Diabete
Con spalla congelata si identifica facilmente il distretto colpito da questa patologia, tuttavia, il termine non ha nulla a che vedere con la temperatura della spalla. Si tratta piuttosto di una condizione patologica che si manifesta con un dolore ingravescente, anche notturno e si trasforma in una netta rigidità del movimento sia attivo che passivo. Chi sviluppa la capsulite adesiva quasi nel 30% dei casi ha il diabete e il diabete stesso sembra aumentare i tempi di guarigione. Il Diabete di tipo 2 è più diffuso rispetto al tipo 1 e può rimane silente per lungo periodo; per questo motivo la spalla congelata deve essere considerato un campanello di allarme per il clinico, anche se il paziente non presenta altri segni della malattia. Si ipotizza che la progressiva fibrotizzazione delle componenti capsulari e legamentose dell’articolazione gleno-omerale sia causata dai prodotti di una glicosilazione alterata dai livelli di glucosio.
Che cos’è la spalla congelata
Condizione di infiammazione cronica e fibrosi proliferativa che inducono dolore intenso e limitazione funzionale del movimento, di cui non conosciamo esattamente il motivo scatenante.
Sappiamo che la frozen shoulder può essere idiopatica, oppure secondaria ad altre condizioni:
- Diabetica
- Distiroidea
- Da patologie del miocardio
- Da terapia con barbiturici
- Associata a calcificazioni
- Emiplegia
- Posizione obbligata prolungata
Come si arriva alla diagnosi di spalla congelata
La diagnosi di spalla congelata è sostanzialmente clinica, in quanto non compaiono alterazioni strutturali riscontrabili in Rx, che comunque risultano utili per escludere osteoartrosi o patologie maligne.
Un sostegno potrebbe arrivare dalla risonanza magnetica, che sembra rilevare efficacemente la fibrosi delle componenti capsulari e legamentose.
Spalla congelata e trattamento
Il trattamento globale della spalla congelata è un bilanciamento tra la terapia medica - per il contenimento del dolore - e quello fisioterapico, per il recupero del ROM (range of motion, ovvero l’ampiezza di movimento) sia passivo che attivo più funzionale e fisiologico possibile.
Ogni professionista del team ha le sue armi a disposizione.
Terapia medica
Antinfiammatori non steroidei e cortisonici per os, infiltrazioni articolari di cortisone e/o acido ialuronico aiuteranno il paziente a sostenere il dolore tra le 4 e le 6 settimane.
Il dosaggio sarà proporzionato al quadro clinico del paziente, soprattutto quello diabetico o con altre patologie associate. Per contro, non sembrano avere peso sul recupero a lungo termine.
Fisioterapia
Mobilizzazione manuale ed esercizio terapeutico sostengono il recupero rispettando la reattività del paziente nelle fasi Freezing e Frozen per non esacerbare il dolore. È fondamentale quindi la personalizzazione del programma fisioterapico e l’educazione alla gestione della patologia in una condizione che può ridurre molto l’autonomia e la qualità della vita per svariati mesi.
Il paziente diabetico andrà seguito con particolare attenzione: dolore e rigidità possono perdurare più a lungo rispetto alla media.
Terapia chirurgica
Qualora dolore e rigidità non fossero gestibili per il paziente nonostante i precedenti interventi si può valutare la carta chirurgica. Il chirurgo può optare per una lisi artroscopica delle aderenze fibrotiche, oppure per uno sblocco in narcosi. Si tratta di una manipolazione dell’articolazione gleno-omerale sotto sedazione generale del paziente.
L’assistenza al paziente diabetico con spalla congelata
Tutto il team di cura deve essere consapevole che i tempi di guarigione saranno dilatati e con esiti peggiori per il paziente diabetico. Si pensa che questo dipenda dall’infiammazione basale provocata dai maggiori livelli di glucosio circolante.
Nell’assistenza diretta a questi pazienti va posta particolare cura per non esacerbare i sintomi e prolungare la fase dolorosa. Qualora il paziente dovesse sottoporsi ad altre procedure diagnostiche o chirurgiche nelle fasi freezing e frozen sarebbe meglio evitare di posizionare l’arto oltre il Rom disponibile o usarlo come presa per i trasferimenti.
I caregiver vanno istruiti su come facilitare la vestizione e l’igiene personale, oppure consigliare al paziente stesso l’uso di un calzante lungo per infilare scarpe senza lacci.
Per questi pazienti il decubito laterale sul lato affetto è quasi immediatamente impossibile a causa del dolore e anche quello supino dopo poche ore lo diventa. Quasi tutti i pazienti riferiscono di poter dormire solo seduti in poltrona o con il sostegno di diversi cuscini.
Nell’esperienza possiamo dire che il classico impacco di ghiaccio applicato in regione omerale dona qualche tempo di sollievo dal dolore della fase acuta, mentre il caldo applicato in zona periscapolare aiuta a contrastare le contratture antalgiche e la rigidità del rachide secondaria alla scarsa mobilità. Il caldo applicato in zona omerale, invece, rischia di acutizzare il dolore, così come un’attività a bassa intensità, ma protratta nel tempo, come per esempio lavare i piatti o tagliare le verdure.
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