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Pressione intraddominale: Monitoraggio in Terapia Intensiva

di Francesca Gianfrancesco

Procedure

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La pressione intraddominale o IAP (Intra Abdominal Pressure) è la pressione presente nella cavità addominale allo stato stazionario. Per monitorarla, in pazienti chirurgici o medici, ci sono tecniche dirette e tecniche indirette. Il gold standard è rappresentato dalla trasmissione diretta della IAP alla vescica.

IAP: Cos'è, come e perché si effettua il monitoraggio

Paziente in terapia intensiva

La pressione intraddominale è un parametro importantissimo da valutare nei pazienti di terapia intensiva

La pressione intraddominale o IAP (Intra Abdominal Pressure) è la pressione presente nella cavità addominale allo stato stazionario.

L’addome può essere considerato una struttura chiusa, in parte rigida in parte elastica, compresa tra il diaframma superiormente e la pelvi inferiormente e in senso antero-posteriore tra parete muscolare, colonna e psoas.

Al suo interno la pressione varia fisiologicamente tra 0 e 3 mmHg, è marcatamente disomogenea e comunque dipendente da una serie di fattori quali la postura, condizioni patologiche, lo stato di contrazione dei muscoli addominali e respiratori e, non ultima, la fase respiratoria del momento.

Un aumento patologico della pressione intraddominale ha ripercussioni negative che portano a disfunzione e insufficienza multiorgano. L’ipertensione addominale (IAH) infatti compromette il circolo splenico, la funzione respiratoria, quella renale, quella cardiocircolatoria e neurologica.

La condizione più grave recata dalla IAH è la sindrome compartimentale addominale (Abdominal Compartment SyndromeACS). La misurazione della IAP consente una diagnosi precoce dell’ipertensione addominale e una strategia terapeutica immediata.

Come viene rilevata la IAP

In letteratura sono descritte diverse tecniche di misurazione della IAP racchiuse in due grandi tipologie:

  • tecnica diretta
  • tecnica indiretta

La tecnica diretta è quella più invasiva e viene eseguita tramite una puntura dell’addome con un ago tipo Verres o Abbocath che si connette ad un manometro tramite un raccordo, o in maniera continuativa tramite un catetere intraperitoneale connesso ad un trasduttore di pressione.

La rilevazione indiretta, invece, è certamente meno invasiva. Quella più comunemente utilizzata nelle Terapie Intensive è la rilevazione della pressione endo-vescicale (PEV), con trasduttore dedicato oppure con colonnina d’acqua.

Tale misurazione si basa sulla trasmissione diretta della IAP alla vescica ed è attualmente considerata come il “gold standard”.

Altre tipologie di misurazione indiretta sono la pressione rettale, la pressione della vena cava inferiore, la pressione intragastrica.

Affidabilità della misurazione

Per rendere veritiera e affidabile la misurazione bisogna accertarsi che:

  • il sistema sia privo di aria
  • le prolunghe che trasmettono il segnale al monitor siano rigide e non troppo lunghe
  • le connessioni siano ben salde e sia ridotto al minimo lo spazio morto
  • il monitor e il trasduttore siano calibrati (dopo aver collegato il trasduttore al monitor tramite il cavo di pressione selezionare una scala adeguata da 0 a 20 o 40)
  • il trasduttore sia fissato a livello della sinfisi o nella coscia
  • lo zero sia eseguito nel punto giusto.

Gli errori più frequenti durante la rilevazione della IAP

  • Il paziente non è in posizione supina: la posizione semiseduta determina un aumento della pressione degli organi addominali sulla vescica, dando quindi un valore superiore a quello reale. Inoltre altera il punto di repere standard. Per la posizione semiseduta a 30° l’aumento è pari a 3-5 mmHg. Per la posizione a 45° l’aumento è di 6-9 mmHg. Quindi nell’eventualità in cui il paziente non possa assumere una posizione supina, considerare lo scarto
  • Errato o mancato livello dello zero (linea ascellare media all’altezza della cresta iliaca)
  • L’utilizzo di un volume superiore a 25 ml nell’adulto per riempire la vescica:questo determina una distensione del detrusore vescicale determinando valori falsamente elevati
  • La via di deflusso del catetere non è stata clampata

Esistono comunque alcune condizioni patologiche che pregiudicano l’affidabilità della misurazione delle quali bisogna tener conto: traumi pelvici, vescica neurologica, ematomi o raccolte pelviche, aderenze peritoneali e tutte quelle condizione che alterano la compliance delle pareti vescicali.

