernale. È rosso, come il suo sangue annacquato e quasi congelato dal freddo Mediterraneo mentre andava alla deriva tra i flutti nella notte, tenendosi a galla aggrappata ad una camera d'aria, unica superstite di un barcone di metallo con a bordo 45 migranti andati a fondo durante una tempesta.
Ma è rosso anche il calore che si sprigiona dalla coperta termica con cui i soccorritori della Trotamar III della ong Compass collective hanno avvolto la bambina africana per ridarle vita, colore e conforto, una volta al sicuro sul veliero, sino all'approdo a Lampedusa.
Nonostante tutto questo sangue innocente che non viene risparmiato nemmeno nei giorni che anticipano il giorno più santo dell'anno, mi conforta che ci sia ancora un senso profondo di umanità e di compassione ad animare, di un bel color rosso vivo, il buon cuore di uomini e donne, ovunque nel mondo.
Il sangue sta bene, comunque, soltanto nelle vene.
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