La fibrosi cistica è la malattia genetica più diffusa in Italia e colpisce circa 1 neonato ogni 2500 -3000. Ogni anno vi sono circa 200 nuovi casi ed è ugualmente diffusa tra maschi e femmine. Grazie ai progressi clinici, terapeutici ed assistenziali, l’aspettativa di vita sta progressivamente aumentando e attualmente si attesta tra i 36 e i 40 anni.
Conoscere e riconoscere la fibrosi cistica
La fibrosi cistica è una patologia che colpisce più organi, anche se i disturbi più importanti si hanno a livello dell’apparto digerente e dell’apparato respiratorio. La più diffusa causa di morbilità nei pazienti affetti da fibrosi cistica è la patologia infiammatoria polmonare, che comporta un progressivo deterioramento del tessuto polmonare.
Cause della fibrosi cistica
La malattia è dovuta alla presenza di due copie alterate del gene Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator (CFTR) ereditate una da ciascun genitore. Il genitore che ha solamente una copia alterata di questo gene non manifesta la malattia e non ha alcun sintomo; è però definitivo portatore sano di fibrosi cistica.
I portatori sani di fibrosi cistica nel mondo sono circa 1 ogni 25 persone. Due genitori, entrambi portatori, hanno una probabilità su 4 che il loro figlio nasca con fibrosi cistica.
La mutazione genetica del CFTR comporta un’alterazione delle ghiandole secretorie, causando una carenza di cloro e acqua nelle secrezioni. Secrezioni povere di acqua hanno una consistenza più densa ed essendo poco fluide rischiano di causare ostruzione dell’organo interessato.
Le conseguenze più gravi si hanno quando sono coinvolti i bronchi, l’intestino o il pancreas. In particolare l’albero bronchiale è la parte anatomica che, se interessata dalle secrezioni, causa le maggiori complicanze, poiché esse tendono a ristagnare e quindi a causare infiammazioni e infezioni, distruggendo progressivamente il parenchima polmonare. Col tempo il paziente manifesta insufficienza respiratoria.
A livello del pancreas la malattia impedisce una normale fuoriuscita degli enzimi verso l’intestino e questo causa problemi di digestione dei cibi, diarrea, malassorbimento dei nutrienti, con conseguenti ritardi nella crescita del bambino e deficit nutritivi nell’adulto. Il malfunzionamento del pancreas, tra l’altro, comporta frequentemente l’insorgenza di diabete.
Fibrosi cistica, i sintomi
La fibrosi cistica può dare sintomi a carico di diversi organi; i più frequenti sono:
A livello dell’apparato respiratorio:
- tosse persistente stizzosa e poi catarrale
- rinosinusite cronica
- sibili espiratori e affanno
- infezioni polmonari frequenti (bronchiti e broncopolmoniti)
A livello dell’apparato digerente (pancreas, intestino e fegato):
- diarrea cronica, con feci maleodoranti
- frequenti occlusioni intestinali in età pediatrica e adulta
- scarso accrescimento dovuto a malnutrizione
- diabete
- pancreatite cronica ricorrente
La diagnosi di fibrosi cistica
Test del sudore
La diagnosi si effettua attraverso il test del sudore, che va a misurare la concentrazione di sale nel sudore. Una concentrazione superiore a 50 mEq nel neonatino e 60 mEq nei bambini sopra i 6 mesi sono indicativi per la malattia.
Il test viene di norma richiesto dal pediatra quando ci sono sintomi ricorrenti come tosse, infezioni respiratorie, diarrea e ritardo nella crescita. Se dopo il test del sudore si hanno ancora dubbi è possibile effettuare il test genetico, che va a ricercare la mutazione del gene CFTR.
Oggi in Italia la diagnosi di fibrosi cistica viene fatta attraverso lo screening neonatale, senza attendere l’insorgenza dei sintomi.
Test della tripsina immunoreattiva
Lo screening neoenatale, che prende il nome di test della tripsina immunoreattiva, prevede il prelievo di una goccia di sangue al terzo giorno di vita che viene fatto essiccare su un cartoncino. Se il risultato è positivo il bambino torna dopo un mese a ripetere il test che, se nuovamente positivo, prevede di sottoporsi al test del sudore ed infine, eventualmente, a quello genetico.
