Rianimazione
Il ruolo dell’Infermiere in Terapia Intensiva e Rianimazione è sempre più specialistico e tecnico, anche se non trascende mai dalla dimensione umana dell’assistenza. Al centro di tutti gli interventi vi è sempre e comunque l’assistito. Il professionista infermiere è l’unico capace di garantire alla persona in situazione di potenziale o reale criticità vitale, un'assistenza completa e globale, anche attraverso l’utilizzo di strumenti e presidi tecnologicamente avanzati e informatizzati.
Infermiere di rianimazione nel contesto sanitario e assistenziale
Che i pazienti più gravi abbiano necessità di una maggiore assistenza e la conseguente scelta di raggrupparli in base all’intensità assistenziale venne avanzata non dai medici, ma dal personale infermieristico (Florence Nightingale, 1860).
Nonostante ciò, i primi letti ospedalieri dedicati all’alta intensità vennero attivati solo per la fase post-chirurgica neurologica, all’inizio degli anni ‘20 presso il Johns Hopkins Hospital negli USA.
È nella metà del secolo scorso, in relazione alle problematiche chirurgiche e traumatologiche emerse con gli eventi bellici della seconda Guerra Mondiale, che si sviluppa la Terapia Intensiva come oggi la conosciamo.
Successivamente, negli anni 1947/48, con la diffusione in Europa e negli USA della poliomielite, patologia associata frequentemente a paralisi respiratoria, furono messi a punto i ventilatori meccanici e i pazienti furono accorpati nelle prime Unità di Cura Intensive Respiratorie.
L'evoluzione della medicina, l’evolversi delle procedure chirurgiche e, più recentemente, la diffusione dei trapianti, hanno dato luogo ad un ruolo sempre più importante alla Terapia Intensiva post chirurgica.
Tale evoluzione ha dato origine a terapie intensive connesse a funzioni chirurgiche complesse e a terapie intensive di ambito non chirurgico con relative problematiche di insufficienza d’organo (polivalenti). Oltre a quelle post-chirurgiche, esistono Rianimazioni specializzate in settori specifici, come la neurochirurgica o la cardiochirurgica.
L'avvento della filosofia infermieristica, che pone l’attenzione alla globalità della persona e non solo alla patologia, ha inevitabilmente portato al superamento delle specializzazioni tipiche del contesto sanitario, per dirottarsi sul metaparadigma infermieristico: uomo, salute, contesto/ambiente, assistenza.
La Terapia Intensiva oggi
Nel contesto attuale con Terapia Intensiva identifichiamo un luogo in cui vengono collocate persone ad elevata criticità vitale, con necessità di cure intensive dovute al particolare stato di salute del paziente; dalla Terapia Intensiva non si verrà dimessi, ma solo trasferiti ad un altro livello di cura.
La peculiarità di questo setting di cura consiste nel supporto intensivo del paziente in toto, che comprende il controllo delle funzioni respiratorie, neurologiche, cardiovascolari, nefrologiche e il controllo dell'omeostasi metabolica e delle infezioni, tutto al fine di raggiungere il ripristino delle funzioni fisiologiche spontanee del paziente.
La definizione di Terapia Intensiva è stata delineata dall'Associazione degli Infermieri dell'Area Critica e dell’Emergenza (Aniarti) come l’insieme delle strutture ad alta intensità assistenziale e l’insieme delle situazioni caratterizzate dalla criticità/instabilità vitale del malato e delle complessità dell’approccio e dell’intervento assistenziale medico/infermieristico
(Congresso Nazionale ANIARTI, 2005).
Secondo questa definizione, quindi, i punti nevralgici attorno a cui nasce e si caratterizza una Unità di Terapia Intensiva (ICU) sono sostanzialmente tre:
- requisiti strutturali;
- criticità delle condizioni fisiche;
- alta complessità medico-assistenziale.
La definizione di area critica inevitabilmente necessita di revisionare anche la figura dell’infermiere di Terapia Intensiva, il quale si delinea come un professionista capace di garantire alla persona in situazione di potenziale o reale criticità vitale, un'assistenza completa e globale anche attraverso l’utilizzo di strumenti e presidi di rilevante componente tecnologica ed informatica.
