Ad oggi non ci sono prove efficaci su quale sia la frequenza ottimale per sostituire il catetere vescicale, ma la necessità di mantenere il catetere in situ dovrebbe essere rivalutata periodicamente e il catetere dovrebbe essere rimosso appena possibile per l’alto rischio di infezioni delle vie urinarie ad esso associate. Secondo le ultime linee guida dei CDC di Atlanta la sostituzione del catetere vescicale o della sacca di drenaggio, di routine o ad intervalli fissi prestabiliti non è raccomandata.
Cateterismo vescicale: ogni quanto e perché sostituire il catetere
Il catetere vescicale è un tubicino in lattice o silicone che viene introdotto in vescica attraverso l’uretra per favorire la fuoriuscita dell’urina all’esterno. Generalmente il suo utilizzo è richiesto per un breve periodo, ad esempio nei giorni successivi un intervento chirurgico, tuttavia alcune condizioni cliniche possono richiedere il suo utilizzo per un periodo più a lungo termine (patologie che causano una disfunzione nel riempimento e nello svuotamento vescicale, come ad esempio la sclerosi multipla o l’iperplasia prostatica benigna).
La formazione del personale sanitario e del soggetto sulla gestione corretta del catetere vescicale sono elementi fondamentali per ridurre il rischio di infezioni.
La prevalenza di utilizzo dei cateteri a lungo termine varia nei paesi e nei contesti di cura e le principali complicanze legate al suo utilizzo, documentate in letteratura, includono l’insorgenza di:
infezioni vescicali
sedimento legato al deposito di minerali
fuoriuscite di urina dal punto di inserzione.
La maggior parte dei microorganismi che causano infezioni del tratto urinario legate alla cateterizzazione derivano dalla colonia batterica perineale propria di ogni paziente e dalle mani degli operatori coinvolti nella procedura di cateterismo. Alcuni studi hanno dimostrato che la probabilità di isolare batteri nel tratto urinario aumenta del 3-6% per ogni giorno in più di permanenza del catetere in vescica.
Altre comuni complicanze, che richiedono assistenza, sono dovute per lo più all’insorgenza di:
perdite urinarie dal meato
ostruzioni o dislocamento accidentale del presidio (con un impatto non indifferente sulla qualità di vita e la soddisfazione del paziente) (Cooper, Alexander, Sinha, & Omar, 2016).
L’infermiere ha un ruolo centrale nella prevenzione delle infezioni delle vie urinarie associate all’uso del catetere ed è quindi fondamentale l’adozione di misure preventive idonee e di raccomandazioni evidence-based.
Un recente studio osservazionale (Tanya et al., 2018) non ha evidenziato beneficio nella sostituzione del catetere alla comparsa di infezione delle vie urinarie, non riscontrando un’associazione statisticamente significativa tra la sostituzione del catetere e l’insorgenza di sepsi o morte; la durata della degenza è stata inoltre di 2 giorni superiore in coloro che hanno sostituito il catetere.
Il principale limite di questo studio è dato dal disegno osservazionale (e non randomizzato controllato), ma ci può far riflettere sulla necessità di riposizionamento del catetere vescicale in pazienti che possono aver sviluppato delle aderenze o delle stenosi uretrali non consentendo, se non con estrema difficoltà, il riposizionamento del presidio, oppure la sua scarsa utilità in casi di prognosi infausta.
Per quanto riguarda la formazione del personale sanitario un altro studio (Seyhan Ak & Özbaş, 2018), su un campione di pazienti sottoposti a chirurgia dell’anca, ha dimostrato che un’educazione mirata agli infermieri sul rischio di infezioni delle vie urinarie correlate al catetere vescicale e una valutazione quotidiana del paziente (che includa lo stato mentale, la mobilizzazione e la necessità di mantenere in situ il catetere vescicale), sono in grado di ridurre i casi di infezione alle vie urinarie e la durata dei giorni di cateterismo.
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