È possibile effettuare anche lo screening prenatale durante la gravidanza attraverso la villocentesi o l’amniocentesi o, ancora, fare diagnosi prenatale se la coppia è formata da due genitori entrambi portatori del gene.
Fibrosi cistica, la terapia
La ricerca ha permesso negli anni di migliorare i sintomi della patologia ed in particolare ha portato ad un aumento dell’aspettativa di vita. La legge 548/93 prevede che ogni regione d’Italia abbia un centro specializzato per la cura della fibrosi cistica, in cui opera un team multidisciplinare con personale esperto.
Le terapie mirano a migliorare la sintomatologia del paziente e a prevenire le complicanze. In particolare, si cerca di prevenire e trattare le infezioni polmonari attraverso:
- antibioticoterapia (particolarmente aggressivi e frequenti sono la pseudomonas aeruginosa e lo stafilococco aureo)
- aerosolterapia
- fluidificanti per le secrezioni
- fisioterapia respiratoria: è utile a rimuovere il muco che ristagna e ostruisce le vie respiratorie, favorendo infezioni
- cortisonici e farmaci antinfiammatori
Si cerca inoltre di intervenire sulle complicanze dell’apparato digerente attraverso:
- somministrazione di enzimi digestivi
- assunzione di cibi ipercalorici con una dieta ricca di grassi e di enzimi pancreatici, di vitamine liposolubili e sale.
Assistenza infermieristica al paziente con fibrosi cistica
Il ruolo dell’infermiere cambia a seconda della fase della malattia. All’esordio della malattia, gli interventi saranno prevalentemente educativi (in particolar modo rivolti ai famigliari) e di prevenzione.
Gli interventi di prevenzione proseguiranno poi durante tutto l’arco della vita fino ad arrivare al fine vita, in cui gli interventi dell’infermiere saranno prevalentemente terapeutici e mirati a migliorare il confort del paziente, riducendo i disagi e il malessere.
Assistenza a neonato o bambino
Nel neonato o bambino, l’infermiere dovrà educare i famigliari a:
- riconoscere i segni e sintomi di un’infezione polmonare all’esordio: riconoscere i rumori polmonari, controllare le secrezioni, valutare se il bambino ha difficoltà respiratorie
- controllare frequentemente il peso e l’altezza del bambino, per valutare l’accrescimento
- accertarsi che si nutra adeguatamente e somministrare eventuali integratori come da indicazione medica
- valutare la frequenza e le caratteristiche delle evacuazioni.
Se il bambino è ricoverato, l’infermiere sarà responsabile:
- del monitoraggio della funzionalità respiratoria: controllo dei parametri vitali (SPO2, FR e dinamica respiratoria)
- di valutare la presenza di secrezioni, incentivare il bimbo a tossire o aiutarlo se le secrezioni tendono a ristagnare
- valutare e monitorare la frequenza delle evacuazioni e le caratteristiche delle feci
- somministrare la terapia impostata dal medico (aerosolterapia, antibioticoterapia o terapia con corticosteroidi)
- allertare il medico se il bambino ha difficoltà respiratorie che possono richiedere ossigenoterapia, cambi posturali o altri interventi
- dare sostegno psicologico ai famigliari.
Assistenza all’adulto
In rapporto al paziente in età adulta, l’infermiere mantiene un ruolo educativo e di sostegno ed interviene con la terapia prescritta se necessario e se richiesto dal medico. Esegue le stesse valutazioni che vengono effettuate nel bambino. Inoltre gestisce:
- eventuali complicanze correlate al diabete
- dispnea ingravescente
- dolore osteoarticolare secondario alla malnutrizione, al mancato accrescimento e al deficit di nutritivi.
In stadio avanzato, l’infermiere potrà dover gestire:
- la nutrizione enterale (ad esempio, sondino nasogastrico o peg) parenterale
- la terapia di supporto endovenosa
- gestire eventuale supporto di ventilazione meccanica
- dare supporto psicologico al paziente e ai famigliari, in particolare nel fine vita.
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