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Infezioni correlate all’assistenza - ICA

di Ilaria Campagna

Insorgono almeno 48 ore dopo il ricovero in ospedale, entro 30 giorni da un intervento chirurgico o entro i 3 giorni successivi alle dimissioni in un paziente in cui al momento dell’ingresso in ospedale non erano presenti né come manifeste, né in incubazione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) si verificano infatti in ambito assistenziale, come la complicanza più grave e frequente dell’assistenza sanitaria stessa. Nello specifico le infezioni correlate all’assistenza si dividono in: infezioni da contaminazione incrociata, infezioni del flusso sanguigno associate a catetere centrale, infezioni del tratto urinario associate a catetere, infezioni del sito chirurgico e polmoniti associate a ventilatore. I microrganismi responsabili possono essere diversi e variare nel tempo e comprendono Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus. Anche i fattori di rischio possono essere molteplici e tra questi troviamo età, indebolimento delle difese immunitarie, scarsa igiene ambientale ospedaliera, infezioni o malattie concomitanti, inadeguata igiene delle mani degli operatori, scarsa prevenzione e controllo delle infezioni in ambito assistenziale, utilizzo prolungato di dispositivi medici invasivi. La diagnosi precoce e il trattamento sono fondamentali ai fini di una buona prognosi; al contrario, il rischio di morte è molto elevato.

Cosa sono le infezioni correlate all’assistenza

In Italia, ogni anno sono tra le 450 e le 700 mila le infezioni correlate all’assistenza

Le infezioni correlate all’assistenza (ICA), secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno un impatto clinico ed economico molto rilevante in termini di prolungamento della degenza, della disabilità a lungo termine, della mortalità, dell’aumento dell’antibiotico-resistenza e del maggiore carico economico - 7 miliardi di euro in Europa e tra i 28 e 45 miliardi di dollari negli Stati Uniti - per pazienti, famiglie e sistemi sanitari.

Nei paesi industrializzati la prevalenza delle infezioni correlate all’assistenza va infatti dal 3,5% al 12%. In Europa ogni anno sono 4,1 milioni le persone colpite da infezioni correlate all’assistenza sanitaria, con 16 milioni (6%) di giornate di degenza aggiuntive e circa 37.000 decessi.

In Italia nello specifico, ogni anno sono tra le 450 e le 700 mila le infezioni correlate all’assistenza, tra cui al primo posto troviamo le infezioni delle vie urinarie, seguite dalle infezioni della ferita chirurgica, le polmoniti e le sepsi.

Le infezioni correlate all’assistenza sono infezioni che insorgono almeno 48 ore dopo il ricovero in ospedale, entro 30 giorni da un intervento chirurgico, o entro i 3 giorni successivi alle dimissioni in un paziente in cui al momento dell’ingresso in ospedale non erano presenti né come manifeste, né in incubazione.

Le infezioni correlate all’assistenza si verificano infatti in ambito assistenziale come la complicanza più grave e frequente dell’assistenza sanitaria stessa, specialmente nelle unità di terapia intensiva.

Tuttavia, dal momento che negli ultimi anni l’assistenza sanitaria ha subito molti cambiamenti e il luogo di cura non è più solamente l’ospedale, è stato ampliato il concetto di infezioni correlate all’assistenza. Possono infatti verificarsi in qualsiasi ambito assistenziale: reparti ospedalieri, day-hospital/day-surgery, ambulatori, reparti di lungodegenza, strutture residenziali territoriali e assistenza domiciliare.

Le infezioni correlate all’assistenza possono essere endogene, cioè legate ad agenti patogeni presenti all’interno del corpo, oppure esogene, cioè causate da microrganismi trasmessi dall’esterno tra persone e ambiente o da persona a persona.

La maggior parte delle infezioni correlate all’assistenza riguarda il tratto urinario (da sole rappresentano infatti il 35-45% del totale), cui seguono quelle del sito chirurgico, dell’apparato respiratorio e le infezioni sistemiche come sepsi e batteriemie; negli ultimi anni, tuttavia, si sta assistendo a un aumento di queste ultime e delle polmoniti.

