Responsabilità Professionale
Proseguendo l’analisi del processo di terapia l’attenzione va ora focalizzata sul preciso momento della conservazione dei farmaci, fase antecedente alla preparazione-distribuzione-somministrazione, ma di altrettanta delicatezza nel continuum procedimentale della cura farmacologica della persona assistita.
Che rischi deve scongiurare l'infermiere nella conservazione farmaci?
La conservazione del farmaco rientra nella gestione logistica delle risorse in ambito sanitario, la cui organizzazione nell’ultimo decennio è al centro di analisi e revisioni promosse allo scopo di soddisfare la sempre maggiore necessità di efficienza economica (il flusso dei farmaci nelle strutture sanitarie ha un peso enorme in termini di costi) e, simultaneamente, in ottemperanza alle esigenze di contenimento degli errori derivanti dall’attività terapeutica, a tutela dell’utenza.
La cosiddetta ”gestione clinica del farmaco” è il risultato dell’attuale integrazione in un unico macro-processo di due fasi tecnicamente differenti:
- il processo di terapia in senso stretto, operato dalle figure del medico e dell’infermiere;
- la gestione del materiale farmaceutico lungo tutto il flusso della singola struttura sanitaria.
Le figure coinvolte nella filiera risultano molteplici (farmacisti, impiegati, medici, informatori farmaceutici, infermieri, coordinatori) e appartenenti ad ambiti differenti (amministrativo, tecnico, sanitario).
Gli ”attori” principali nella gestione del flusso dei farmaci sono i luoghi di farmacia e le unità operative sanitarie (reparti, nuclei, unità operative) in uno sviluppo circolare del processo in questione, nonostante l’apparente linearità della filiera: infatti è il feed-back esistente tra i due micro-sistemi ad assicurare la corretta logistica delle materie di cura farmacologica.
Omettendo la fase amministrativa per ovvie ragioni di pertinenza e spazio, focalizziamo l’attenzione sulle attività svolte nei reparti di assistenza sanitaria. Approvvigionamento e stoccaggio dei farmaci, allestimento dei carrelli di terapia: di questo in concreto si occupa la figura infermieristica in collaborazione con il relativo coordinatore di unità, cioè della loro corretta conservazione nei luoghi di diagnosi e cura.
I rischi derivanti da tali attività sono:
- l’obsolescenza dei farmaci di uso meno corrente;
- l’allocazione in luoghi inidonei alla corretta conservazione;
- la permanenza in locali accessibili ai non addetti ai lavori;
- gli errori di somministrazione.
Il carrello della terapia è l’ausilio principale cui l’infermiere ricorre per effettuare la distribuzione e la somministrazione delle terapie; questo costituisce l’unità mobile di stoccaggio pronta all’uso ed in esso è allestita la riserva corrente delle formulazioni utilizzate quotidianamente. Risulta ovviamente esclusiva la sua responsabilità nella corretta conservazione dei medicamenti al suo interno.
Il controllo giornaliero sembrerebbe scontato, in quanto derivante dall’assidua utilizzazione nonché dal tempestivo rifornimento, ma in realtà è necessario provvedervi ulteriormente in un momento separato dall’attività di distribuzione-somministrazione per prendere atto di eventuali interruzioni di terapia e provvedere alla rimozione dei relativi farmaci non più utili.
Purché minimo, il rischio di giacenze inutilizzate esiste, soprattutto in realtà residenziali con un elevato numero di molecole correnti (su tutte le RSA). Riguardo al carrello va sottolineato che tale strumento dovrebbe essere dotato di sistema di chiusura a chiave qualora le caratteristiche organizzativo-ambientali impongano il suo stazionamento, anche solo per brevi periodi, in luoghi accessibili a persone non addette alla somministrazione.
