Emodialisi
Il Catetere di Tesio è un Accesso Venoso Centrale utilizzato per effettuare il trattamento dialitico.
Gestione del CVC di Tesio
Si tratta di un catetere tunnellizzato cuffiato costituito da due lumi indipendenti l’uno dall’altro, posizionati in vena giugulare interna destra (talvolta, quando non accessibile la destra, posizionato in giugulare sinistra) e molto più raramente in vena femorale qualora gli accessi in giugulare non siano utilizzabili.
I due lumi separati consentono la circolazione del sangue nel circuito extracorporeo per la dialisi allo scopo di minimizzare il rischio del cosiddetto ricircolo, ovvero il rischio di aspirare nel vaso sangue già dializzato.
Esistono molti altri CVC per Emodialisi con caratteristiche diverse dai Tesio, ma con le medesime finalità. In passato il materiale di cui erano costituiti - in alcuni casi lo sono ancora - era il silicone; successivamente si è passati al poliuretano o alla sua variante in carbothane per la loro ottima biocompatibilità, che, seppur minore rispetto a quella del silicone, presenta un miglior rapporto diametro interno/esterno grazie alla maggior resistenza alla trazione con la possibilità di aumentare il lume interno del catetere potenziandone la portata che rappresenta il criterio principale che determina la performance del CVC.
A causa delle pareti più sottili i cateteri in poliuretano sono sottoposti più facilmente al “kinking”, “inginocchiamento”, rispetto al silicone.
Ciononostante, i cateteri di ultima generazione vengono sottoposti a processi di lavorazione per lumi kink-resistenti con flussi > di 400ml/min.
Rispetto ai materiali di cui sono costituiti le case produttrici danno indicazioni circa l’indicazione o la controindicazione degli agenti chimici utilizzati per la disinfezione della cute per la medicazione e delle connessioni.
In generale - e secondo le raccomandazioni del CDC di Atlanta - i Tesio in poliuretano sono compatibili con le seguenti soluzioni disinfettanti:
- Clorexidina gluconato 2% in soluzione alcolica o acquosa, che è l’agente disinfettante di prima scelta;
- Iodio Povidone 10% da utilizzare in alternativa alla Clorexidina in caso di eventuale intolleranza;
- Ipoclorito di sodio;
- altro, tra cui eventuali preparati antimicrobici come creme o unguenti.
Procedura d’inserimento del CVC di Tesio
Per quanto riguarda la procedura di impianto del CVC, la venipuntura ecoguidata è fortemente raccomandata (LG CDC 2011) poiché riduce la probabilità di insuccesso della manovra e riduce il rischio di complicanze rendendo più probabile l’impianto al primo tentativo.
Questa tecnica, inoltre, riduce il rischio di infezioni CVC correlate, poiché la manovra con maggiori possibilità di incannulamento al primo tentativo mantiene la procedura in asepsi rispetto alla procedura “alla cieca”, che può comportare il rischio di ripetuti tentativi di puntura.
Tuttavia la procedura, anche se eco-guidata, può presentare diverse complicanze.
Alcuni clinici classificano le complicanze in immediate (puntura arteriosa, aritmie, pneumotorace, embolia gassosa, ecc.), precoci (emotorace, sanguinamento, ematoma, ecc.) e tardive (infezioni, trombosi venosa profonda, malfunzionamento, occlusione endoluminale, ecc).
In ogni caso, le complicanze su cui vogliamo concentrarci sono le complicanze infettive, poiché vedono l’infermiere coinvolto in prima linea per quanto concerne la prevenzione e la corretta gestione del CVC.
Impianto di cateteri venosi centrali in aumento
Un fenomeno emergente è il ricorso sempre più crescente all’impianto dei CVC rispetto alle Fistole Artero-Venose (FAV).
Indubbiamente una delle ragioni risiede nell’invecchiamento della popolazione generale con il conseguente impoverimento del patrimonio vascolare in questi soggetti e il ricorso alla dialisi anche in soggetti molto anziani.
Altra ragione è la disponibilità o meno di una branca della chirurgia vascolare finalizzata al confezionamento delle FAV.
Di fatto, nonostante le raccomandazioni delle comunità scientifiche internazionali a ridurne l’uso, il ricorso ai CVC è in crescente aumento: negli Usa il 60-65% dei pazienti inizia il trattamento dialitico con un CVC e dopo due mesi il 46% lo usa ancora (C. Lomonte, c. Basile. Gestione del catetere venoso centrale: prevenzione della trombosi e della batteriemia).
Dato ancora più preoccupante è che l’infezione è responsabile del 30%-60% della rimozione del CVC in dialisi e i tassi di ospedalizzazione sono più alti nei pazienti con CVC rispetto a quelli con FAV.
I pazienti con CVC in dialisi hanno un rischio di morte per infezioni del 41% in più rispetto a quelli con FAV.
L’uso del CVC nei pazienti anziani sembra aumentare del 54% con il relativo aumento del rischio di mortalità entro 2 anni rispetto ai pazienti anziani con FAV e un rischio aumentato di mortalità di 3 volte entro 2 anni rispetto ai pazienti più giovani (età
Tra i pazienti anziani con CVC, l’aumentata mortalità sembra legata soprattutto alle infezioni e a complicanze cardiovascolari.
L’infezione può interessare l’exit site, il tunnel sottocutaneo, e/o causare una batteriemia.
È innegabile che nella gestione del CVC gioca un ruolo fondamentale la prevenzione delle infezioni in soggetti fortemente compromessi sia per la patologia di base sia perché sempre di più i portatori di CVC sono principalmente anziani.
