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Patologia

Colite ischemica

di Chiara Vannini

La colite ischemica è una patologia secondaria all’interruzione temporanea di flusso ematico verso l’intestino crasso; questa problematica è causata da un trombo o da un embolo che va ad occludere l’arteria mesenterica, impedendo l’irrorazione dell’intestino. La riduzione di flusso all’intestino causa un danno alla parete e all’organo, dando luogo alla formazione di ulcere che possono sanguinare.

Epidemiologia della colite ischemica

La colite ischemica è statisticamente più diffusa nelle persone con un’età superiore ai 60 anni, poiché soffrendo maggiormente di aterosclerosi dei vasi, l’occlusione può verificarsi a livelli dei vasi aterosclerotici.

La patologia è più diffusa nelle persone con patologie cardiache o vascolari, poiché la malattia di base aumenta il rischio di occlusione dei vasi a causa di un’alterata struttura. Sono quindi più a rischio i pazienti affetti da valvulopatie, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale; sono a rischio anche coloro che hanno alterazioni della coagulazione o patologie a carico dell’intestino (es. diverticolite).

Diagnosi di colite ischemica

Gli esami diagnostici sono utili non solo per comprendere la patologia, ma anche per effettuare una diagnosi differenziale. La colite ischemica può infatti avere segni e sintomi simili a colite, a diverticolosi o al tumore del colon.

L’esame di prima scelta per fare diagnosi è la Tomografia computerizzata (TC) addominale. La TC è necessaria per comprendere l’entità del danno, stadiarlo capire se parte dell’organo è irrimediabilmente compromessa al punto tale da necessitare dell’intervento chirurgico.

In alcuni casi può essere eseguita una colonscopia, esame in grado di andare ad esaminare lo stato della mucosa intestinale. La colonscopia può essere eseguita sia a scopo diagnostico per effettuare una diagnosi corretta, che per prelevare campioni istologici utili ad essere esaminati.

Come si cura la colite ischemica

La terapia di prima scelta è una terapia di supporto, che prevede l’idratazione, eseguita con la somministrazione di liquidi per via endovenosa. All’idratazione va di norma associato un temporaneo digiuno. Il digiuno risulta necessario per poter mettere “a riposo” l’intestino crasso e la nutrizione viene di norma sostituita con una nutrizione enterale.

In casi più gravi è necessario ricorrere ad un intervento chirurgico, qualora la problematica dia luogo a sepsi e/o a perforazione intestinale. Nei casi meno gravi, con un’adeguata idratazione e digiuno, la patologia regredisce in circa 10–15 giorni. Può essere necessaria anche la somministrazione di terapia antibiotica

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