Rianimazione
Sotto l'acciaieria Azovstal a Mariupol c'è un ospedale da campo. I sanitari ucraini sono intrappolati sottoterra insieme a migliaia di civili e soldati, centinaia dei quali feriti e ammalati. Nel labirinto di tunnel e gallerie scavate nella terra, che prima della guerra venivano usate per la lavorazione dell'acciaio, vivono come in un formicaio uomini e donne di tutte le età, con bambini e animali, nel disperato tentativo di sfuggire alla morte e alla devastazione della loro città, assediata e bombardata dalle truppe russe. Mette i brividi immaginare medici ed infermieri lì sotto a fare il loro mestiere in condizioni estreme, tra le macerie dei crolli, intrappolati come topi. Non vedono la luce del sole da mesi.
Acciaieria Azovstal, l'ultima roccaforte sanitaria di Mariupol
Non è dato sapere se i sanitari abbiano raggiunto la popolazione e il battaglione in un secondo momento per dare loro assistenza o se abbiano allestito un ospedale da campo dentro all'acciaieria perché l'ospedale e le altre strutture sanitarie della città sono state tutte distrutte dagli attacchi missilistici.
Certamente fuori non era più possibile garantire cure e lavorare in sicurezza. Venivano colpite persino le ambulanze di soccorso per strada. L'acciaieria è diventata pertanto non solo l'ultimo baluardo di resistenza civile e militare, ma anche l'ultima roccaforte sanitaria.
C'è da pensare, da quel poco che trapela dal sottosuolo, che i sanitari ucraini stiano facendo atti eroici aspettando che qualcuno li salvi da lì. Certamente saranno gli ultimi ad essere evacuati. Per scelta loro, finché ci sarà un'anima viva della loro gente sotto l'acciaieria, quei sanitari non si muoveranno da quell'ospedale da campo. Denunciano che mancano acqua, luce, cibo, medicinali. Le condizioni igieniche devono essere spaventose.
Negli ultimi giorni dicono che è stata distrutta anche la sala operatoria che era stata allestita. Disperatamente si cerca di salvare la vita dei feriti amputando arti e facendo miracoli con quel poco che hanno a disposizione. Senza anestesia e farmaci per il dolore, la situazione non deve essere disgraziatamente molto diversa da quella degli ospedali da campo durante le guerre mondiali e in ogni guerra del passato.
Del resto, a memoria d'uomo c'è sempre stata la guerra, da una parte o dall'altra del mondo. Ma un conto è avere a disposizione un ospedale con moderne attrezzature e ogni ben di Dio sanitario, cosa ben diversa è lavorare avendo solo mani e i rudimenti dell'assistenza primaria perché il proprio ospedale, che in ogni guerra in nome del diritto internazionale umanitario dovrebbe essere intoccabile, è saltato invece per aria.
Penso alla frustrazione e alla rabbia di quei sanitari senza più niente se non l'umanità e il coraggio che stanno dimostrando. Penso che abbiano tante lacrime, anche. Magari piangono soltanto dentro
Ospedale da campo significa che c'è una emergenza, una catastrofe o una guerra. E non si trova mai nelle retrovie, in un posto lontano dal campo di battaglia o dal luogo del disastro e della calamità naturale. È al fronte, il più vicino possibile ai combattenti e alle vittime, il più sicuro possibile per chi vi deve essere curato e per i soccoritori che vi prestano servizio. Recentemente, soltanto due anni fa, abbiamo visto allestire grandi ospedali da campo, pur in tempo di pace, nei piazzali degli ospedali italiani assediati dal virus.
A Brescia, Bergamo, Pavia e in molte altre regioni l'esercito italiano è intervenuto, con la sua logistica ed il suo personale sanitario, per fare fronte all'emergenza pandemica nei giorni peggiori dell'aggressione virale, quando la gente moriva di Covid a migliaia ogni giorno. Ma quegli ospedali da campo, con le tende mimetiche e la croce rossa cucita ad ogni lato e sul soffitto di tela, non erano al posto di ospedali di cemento venuti a cadere dopo un terremoto o a disintegrarsi sotto un bombardamento. Erano integri ed operativi, soltanto non bastavano da soli.
Quegli ospedali da campo, allestiti in tempi rapidissimi, sono rimasti per mesi affianco di edifici in muratura, in supporto al personale del Servizio Sanitario Nazionale. Sono stati degli ospedali aggiuntivi che hanno collaborato in sinergia per fare fronte alla grande ondata di malati che continuavano a sopraggiungere per la diagnosi e la cura, in attesa di un ricovero, nelle fasi più critiche dell'emergenza coronavirus. Quegli efficienti ospedali da campo del nostro esercito sono stati anche delle terapie intensive quando c'era bisogno di altri posti letto con la ventilazione assistita.
Un ospedale da campo come nell'acciaieria Azovstal ricorda invece purtroppo il motivo per cui tali strutture sanitarie, mobili e provvisorie, sono state ideate ed usate. La guerra. Dover allestire un ospedale da campo in corso di una pandemia significa che le risorse sanitarie a disposizione non bastano e non sono sufficienti per salvare la vita delle persone. Un ospedale da campo in questo caso fa la differenza, mettendo a disposizione personale addestrato ad operare nelle grandi emergenze e ingenti quantità di dispositivi sanitari che risolvono la mancanza.