Il momento del rifornimento del carrello è propedeutico alla verifica delle scorte di reparto e alla segnalazione di eventuali fabbisogni emergenti. In tal senso il rischio cui l’infermiere si espone è quello di una indisponibilità di materiale e la conseguente impossibilità di somministrazioni puntuali; evenienza ormai rara (ogni realtà operativa dispone di strumenti per la rilevazione anticipata della rarefazione delle scorte, come le check-list a compilazione aperta), ma non irreale, considerate le sempre maggiori razionalizzazioni (per usare un eufemismo) delle risorse in sanità.
Il rifornimento del carrello di terapia, a sua volta, fa parte della fase di analisi dei fabbisogni, organizzata in operazioni periodiche e precisamente prestabilite dall’équipe infermieristica per garantire l’adeguata verifica del preciso approvvigionamento, che nel processo di gestione del flusso dei farmaci risulta essere l’item più importante, in quanto presupposto della successiva richiesta di fornitura alla farmacia.
Tale richiesta è l’output al quale seguirà l’input di ricezione dei farmaci, aprendo la nuova fase di stoccaggio: della ricezione risponde formalmente la figura del coordinatore (in quanto responsabile sul piano organizzativo-gestionale del personale infermieristico, dei processi di natura sanitaria e delle risorse tecnico-strumentali) attraverso la siglatura del documento di consegna e appurando la corrispondenza tra i quantitativi richiesti e quelli ricevuti, nonché tra quelli rappresentati in documento di consegna e quelli materialmente consegnati.
Il coordinatore provvede poi, in collaborazione con l’infermiere, ad allocare correttamente i farmaci pervenuti, in base alle caratteristiche del singolo medicamento, secondo le indicazioni delle case produttrici e alle caratteristiche peculiari dell’unità operativa di appartenenza.
Operazione periodicamente prevista in ogni realtà per prevenire l’obsolescenza del materiale stoccato è quella del controllo delle date di scadenza; seppure in giurisprudenza non sia stato configurato il reato ex art.443 c.p. per la mera detenzione di farmaci scaduti, è altresì inconfutabile la sua configurabilità qualora il farmaco venga somministrato, concretizzandosi un concorso tra coordinatore (responsabile a norma dell'art. 41 del DPR 128/1969, ancora richiamato dalla giurisprudenza di legittimità) e infermiere, come precisato dalla Sezione Penale della Cassazione in consolidato orientamento.
Medesimo discorso è quello riguardante le sostanze venefiche (fiale ad utilizzo endovenoso di potassio cloruro, glucosio al 33%, solfato di magnesio) da stoccare in luoghi non usualmente accessibili, onde evitarne l’erroneo utilizzo (vedi su tutte, Corte di Cassazione sent. 1878/2000).
Parentesi a sé quella riguardante i farmaci stupefacenti, la cui gestione è regolata all’uopo (DPR 309/90, Legge 12/2001 e DM 3 agosto 2001) e prevede la responsabilità dell’infermiere per la redazione, del coordinatore per la tenuta, del registro di movimentazione: per tali medicamenti è fatto altresì obbligo di conservazione in apposito armadio chiuso, la cui chiave sia custodita dal coordinatore o, in sua assenza, dall’infermiere di turno. Le responsabilità in materia sono di carattere penale.
Da tutto questo possiamo constatare quanto sia complesso il processo di gestione del flusso dei farmaci, sia su un piano squisitamente organizzativo che rispetto al quadro di responsabilità multilivello. In particolare, dal panorama delle varie dimensioni di manipolazione del farmaco spettanti all’infermiere, in quanto responsabile dell’assistenza generale, emerge un insieme di doveri, il cui scopo ultimo non deve essere frainteso.
Della salute e del soggetto bisognoso di assistenza la figura infermieristica si occupa in primis e l’idea di rispondere di eventuali danni provocati all’assistito deve stimolare il professionista maturo ad una presa di posizione consapevole: di cautela, di difesa e di protezione rispetto a chi nelle sue mani si pone, affidandogli il proprio corpo e permettendogli di introdurvi sostanze complesse, chimicamente prodotte, benefiche solo, e - si badi - solo in determinate concentrazioni e condizioni. Condizioni che la corretta conservazione dei farmaci assicura.
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