L’ospedale pediatrico e di maternità di Mariupol nel Donbass è stato bombardato, almeno 17 i feriti ma, sotto le macerie, ci sono donne e bambini. La guerra tra Russia Ucraina sembra ancora lontana dall’epilogo. E mentre il Premier Zelensky chiede la no Fly zone, dall’Italia sono pronti partire medici e infermieri volontari.
Zelensky: donne e bambini sotto le macerie. Che atrocità
Dell’ospedale pediatrico di Mariupol ormai rimane ben poco, a parte una gigantesca voragine a testimonianza della violenza dell’attacco russo. Attacco avvenuto una giornata in cui era previsto il cessate il fuoco per garantire il corretto funzionamento dei corridoi umanitari. E mentre le bombe continuano a cadere su ospedali ed edifici residenziali in Ucraina, i negoziati tra i due Stati in guerra sembrano essere ad un punto di stallo, Mosca non cederà e l'Ucraina "non si arrenderà" alle forze russe
, le parole del Presidente Volodymyr Zelensky.
Durissime ancora una volta le parole del Premier ucraino che dopo l’attacco all’ospedale continua a chiedere ai paesi della Nato una no Fly zone, unico deterrente contro i violentissimi raid aerei russi; un ospedale per bambini, un reparto maternità, come minacciavano la Federazione russa? che paese è che ha paura degli ospedali, dei reparti maternità e quindi li distrugge? - e ancora - Bombardare un ospedale dei bambini è la prova definitiva che è in corso il genocidio degli ucraini
. Dal canto suo Putin ha giustificato l’attacco dichiarando la presenza di un pericoloso comparto militare ucraino proprio di stanza presso l’ospedale. Si tratta dello stesso Putin che, mentre l’esercito bombardava l’ospedale dei bambini, partecipava ad un incontro a Mosca sui diritti degli orfani.
Quello di ieri non è stato il primo attacco ad un ospedale operato dalle forze di Mosca, un bombardamento russo aveva già colpito l’ospedale della cittadina di Vuhledar, nel Donbass, a metà strada fra Donetsk e Mariupol. E proprio l’infuriare della guerra verso obiettivi civili sta spingendo molti volontari, anche in Italia, a dare la propria disponibilità a partire per aiutare il popolo ucraino.
In prima linea sempre, se in Ucraina, dove in milioni hanno già lasciato il Paese vessato dagli attacchi mancano medici e infermieri, i nostri professionisti sanitari sono pronti ad affrontare questa nuova emergenza.
In Lazio in più di 500 hanno risposto all’appello e sono pronti, ancora una volta, a rischiare la propria vita. Due anni di pandemia non sembrano aver indebolito il senso del dovere e l’etica profonda dei nostri sanitari che questa volta saranno in una vera e propria zona di guerra sfidando un nemico chiaro e pericoloso: l’armata russa. Infermieri pronti a partire anche dalla Lombardia e dalla Campania mentre il Piemonte mette a disposizione l’ospedale da campo di Levaldigi da dislocare lungo il confine con l’Ucraina.
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