Gestione dei CVC e prevenzione delle infezioni
Il ricorso alle evidenze scientifiche e alle Linee Guida è il primo passo per adottare strategie di prevenzione e controllo della complicanza infettiva.
La National Kidney Foundation ha diffuso nel 2006 le Kidney Disease Outcomes Quality Initiative (KDOQI) Clinical Practice Guideline for Hemodialysis; la Regione Toscana nel 2007 ha redatto il documento “Prevenzione e trattamento delle infezioni correlate al catetere venoso centrale”. Più recentemente le Linee Guida CDC di Atlanta 2011 e le Epic3: National Evidence-Based Guidelines for Preventing Healthcare-Associated Infections in NHS Hospitals in England del 2014.
Le principali raccomandazioni che emergono soprattutto nelle Linee Guida del CDC di Atlanta per quanto concerne gli accessi vascolari, compresi i CVC per dialisi sono le seguenti:
- la medicazione sterile è necessaria costantemente su tutti i cateteri venosi centrali, anche per i cateteri tunnellizzati cuffiati, almeno fino a quando la sede di inserzione non è ben guarita completamente. Nella gestione e nella sostituzione delle medicazioni, rispettare sempre la tecnica asettica;
- l’antisettico cutaneo di prima scelta è la Clorexidina >0.5% (Clorexidina 2%);
- in caso di controindicazioni alla Clorexidina, è possibile utilizzare uno iodoforo (iodopovidone) o alcool 70%;
- far asciugare bene l’antisettico cutaneo prima di applicare la medicazione; nel caso di soluzioni a base di Clorexidina alcolica, attendere almeno 30 secondi, per gli iodofori almeno 1,5- 2 minuti;
- sostituzione medicazione:
- le medicazioni con membrane semipermeabili trasparenti vanno sostituite almeno ogni 5-7 giorni;
- le medicazioni con garza e cerotto sterile almeno ogni 2 giorni. Non vi sono dati definitivi a proposito della superiorità delle medicazioni trasparenti rispetto a quelle con garza;
- in presenza di secrezioni del sito di emergenza, preferire medicazioni con garza;
- fissare bene le medicazioni, per ridurre il rischio di dislocazione;
- si possono utilizzare medicazioni a rilascio continuo di clorexidina sul sito di emergenza dei cateteri venosi centrali non tunnellizzati. Non è dimostrata la efficacia delle medicazioni a rilascio di clorexidina nei cateteri venosi centrali che rimangono oltre 14 giorni e nei casi in cui la fonte principale di infezione è intraluminale.
Per quanto riguarda le procedure di connessione/disconnessione del CVC al circuito extracorporeo al fine di prevenire la contaminazione intraluminale si raccomanda:
- utilizzare una tecnica asettica durante le procedure;
- dopo aver rimosso i tappi, disinfettare (in inglese la parola Scrub=strofinare) accuratamente gli HUB con Clorexidina 2% o alcol 70%;
- asciugare bene e non lasciare garze imbevute di disinfettante durante il trattamento;
- dopo aver aspirato la soluzione anticoagulante (eparina o citrato) lavare i lumi con soluzione fisiologica utilizzando la tecnica pulsata;
- lo stesso per le procedure di disconnessione.
Doveroso fare un piccolo accenno al Lock dei CVC per la prevenzione sia delle infezioni che delle trombosi.
Tradizionalmente il Lock del CVC in dialisi viene fatto con Eparina sodica pura. In alcuni studi è stato visto che utilizzando diverse concentrazioni di eparina, i casi di malfunzionamento e di sanguinamento erano sovrapponibili benchè l’uso di fibrinolitici fosse maggiore nei CVC chiusi con basse concentrazioni di eparina.
Altro problema legato all’eparina è il fenomeno dell’overspilling con conseguente rischio di sanguinamento. Recenti ricerche hanno dimostrato quanto sia cruciale il ruolo del biofilm (matrice glico-proteica secreta in parte dai batteri e in parte dalle proteine plasmatiche) nello sviluppo delle batteriemie CVC correlate, ma anche delle trombosi, in quanto favorisce oltre che la colonizzazione batterica, anche l’aggregazione piastrinica (alcuni studi ipotizzano un possibile ruolo dell’eparina nella formazione del Biofilm).
Benchè la pratica del Lock con citrato sia consolidata da anni, il suo impiego non è diffuso come quello con l’eparina. Il citrato ad alte concentrazioni non sembra avere minori complicanze rispetto all’eparina. Ciononostante pare che il citrato possa avere una attività antimicrobica intrinseca.
L’uso del citrato a bassa concentrazione (3.8%) sembrerebbe avere il vantaggio di permettere il buon funzionamento del CVC con minori effetti collaterali rispetto all’eparina, nonché avere una migliore resa nella prevenzione delle infezioni CVC correlate, oltre ad essere meno costoso.
Nei pazienti con elevata incidenza di infezioni per evitare la rimozione del CVC si può tentare la cosiddetta Lock Therapy, ovvero la chiusura con soluzioni antimicrobiche. Ci sono pochissime evidenze circa l’uso della Lock Therapy a scopo preventivo. Le LG CDC raccomandano l’uso del lock con antibiotici nei pazienti con storia di infezioni CVC correlate, ma con un livello di evidenza basso.
Come abbiamo visto, l’uso del CVC in dialisi è sempre più frequente con la conseguente necessità di implementare e aggiornare i protocolli operativi al fine di ridurre le complicanze, soprattutto quelle infettive, che impattano significativamente sulla mortalità dei pazienti in dialisi.
L’infermiere gioca un ruolo fondamentale, poiché egli non è solo un mero “utilizzatore” del presidio, ma è il professionista responsabile delle corrette misure preventive e dell’educazione propria e del paziente.
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