La rilevazione della IAP dovrebbe avvenire ad intervalli di 4-6 ore, questo perché risulta più influente ai fini diagnostici e terapeutici avere un trand piuttosto che un singolo valore.

L’importanza del monitoraggio della pressione intraddominale

Un aumento della pressione intraddominale detta Intra Abdominal Hypertension (IAH) è uno dei fattori che può provocare una disfunzione multiorgano e i suoi effetti sono potenzialmente letali.

Un rialzo significativo e sostenuto nel tempo della IAP associato a disfunzione o insufficienza multi organo di nuova insorgenza è definito come Sindrome Compartimentale Addominale (ACS).

L’ipertensione addominale è un problema molto frequente soprattutto per determinate tipologie di pazienti, ma spesso sottovalutato. Essa può compromettere l’outcome anche in termini di mortalità.

Classificazione dell’ipertensione intraddominale (IAH)

Esistono diverse classificazioni della IAH, quella più comunemente accettata è proposta da Burch:

  • I grado: compresa fra 10 e 15 mmHg
  • II grado: compresa fra 15 e 25 mmHg
  • III grado: compresa tra 25 e 35 mmHg
  • IV grado: superiore a 35 mmHg.

A quali pazienti rilevare la IAP

L’ipertensione intraddominale si può osservare in pazienti sia medici che chirurgici. Bisogna prestare particolare attenzione a:

  • Pazienti chirurgici, sottoposti a chirurgia addominale maggiore o aneurisma della aorta
  • Pazienti con ischemia intestinale
  • Politraumi con coinvolgimento addominale
  • Pazienti con coagulopatie o sanguinamento massivo addominale
  • Pazienti con sepsi di origine addominale sia chirurgica che non.

Ipertensione intraddominale: Riconoscere i sintomi

L’infermiere di Terapia Intensiva riveste un ruolo fondamentale nel riconoscimento dei sintomi dell’IAH con conseguente ACS. Questo permette di pianificare un intervento deciso e risoluto per poter ridurre al minimo le conseguenze e ottimizzare i risultati, auspicando un esito favorevole.

I sintomi da considerare sono:

  • aumento significativo e costante della IAP;
  • distensione addominale;
  • oliguria;
  • acidosi metabolica
  • ipercapnia;
  • ipossia
  • aumento della PIC (qualora fosse monitorizzata)

All’infermiere dunque compete una gestione specifica per i pazienti con Sindrome Compartimentale Addominale (ACS), che deve prevedere:

  • Accuratezza nel monitoraggio emodinamico con particolare attenzione oltre alla rilevazione costante e valutazione dei segni vitali, al monitoraggio delle pressioni di riempimento e dei segni di perfusione (colore e temperatura delle estremità)
  • Controllo e gestione del dolore
  • il monitoraggio idro-elettrolitico con attenzione al bilancio entrate/uscite e all’equilibrio acido-basico
  • gestione dei drenaggi
  • supporto psicologico al paziente, qualora fosse possibile e alla famiglia.

L’aumento patologico della IAP, infatti, ha un impatto sostanziale su tutti gli organi e sistemi, determinando disfunzionalità ed insufficienza per compromissione diretta, come ad esempio sul diaframma che tende a spostarsi a livello cefalico con un incremento della pressione intra toracica (Intrathoracic Pressure -ITP) e conseguente decadimento della funzione polmonare e ripercussione sul cardiocircolo e l’emodinamica, o indiretta, come ad esempio sui reni che sono sensibili alle alterazioni del flusso ematico.

Per questo il monitoraggio della IAP e la gestione della ipertensione intraddominale e della sindrome compartimentale addominale richiede infermieri esperti, competenze avanzate, capacità decisionali e pensiero critico.

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