Nello specifico le infezioni correlate all’assistenza si dividono in:

  • Infezioni da contaminazione incrociata: si verificano tra operatori sanitari e pazienti suscettibili alle infezioni comuni a causa della ridotta risposta immunitaria
  • Infezioni del flusso sanguigno associate a catetere centrale (CLABSI): ad esempio infezioni del sito di inserzione del catetere, tromboflebite, sepsi ed endocardite; queste infezioni causano migliaia di complicanze e morti ogni anno, oltre che ingenti costi sanitari aggiuntivi
  • Infezioni del tratto urinario associate a catetere (CAUTI): si considera tale qualsiasi infezione a carico di una parte del sistema urinario, inclusi uretra, vescica, ureteri e reni. Queste sono il tipo più comune di infezioni correlate all'assistenza, con conseguenze significative per morbilità, mortalità e implicazioni finanziarie. I fattori di rischio più importanti per lo sviluppo di un’infezione del sito urinario associata a catetere possono essere l'uso prolungato dello stesso, l'inserimento del catetere al di fuori della sala operatoria o una violazione del sistema chiuso di drenaggio del catetere durante la sua gestione; pertanto, i cateteri devono essere utilizzati solo sulla base di indicazioni appropriate e per il tempo strettamente necessario. Ulteriori fattori di rischio sono il sesso femminile, l'età avanzata, il diabete mellito, etc.
  • Infezioni del sito chirurgico (SSI): si verificano entro 30-90 giorni dopo un qualsiasi intervento chirurgico in cui ci sia stata incisione della cute. Le infezioni del sito chirurgico comportano una significativa morbilità, alti tassi di mortalità e costi assistenziali. Queste infezioni possono essere di tipo superficiale o interessare gli strati profondi della cute, gli organi o i device impiantati. Le condizioni cliniche dei pazienti, il tipo di intervento chirurgico e la durata dell'intervento sono considerati fattori di rischio per lo sviluppo di infezioni del sito chirurgico
  • Polmonite associata a ventilatore: si sviluppa nei soggetti ventilati artificialmente tramite il trasferimento degli agenti patogeni nei polmoni attraverso il tubo endotracheale. È la seconda infezione correlata all’assistenza più comune nelle unità di terapia intensiva

Cause e fattori di rischio di ICA

I microrganismi responsabili possono essere diversi e variare nel tempo, tuttavia i più comuni sono:

I fattori di rischio per lo sviluppo delle infezioni correlate all’assistenza possono essere molteplici:

  • Età: anziani o neonati, specie se prematuri
  • Indebolimento delle difese immunitarie (o difese innate e acquisite basse in caso di neonati prematuri)
  • Infezioni o malattie concomitanti (ad es. diabete)
  • Malnutrizione
  • Scarsa igiene ambientale ospedaliera
  • Inadeguata igiene delle mani degli operatori
  • Scarsa prevenzione e controllo delle infezioni in ambito assistenziale
  • Utilizzo prolungato di dispositivi medici invasivi
  • Interventi chirurgici complessi (ad es. trapianto d'organo)
  • Alterazione dello stato di coscienza
  • Antibiotico-resistenza
  • Durata del ricovero (più è lunga maggiore è il rischio)
  • Assunzione prolungata di antibiotici

Sintomi di infezioni correlate all’assistenza

I sintomi delle infezioni correlate all’assistenza variano in base al tipo di infezione e quindi alla localizzazione della stessa e includono:

  • Febbre
  • Tosse
  • Respiro corto
  • Tachicardia
  • Secrezioni purulente dalle ferite
  • Bruciore durante la minzione
  • Difficoltà a urinare
  • Mal di testa
  • Nausea
  • Vomito
  • Diarrea
  • Dolore e irritazione nel sito d’infezione

Diagnosi di ICA

La diagnosi di malattie infettive correlate all'assistenza, in base alla sospetta localizzazione, si può porre attraverso:

Trattamento delle infezioni correlate all’assistenza

Il trattamento delle infezioni correlate all’assistenza dipende dal tipo di infezione ed è basato su:

  • Antibioticoterapia: sarà diversa a seconda del patogeno responsabile dell’infezione e dell’antibiogramma, che permette di valutare a quali antibiotici è sensibile lo specifico microrganismo
  • Riposo a letto
  • Dieta sana
  • Assunzione di liquidi per bocca o per via endovenosa
  • Rimozione dei dispositivi medici: ad esempio catetere urinario, catetere venoso centrale, etc.
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