Diabete
Persone con diabete responsabili, attente ai controlli periodici e pronte a informarsi sulla propria patologia, ma usurate da burocrazia, attese lunghe e difficoltà nella vita quotidiana, soprattutto a scuola e nel passaggio all'età adulta. Ma anche grandi difficoltà per il rinnovo della patente e i permessi lavorativi fanno la loro parte. Le Regioni, inoltre, procedono in ordine sparso anche in presenza di un Piano nazionale diabete, con differenze rilevanti nella organizzazione dei servizi, nella messa a punto ed erogazione dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali, nella imposizione del ticket e nel controllo dei tempi di attesa con cui sono erogati i controlli. Il quadro sulla gestione della patologia diabetica, sull'attuazione del Piano nazionale Diabete e sulle esperienze dei pazienti emerge dal primo Rapporto civico “Diabete: tra la buona presa in carico e la crisi dei territori”, presentato oggi da Cittadinanzattiva, con il contributo non condizionato di Abbott.
Diabete, Cittadinanzattiva: Ridurre il peso della burocrazia
L'indagine, messa a punto da un tavolo di esperti ha coinvolto, tramite questionari online, 4.927 pazienti e 245 professionisti sanitari di tutta Italia. 15 invece le Regioni che hanno collaborato compilando il questionario messo a punto da Cittadinanzattiva e dal tavolo di lavoro multistakeholder: Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Trentino Alto Adige (Provincia autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento), Valle d'Aosta, Veneto. Il progetto ha visto il coinvolgimento di 10 organizzazioni professionali, sindacali e società scientifiche e cinque associazioni di persone con diabete.
A distanza di sei anni dall'approvazione del Piano Nazionale sulla Malattia Diabetica c’è ancora molto da fare per la piena e concreta attuazione dei diritti delle persone con diabete. Sono troppe e insopportabili le disuguaglianze regionali nell'accesso ai servizi e alle vere innovazioni tecnologiche. Approvare Piani nazionali, recepirli formalmente con delibere regionali e varare percorsi diagnostici terapeutici assistenziali non è sufficiente, serve maggiore e costante attività di verifica sostanziale da parte del ministero della Salute e delle Regioni sulla loro concreta attuazione, per assicurare cambiamenti nella vita quotidiana delle persone su tutto il territorio nazionale. Su questo punto bisogna davvero cambiare passo perché quando dalle parole si è passati davvero alle azioni, i cittadini ne hanno visto i risultati
. Queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile nazionale CnAmc di Cittadinanzattiva, che continua è inaccettabile che ancora quasi la metà dei pazienti sia obbligato a prenotarsi autonomamente visite ed esami di controllo. I centri di diabetologia, oggi in forte affanno, vanno rafforzati e integrati con i servizi territoriali. Per aumentare la capacità di risposta del Ssn bisogna valorizzare di più la figura del medico di famiglia anche rispetto alla possibilità di prescrivere terapie innovative, come pure le importanti competenze maturate dalla professione infermieristica. Ridurre il peso sui pazienti della burocrazia inutile è una necessità ineludibile, come pure affrontare e risolvere definitivamente il problema della somministrazione dei farmaci a scuola che ancora oggi obbliga intere famiglie a farsi carico in prima persona e tutti i giorni di quest’attività
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Le persone che hanno partecipato alla indagine sono affette in grande maggioranza (72,8%) da diabete di tipo 1, prevalentemente in età lavorativa attiva (40-64 anni) o genitori di bambini o ragazzi (17,5%). Sono persone responsabili ed esperte nella gestione della malattia, che effettuano le necessarie visite di controllo (il 65% ha consultato almeno una volta nell'ultimo anno un oculista ed il 40% un cardiologo) e tutti gli esami diagnostici necessari, e che svolgono regolarmente attività fisica (56,6%). Infatti, solo il 6% è dovuto ricorrere a un ricovero ospedaliero e oltre la metà non ha avuto complicanze nell'ultimo anno. Solo al 20,3% sono stati garantiti corsi sulla gestione della patologia e il 62% fa da tramite tra il medico di medicina generale e lo specialista per garantire l'integrazione. Si attende anche un anno per la prima visita diabetologica e un anno e mezzo per quella endocrinologica. E accade anche che i pazienti siano costretti a fare centinaia di chilometri per la visita di controllo al centro diabetologico e per un colloquio che in molti casi dura solo pochi minuti e non sempre con lo stesso specialista. La maggior parte (più del 47%) deve prenotare autonomamente le visite o gli esami di controllo; in egual percentuale deve ricordare tutte le visite da solo non essendoci un sistema di calendarizzazione degli appuntamenti. Chi fa uso di dispositivi innovativi per la gestione del diabete (40%) lo fa per lo più a proprie spese, ad esempio il 49,6% acquista i sensori per la glicemia privatamente, con lo smacco per di più che lo stesso dispositivo risulta essere gratuito in altre Regioni italiane.
Fnopi: Malati cronici spesso lasciati a se stessi
Il quadro che disegna il Rapporto di Cittadinanzattiva conferma un dato di fatto che da tempo la Federazione degli infermieri denuncia: c’è troppa burocrazia nell’assistenza ai malati cronici, garanzia di percorsi spesso solo sulla carta e innovazione a macchia di leopardo nelle Regioni. Insomma, i pazienti cronici sono troppo spesso lasciati soli.
"I malati cronici devono essere assistiti meglio, molto meglio di come lo sono finora e ovunque con la stessa cura e gli stessi diritti. E deve esserci necessariamente un cambio di rotta nel modello di assistenza del Servizio sanitario nazionale: ci si deve prendere cura delle persone con patologie croniche, perché siano assistite in modo complessivo, e non solo per quanto riguarda i sintomi specifici. Non si possono lasciare sole le famiglie e i malati a cercare assistenza e gli infermieri lo sanno e hanno le idee ben chiare in questo senso.
In questo ambito e grazie al lavoro multidisciplinare necessario, la funzione infermieristica contribuisce a orientare l'assistenza ai malati cronici basandosi su approcci di assistenza proattivi, richiamati anche nel modello dalla medicina di iniziativa. Questo modello sposta il focus dalla cura della cronicità, dalla gestione delle complicanze della malattia di base alle capacità ancora attivabili e/o residue sia della persona che dei suoi caregiver. Obiettivo è mantenere sotto controllo la malattia cronica e rendere la persona assistita capace di autogestire la propria condizione di salute e di malattia.
Sul territorio l'infermiere assicura la continuità della presenza e della presa in carico dei problemi (acuti/cronici) di salute e benessere per le persone fragili e per le loro famiglie/caregiver. Le competenze infermieristiche non solo favoriscono la personalizzazione degli impegni della persona verso la propria salute, riducendo il rischio di istituzionalizzazione/ospedalizzazione, ma creano con il medico di medicina generale un’alleanza che fa da tramite tra le esigenze della persona assistita e il medico di fiducia; favorisce condizioni e relazioni per raggiungere gli obiettivi di salute e mantenimento della persona assistita, coerentemente con gli obiettivi terapeutici previsti. Il medico di medicina generale può focalizzarsi sui problemi di salute più complessi dal punto di vista clinico-terapeutico e affida i casi più emblematici dal punto di vista della cronicità (stabilità clinica e aderenza terapeutica, comportamenti e stili di vita) all'infermiere sul territorio, nell’ottica della cooperazione professionale e condivisione della pianificazione delle cure alla persona."
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