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Patologia

Febbre emorragica di Marburg

di Monica Vaccaretti

La febbre emorragica di Marburg (Marburg Haemorragic Fever, MHF) è una grave malattia infettiva virale altamente letale. Il virus Marburg è una zoonosi, un salto di specie. Infetta sia gli umani che i primati non umani. La trasmissione interumana è per contatto diretto con sangue e fluidi corporei di un soggetto infetto e per contatto indiretto attraverso oggetti e superfici contaminate. La malattia ha un periodo di incubazione di circa 5-10 giorni, talvolta varia dai 2 ai 21 giorni. Esordisce improvvisamente con segni e sintomi non specifici. Il quadro clinico peggiora quando si manifesta la sintomatologia tipica della febbre emorragica: petecchie, emorragie mucosali e gastrointestinali e sanguinamenti dai siti di prelievo venoso.

Cos’è la febbre emorragica di Marburg

La MHF è endemica nell'Africa centrale ed è in genere descritta in piccoli focolai epidemici sporadici (< 50 casi), anche se nel 2004-2005 è stata registrata in Angola un'estesa epidemia nosocomiale (>250 casi)

Nota come malattia da virus Marburg (Marburg Virus Desease, MVD), la febbre emorragica di Marburg è causata da un virus della famiglia dei Filoviridae, il Marburg marburgvirus (MARV).

Alla stessa famiglia virale, tra le più virulente, appartiene il virus Ebola e, sebbene siano due virus microbiologicamente distinti, causano malattie clinicamente molto simili e con simili tassi di letalità, circa del 50%.

Nei periodi di picco la mortalità può raggiungere il 90% dei casi, come avvenne in Congo secondo il bollettino dell'Oms. Seppur molto rare, entrambe le malattie hanno la capacità di causare epidemie drammatiche ad elevata mortalità, come quella del Congo (1998-2000) e in Angola nel 2004.

Il virus Marburg è una zoonosi, un salto di specie. Infetta sia gli umani che i primati non umani. Fu identificato e descritto per la prima volta nel 1967 nel corso di due epidemie di febbre emorragica. Le 31 infezioni, che causarono 7 decessi, si verificarono contemporaneamente in alcuni laboratori tedeschi, a Francoforte e a Marburg, e in Serbia, a Belgrado dopo l'importazione di scimmie provenienti dall'Uganda.

Secondo i dati epidemiologici, da allora si sono registrati sporadici focolai locali in alcuni stati africani subsahariani, come in Sud Africa nel 1975 e in Kenya tra il 1980 e il 1987. Alcuni casi segnalati fuori dall'Africa si riferiscono a viaggiatori di rientro. L'ultima comparsa del virus di Marburg è stata nel luglio 2022, in Ghana. Nel 2021 erano stati segnalati pochi casi in Guinea.

Incubazione e sintomi di febbre emorragica di Marburg

La malattia ha un periodo di incubazione di circa 5-10 giorni, talvolta varia dai 2 ai 21 giorni. Esordisce improvvisamente con segni e sintomi non specifici. La febbre è alta sino ai 39-40° C, compare grave cefalea, insorgono brividi con malessere generale e dolori muscolari diffusi.

Dopo tre giorni possono comparire dolori addominali crampiformi, nausea con vomito, diarrea acquosa. Tali sintomi possono perdurare anche per una settimana. Dal quinto al settimo giorno compare sul volto e sul collo un segno caratteristico, un esantema maculopapulare non pruriginoso che si estende poi anche agli arti.

Il quadro clinico peggiora quando si manifesta la sintomatologia tipica della febbre emorragica: petecchie, emorragie mucosali e gastrointestinali e sanguinamenti dai siti di prelievo venoso. Segni neurologici – come disorientamento, agitazione, convulsioni( e stato comatoso – peggiorano ulteriormente il quadro clinico.

Il soggetto appare letargico e con alterazioni mentali gravi. Generalmente entro una settimana dall'esordio nei casi gravi si manifesta coagulazione intravascolare disseminata (CID), linfocitopenia e trombocitopenia. Nella seconda settimana di malattia possono comparire epato-splenomegalia ed edema facciale e scrotale.

La letalità è correlata alla gestione terapeutica e al ceppo virale

La possibilità di sopravvivenza è legata alla diagnosi precoce e al trattamento tempestivo. Si muore, dopo circa 8-16 giorni dall'esordio dei sintomi, per disidratazione, emorragie interne e insufficienza multiorgano.