L'origine degli ospedali da campo
Secondo la definizione, un ospedale da campo è una struttura di cura temporanea, definito anche come posto medico avanzato (PMA) o posto di primo soccorso. Nasce con la medicina di guerra. Nasce con le campagne napoleoniche, la guerra civile americana e le due Guerre Mondiali. Parte dal concetto che se una persona con ferite gravi morirà nelle prime ore successive al trauma o per la lunghezza del trasporto durante il quale non è possibile operare le cure salvavita efficacemente, servirà allestire delle strutture adeguate nei pressi dell'evento. Pertanto, quando le lesioni sono potenzialmente mortali in un'area lontana dalle strutture di cura convenzionali, è necessario creare una struttura di cura temporanea il più possibile vicino ai feriti, per stabilizzare i pazienti prima del trasporto in strutture in cui sia possibile fornire tutte le cure necessarie
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Nel 1942 l'esercito americano ripensò al suo sistema sanitario al fronte organizzandolo in unità chirurgiche mobili (portable surgical hospitals), ospedali da campo (field hospitals) e ospedali civili e militari nelle retrovie in strutture edificate (general hospitals). L'assistenza chirurgica veniva pertanto garantita subito dietro la linea del fronte e permetteva di stabilizzare i pazienti per il trasporto verso ospedali da campo distanti dal fronte.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale i consulenti chirurgici militari statunitensi crearono dapprima i mobile army surgical hospital (MASH) e poi nel 2006 i combat support hospital (CSH), unità di assistenza più vicine al fronte che garantiscono un tasso di sopravvivenza del 97% ai soldati che arrivano vivi presso tali strutture sanitarie avanzate.
Formato da un'équipe medica (medici ed infermieri esperti) e da una squadra logistica che si occupa delle attrezzature mediche imballate per essere facilmente trasportabili, un ospedale da campo può essere allestito in tempi brevi in un luogo coperto preesistente, il più comune in campo civile.
Il posto medico avanzato (PMA) comprende solitamente anche una struttura in tela illuminata e riscaldata che consente l'installazione in campagna o su piazzali liberi da edifici accanto al luogo di impiego. Il PMA si compone di quattro aree: l'area di ricezione e smistamento accoglie le vittime che vengono visitate e classificate in base alla gravità delle loro ferite (triage); l'area di cura si distingue in un'area di rianimazione preospedaliera per vittime molto gravi in pericolo di vita e un'area dedicata al trattamento di feriti gravi e leggeri; la zona mortuaria accoglie le vittime decedute prima del loro arrivo all'ospedale da campo o nonostante le cure fornite.
Non è da tutti stare in un ospedale da campo, tra criticità a cui assegnare un codice di priorità. Decidere velocemente tra chi ha possibilità di sopravvivere, chi può aspettare, chi non ha speranza di farcela. È come essere in un Pronto soccorso, ma in una situazione di estrema e continua emergenza, che non finisce a fine turno e che può durare mesi. Dove non c'è tempo per altro che non sia l'emergenza in atto, fintanto che non finisce.
Essere nell'ospedale da campo dell'acciaieria Azovstal è qualcosa di impensabile. Avevamo dato per scontato che questo tipo di strutture sanitarie sulla linea del fronte di una guerra non potessero tornare più, almeno in Europa. Con Azovstal sono tornati prepotentemente i tempi degli ospedali da campo. Ce lo ricorda ogni giorno la cronaca di guerra dalle città dell'entroterra ucraina.
È quanto mai evidente oggi, da una città che si affaccia sul Mar Nero, Mariupol, diventata crudele e feroce campo di battaglia, tra le cui macerie combattono corpo a corpo i soldati e corrono i carri armati. Sono scene da Seconda Guerra Mondiale. Sono scene della guerra in Ucraina nel 2022, ad un tiro di schioppo da un altro conflitto militare mondiale.
Mette i brividi immaginare medici ed infermieri lì sotto a fare il loro mestiere in condizioni estreme, tra le macerie dei crolli, intrappolati come topi. Non vedono la luce del sole da mesi
Gli ospedali da campo si assomigliano tutti in giro per il mondo, hanno la stessa struttura anche se sotto bandiere diverse. Hanno tutti la stessa funzione: curare e salvare vite umane. Sono una cosa buona, se capita un terremoto o un virus. Ma in tempo di guerra sembrano una cosa diversa, ancora più drammatica. Oggi fanno paura perché in Ucraina sono tornati ad essere quello per cui sono stati inventati.
Necessari ma spaventosi, penso mentre nel sito industriale, in cui le condizioni di vita sono intollerabilmente disumane, è iniziata l'evacuazione dei civili grazie all'intervento delle Nazioni Unite e della Croce Rossa Internazionale che sta operando sul campo. In una fragile tregua, centinaia di persone stanno uscendo lentamente da sottoterra e vengono accompagnate dentro alle tende del PMA, allestito nelle vicinanze dell'acciaieria.
Dopo 67 giorni di guerra sono oltre 1000 gli ospedali ucraini su linee di fuoco, secondo la denuncia dell'Organizzazione mondiale della Sanità. Molti sono stati distrutti o sono inagibili. Altri sono stati riadattati per la cura dei feriti di guerra, togliendo cure a milioni di altre persone che necessitano di servizi essenziali e assistenza sanitaria di base. Il resto lo fanno gli ospedali da campo.
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