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Procedura

Gestione del catetere vescicale nel paziente pediatrico

di Ilaria Campagna

Procedure

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Il cateterismo vescicale nei bambini rientra nell’ambito specifico dell’assistenza infermieristica e deve seguire particolari accorgimenti teorici e pratici. Alla base di tutto rimane un solo concetto: occorre evitare le infezioni e i traumatismi.

Catetere vescicale, procedura invasiva per grandi e piccini

bimbo-letto

Un piccolo paziente ricoverato

Molte sono le procedure poco piacevoli cui si può essere sottoposti durante la permanenza in ospedale, una fra tutte il cateterismo vescicale, introduzione temporanea o permanente di un catetere in vescica per via trans uretrale a scopo evacuativo, diagnostico o terapeutico.

Diverse sono inoltre le condizioni che possono esserne alla base: dall’ostruzione delle vie urinarie, alle disfunzioni neurologiche della vescica, da interventi chirurgici e ginecologici, alla necessità di controllo della diuresi in pazienti critici o dell’incontinenza urinaria e altro.

Che sia a breve permanenza, da pochi giorni ad un massimo di due settimane, o per una permanenza più lunga, l’obiettivo della cateterizzazione è sempre quello di far fronte, rispondendo in maniera adeguata, ad una situazione che ha carattere d’urgenza.

Di più semplice esecuzione nella donna, in cui l’uretra è più breve e rettilinea, la procedura è invece maggiormente impegnativa nell’uomo, in cui per ovvie ragioni anatomiche si corre il rischio di lesionare l’uretra e/o creare “false strade” causando notevole sofferenza al paziente e rendendo poi difficile il ripristino del naturale percorso anatomico.

Sono fasi estremamente delicate quelle dell’introduzione e della rimozione del catetere, pertanto è fondamentale possedere una solida padronanza della tecnica, lubrificare adeguatamente il catetere, meglio se con anestetico per non creare fastidi inutili e adottare misure utili ad evitare traumatismi dell’uretra che aprirebbero la strada a comorbilità e infezioni.

Non è solamente l’eventualità di danni meccanici in quanto tali a preoccupare, ma è immediata, oltre che statisticamente significativa, l’associazione tra il catetere e il rischio di infezioni delle vie urinarie, a loro volta buona parte del più ampio gruppo delle infezioni ospedaliere; è infatti piuttosto frequente che i soggetti cateterizzati vadano a sviluppare tanto a breve termine quanto ancor di più a lungo termine, delle infezioni, con un conseguente aumento di sequele in termini di salute, di durata della degenza ed entità dei costi per la sanità.

Proprio ai fini della riduzione delle infezioni delle vie urinarie legate a catetere, studi tengono vivo il dibattito sul confronto, in termini di migliore approccio, tra cateterismo cosiddetto sterile (lavaggio chirurgico delle mani, uso di guanti sterili, di soluzione a base di clorexidina, di catetere in confezione sterile, così come di lidocaina sterile per la lubrificazione e acqua sterile per l’ancoraggio) e cateterismo cosiddetto pulito (lavaggio sociale delle mani, uso di guanti non sterili, detersione con acqua e sapone, materiali sfusi e acqua non sterile per l’ancoraggio), pur propendendo per il primo, soprattutto se in relazione alla previsione di una lunga durata della cateterizzazione stessa.

Va da sé che ove possibile il catetere vada rimosso nel più breve lasso di tempo, ma anche che in caso sia necessario mantenerlo in sede, sia una gestione ottimale ad essere fondamentale ai fini della prevenzione della contaminazione intra e/o extraluminale di tutto il sistema di drenaggio; igiene accurata e quotidiana del meato urinario e sistemi chiusi di drenaggio sono punti fondamentali.

Il discorso riguardante la gestione è però ben più ampio ed è innegabile come una cateterizzazione, specie se di lunga durata, possa essere vissuta dal paziente con una certa dose di disagio, andando ad inficiare la sua qualità di vita.