L’Infermiere di Terapia Intensiva, inoltre, si impegna per:
- il mantenimento di un elevato livello di competenza;
- il contenimento dei fattori di rischio;
- la qualità delle prestazioni e dei servizi sanitari erogati.
Non più, quindi, un infermiere specializzato in Rianimazione, Cardiologia, Nefrologia, ecc., formato su modello paramedico, ma un infermiere dotato di competenze che lo rendono in grado di assistere il paziente nelle situazioni critiche di qualunque origine esse siano.
Il contesto lavorativo della Terapia Intensiva implica alti livelli di conoscenza, esperienza e specializzazione. Tra le competenze necessarie, il pensiero critico è determinante in un ambito così complesso, dove non bastano le conoscenze e l'aggiornamento continuo per garantire sicurezza e qualità assistenziale ai malati.
Al modello consolidato della medicina tradizionale degli ultimi decenni, incentrato sulla malattia e definito “desease centered” (Moja,1998), si contrappone il modello basato sull’assistenza focalizzata sul paziente, definibile come “patient centered care”.
Queste affermazioni presuppongono anche un rinnovamento culturale in senso psico-sociologico, portando a superare l’approccio di una medicina iperspecialistica con, al contrario, il recupero di un approccio di chi cura e assiste l’uomo come persona
(Cosmacini, 1995).
La tipologia di pazienti critici nel contesto attuale richiede un’accresciuta vigilanza e complesse cure erogate attraverso un team di professionisti sempre più qualificati a svolgere questo ruolo essenziale e prezioso; ne consegue che gli infermieri di Terapia Intensiva devono attingere ad un complesso repertorio di conoscenze specifiche tra le quali spiccano le competenze, l’esperienza e la valutazione del cambiamento di salute in atto.
Gli infermieri USA per certificare le loro competenze in Terapia Intensiva hanno aderito al modello Synergi (2003) incentrato sul paziente e sul concetto di base che le caratteristiche dei pazienti e delle loro famiglie guida le competenze degli infermieri che si prendono cura di loro.
Tale modello identifica otto caratteristiche dei pazienti e delle famiglie, che comprendono:
- la complessità;
- la vulnerabilità;
- la prevedibilità;
- la stabilità;
- la resilienza;
- la disponibilità delle risorse la partecipazione alla cura;
- la partecipazione al processo decisionale.
Da tale modello si evidenzia l’inevitabile accrescimento delle competenze dell’infermiere di Terapia Intensiva, le quali si articolano in 8 componenti: il giudizio clinico e di ragionamento, patrocinio, pratiche di assistenza, collaborazione, pensiero sistemico, la risposta alla diversità, l’indagine e la facilitazione dell’apprendimento.
Tra gli esiti auspicabili di un ricovero in Terapia Intensiva vanno considerati non solo la sopravvivenza rispetto alle condizioni acute, ma anche la qualità della vita successiva secondo un modello biopsicosociale.
Alla “dimensione disease” (la malattia nel senso fisiopatologico) si è affiancata, come per altre discipline cliniche e assistenziali, l’attenzione alla “dimensione illness” (il vissuto di malattia del paziente e le sue relazioni sociali).
Per quanto riguarda la relazione che alimenta i conflitti tra medici e infermieri deve essere chiara la consapevolezza che il medico non è l’unica figura competente per le decisioni di natura etica; il ruolo infermieristico all’interno del team multidisciplinare, infatti, dovrebbe essere rafforzato e valorizzato in quanto tali decisioni possono essere promosse grazie alle peculiarità tipiche delle professioni infermieristiche già enunciate precedentemente.
Tale contesto favorirebbe lo sviluppo, la valorizzazione e l’espressione delle competenze professionali, presupposti per garantire l’erogazione del miglior servizio possibile.
susanna.ferrari
1 commenti
ecm
#1
non fa accedere al test di gradimento e al test di apprendimento