La morte avviene per collasso cardiocircolatorio a causa di sanguinamenti diffusi. Si sanguina dentro e sanguinano gli orifizi esterni. Dal naso, dalle gengive, dalla vagina. Organi e tessuti presentano necrosi focale sin dalle prime fasi della malattia. In caso di sopravvivenza la convalescenza è molto lunga, perché la debilitazione è importante, con possibili complicanze come miocardite e pancreatite.

Come si trasmette la febbre emorragica di Marburg

La trasmissione interumana è per contatto diretto con sangue e fluidi corporei di un soggetto infetto e per contatto indiretto attraverso oggetti e superfici contaminate. Nell'ambiente e nei liquidi il virus può resistere per molti giorni e può essere inattivato dalle radiazioni gamma, dal riscaldamento a 60° C per un'ora o ebollizione per 5 minuti. Risulta inoltre sensibile a diversi disinfettanti. Un'altra possibile via di contagio è il contatto con animali infetti, vivi o morti, e il consumo delle loro carni.

Il rischio di trasmissione, trascurabile durante l'incubazione, è maggiore durante le ultime fasi della malattia in presenza di vomito, diarrea e sanguinamento. Anche se i dati sono limitati, ci sono tuttavia evidenze, supportate anche dalla sua somiglianza con Ebola, che il virus è presente nell'urina, nella saliva, nelle feci oltre che nel vomito e nello sperma, dove può persistere anche dopo la fase acuta.

La popolazione reservoir, che non mostra segni visibili della malattia, è animale. Anche se non sono ancora note le modalità di spillover dall'animale all'uomo, si ritiene che nella trasmissione del virus sia responsabile il pipistrello della frutta africano della specie Rousettus aegyptiacus. Lo hanno evidenziato alcuni studi, secondo i quali la maggior parte dei focolai in Africa è associata alla frequentazione umana di ambienti popolati da questi pipistrelli nelle caverne e nelle miniere.

Diagnosi di malattia da virus Marburg

La malattia da virus Marburg è diagnosticata attraverso indagini di laboratorio poiché clinicamente i segni e i sintomi aspecifici sono comuni a molte malattie infettive - come la malaria, la febbre tifoide e la dengue - e ad altre febbri emorragiche come Ebola e la febbre di Lassa.

Il sospetto può essere confermato dall'isolamento del virus, il metodo più attendibile che richiede tuttavia di essere eseguito in laboratori ad alto biocontenimento dove il campione viene manipolato con la massima sicurezza.

Così il metodo alternativo più adottato nella diagnosi di MVD è il test molecolare RT-PCR (reazione a catena della polimerasi), considerato comunque sensibile, specifico ed efficace. Permette di individuare il genoma o di ricercare gli antigeni già nelle prime fasi della malattia, quando il titolo virale nel sangue è molto elevato.

ELISA e IFA sono altre due indagini sierologiche, che ricercano anticorpi, utili per la diagnosi. Se si riscontrano IgM per virus di Marburg significa che l'infezione è recente, possono essere identificate già dopo 2-4 giorni dall'esordio dei sintomi. Le IgG, che possono persistere sino a due anni dalla malattia nei sopravvissuti all'infezione acuta, possono essere rilevate dopo 8-10 giorni.

Tuttavia, i campioni sierologici non sempre possono essere eseguiti, non se ne ha il tempo considerando che i soggetti infettati da un filovirus come Marburg muoiono prima di aver generato una risposta immunitaria umorale.

Gli esami ematochimici evidenziano leucopenia, neutropenia, piastrinopenia. Per la sofferenza di molti organi colpiti si sviluppano ipoproteinemia, aumento delle transaminasi, proteinuria, aumento dell'azotemia. È necessario identificare precocemente i casi, procedere tempestivamente all'isolamento dei soggetti infetti, tracciare i contatti, utilizzare adeguati dispositivi di protezione individuale, procedere alla sepoltura con misure di sicurezza. È la strategia di controllo della diffusione di qualsiasi virus, soprattutto se letali come Ebola e Marburg, con l'obiettivo principale di interrompere la trasmissione interumana.

Nella prevenzione è fondamentale la comunicazione efficace per migliorare la consapevolezza dei fattori di rischio nella popolazione suscettibile. Evitare ambienti come grotte e miniere durante i viaggi è sempre fortemente raccomandato dall'Oms ai viaggiatori in tutto il mondo, alla luce delle indagini epidemiologiche.

Trattamento

Non esistono vaccini né trattamenti antivirali specifici. La terapia, soltanto di supporto, consiste nel mantenimento dell'idratazione e degli elettroliti e nella somministrazione di trasfusioni ematiche e ossigenoterapia.

In caso di CID, coagulazione intravasale disseminata, si può ricorrere all'eparina. Sono state proposte terapie a base di siero di soggetti guarite ma non esistono attualmente evidenze scientifiche.

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