È qui che assumono particolare rilevanza accorgimenti quali un adeguato fissaggio del catetere, così come l’utilizzo di presidi quali ad esempio le sacche da coscia, che seppur di non semplicissima gestione per mani poco esperte, garantiscono comunque una maggiore possibilità di movimento in libertà e di vita di relazione. Se la sacca da letto non comporta particolari problemi nei pazienti allettati, ecco che si trasforma in un vero e proprio impedimento per i soggetti normalmente deambulanti.

Il cateterismo vescicale nei bambini

Tutto quanto appena esposto è maggiormente vero se sono i bambini ad averne necessità; particolarmente fragili e sensibili, hanno bisogni che pur partendo da una base comune rispetto a quelli degli adulti, prendono via via una strada ed una forma a sé stanti.

La procedura di cateterizzazione, già di per sé piuttosto rara nel bambino, mette subito in risalto le prime differenze rispetto all’adulto: differenze anatomiche e tecniche, che potrebbero renderne l’esecuzione decisamente critica.

La giusta tecnica e la giusta manualità sono di fondamentale importanza, ma è proprio la rarità di esecuzione che potrebbe comportare una certa difficoltà nella stessa, con la conseguenza che un’adeguata formazione finalizzata a migliorare la qualità della procedura e di tutta l’assistenza ad essa legata è imprescindibile.

La cateterizzazione per il paziente pediatrico è, più che per chiunque altro, una procedura invasiva e dolorosa, pertanto è fondamentale renderla il meno traumatica possibile, scegliendo presidi adatti per flessibilità e misura, garantendo un’adeguata analgesia e allo stesso tempo attuando un approccio che non sia vissuto come una vera e propria aggressione e violazione dell’intimità. È fondamentale preservare il pudore e la riservatezza anche nel bambino.

Basilare è inoltre l’aiuto dei genitori nel calmare e distrarre il bambino durante la procedura, così come nel coadiuvare in seguito il personale sanitario nella valutazione di esiti, nella rilevazione di eventuali disagi e nel conforto.

Con i bambini ci si muove come all’interno di un negozio di cristallo, un negozio in cui è opportuno far quel che è necessario per la sua salvaguardia, ma stando ben attenti a non danneggiarne neanche una minima parte.

Il bambino, inoltre, sente più dell’adulto la necessità, se non impedito da gravi motivazioni, di muoversi, giocare ed avere una vita di relazione che sia normale per la sua età, non differenziandosi dai propri coetanei ed è man mano che si diventa grandi che si comprende meglio quel che si vive.

Il cateterismo può diventare un argomento sempre più delicato; è per questo che gli vanno garantiti nella maggior misura possibile una buona qualità di vita e il diritto al gioco e alla scuola, senza essere impedito in ciò dalla sua condizione di “cateterizzato”.

Paziente, famiglia ed operatori sanitari sono tenuti a prestare uguale attenzione a particolari quali possono essere il tubo del catetere, il suo ancoraggio, la sacca di raccolta, nonché ad eventuali segni e sintomi indicativi di infezione, al fine di attuare in modo tempestivo misure che siano, a seconda dei casi, preventive o risolutive di una situazione critica già in atto.

È compito dell’infermiere quello di rendere agevole tutto il percorso, decidendo insieme al bambino e alla famiglia quello che è il modo più adeguato di procedere, dando loro tutte le informazioni necessarie riguardo la gestione del catetere.

Sia il paziente (sempre in relazione all’età) che chi a vario titolo se ne prende cura, deve essere opportunamente formato sulla corretta gestione del presidio e ciò è maggiormente vero per un ambito come quello pediatrico dove i genitori (o chi per loro) svolgono un ruolo di primo piano nell’assistenza al figlio insieme all’équipe curante.

Coinvolgimento attivo, dunque, di tutti coloro che intervengono nel processo, incluso il bambino, il quale può così guadagnare un certo grado di indipendenza nella gestione di un qualcosa che, come il catetere vescicale, lo riguarda in prima persona e ne condiziona la quotidianità, acquisendo di conseguenza sempre maggiore fiducia in sé stesso e nelle proprie abilità.

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