Gli infermieri, che sono chiamati a non esprimere un giudizio sulle persone a cui cercano di salvare la vita, sono spesso spettatori di tragedie immense e di drammi devastanti che scavano nell'intimità. Credo che la popolazione non riesca a cogliere mai fino in fondo quanto gli infermieri siano colpiti e travolti dalla vita delle altre persone e dalle miserie del mondo. Per certe cose non c'è cura, né spiegazione. Bisognerebbe calarsi più spesso nei panni di un infermiere prima di pensare di picchiarlo.
Gli infermieri e l’esposizione alla violenza
Talvolta mi chiedo se anche gli infermieri si stiano abituando a tanto. Se a forza di vedere tante brutture riescano a conservare una deontologia davvero senza giudizio, senza critica, senza rabbia e frustrazione .
Nascere bambina prima dell'alba del 29 ottobre in un night club e morirci, non per cause naturali, poco dopo il parto. Per infanticidio. Si nasce e si muore così, per mano di madre. È la sorte capitata ad una neonata venuta alla luce a Piove di Sacco, in provincia di Padova.
È un bel posto, nella campagna veneta. La strada che attraversa il paese porta al mare, basta andare sempre dritto verso est. È vissuta poche ore, in un appartamento usato come dormitorio dalle ragazze che lavorano nel locale notturno. L'hanno trovata senza vita gli infermieri del 118 , intervenuti nell'abitazione sopra il night per soccorrere la sua mamma che aveva partorito da sola.
Soltanto verso le 4,30 del mattino la partoriente, 29 anni, ha chiamato l'ambulanza. Era troppo tardi, i sanitari hanno potuto soltanto constatare il decesso, chiamare i Carabinieri della locale Stazione per le indagini e ricoverare la madre in ospedale a Padova.
È bastato un giorno per capire la dinamica della tragedia e sottoporre la madre a fermo per omicidio aggravato. L'accusa è di infanticidio, come era stato ipotizzato dagli investigatori sin dalle prime indagini, coordinate dalla Procura.
L'autopsia ha confermato i sospetti e la donna, arrestata, è ora piantonata all'ospedale. Penso agli infermieri accorsi in quella casa, che si sono trovati davanti alla scena, e a quelli che entrano ed escono nella stanza di degenza della puerpera, vigilata da una guardia armata.
Gli infermieri , che sono chiamati a non esprimere un giudizio sulle persone a cui cercano di salvare la vita, sono spesso spettatori di tragedie immense e di drammi devastanti che scavano nell'intimità.
Credo che la popolazione non riesca a cogliere mai fino in fondo quanto gli infermieri siano colpiti e travolti dalla vita delle altre persone e dalle miserie del mondo. Per certe cose non c'è cura, né spiegazione. Bisognerebbe calarsi più spesso nei panni di un infermiere prima di pensare di picchiarlo.
Il caso della neonata di Piove di Sacco non è il primo caso nella cronaca dei nostri giorni ma fa sempre male ed interroga inevitabilmente sull'animo umano, sulle ragioni del fenomeno, sulla deriva morale della società, sul dolore delle donne.
A settembre un'altra giovane donna di 22 anni, a Traversetolo, in provincia di Parma, è stata arrestata per aver ucciso i suoi due figli, partoriti a distanza di un anno l'uno dall'altro. Il duplice infanticidio è stato scoperto dopo il ritrovamento di resti ossei sepolti nel giardino di casa. Ha partorito da sola cercando istruzioni su Google su come indurre il parto e come si decompone un cadavere.
Si sa che il secondo neonato è venuto alla luce il 7 agosto e che è morto dissanguato perché il cordone ombelicale è stato tagliato senza richiuderlo. Un secondo scheletro è stato trovato in un'altra buca, si ipotizza sia nato morto. Si apprende che al primo, nato vivo, si pensa di dare un nome e di iscriverlo all'anagrafe del paese.
Mi chiedo come si possa non solo uccidere ma infierire, mentire un sentimento, nascondere un ventre gonfio, ingannare chi ci ama, seppellire una parte di sé, tornare alla propria vita come niente fosse. Compiere un delitto senza pensare al castigo.
Mi chiedo come si riesca a partorire da sole, senza complici, senza provare paura, senza urlare o senza farsi sentire, senza andare in ospedale, senza un'ostetrica e un ginecologo pur essendo un evento naturale. Mi chiedo come gli altri attorno non vedano, non si accorgano, non sospettino.
Questi gesti violenti e disperati appaiono ancora più allarmanti considerando che esistono misure a tutela del nascituro nonché dell'identità e della volontà della madre previste dalla legge, che dovrebbero essere già note alla popolazione.
Oggi, uscendo dall'ospedale, dopo aver terminato il turno ho sentito un grido inconfondibile ma che, in un primo momento, non ho capito e mi ha allarmato. Era inaspettato, improvviso, ancestrale. Era un grido che diceva tutto perché raccontava non solo la sua condizione clinica ma la sorte di tutti.
Ho realizzato di essere sotto le finestre della sala parto, al primo piano. Non mi era mai capitato di sentire da fuori l'urlo della vita . Nella voce di quella donna, come di chiunque abbia partorito almeno una volta, c'erano l'amore e la paura. C'era la rabbia prima della gioia. C'era uno sfinimento che lacera e un dolore immenso prima che sia, dicono, dimenticato per essere riaffrontato, volendo, più volte.
Una creatura la si può desiderare o no, la si può volere o no, la si può amare o no. Tutto è possibile sotto questo cielo disgraziato, quando l'umanità sprofonda nel disumano. Mi chiedo solo come sia possibile uccidere dopo aver provato tanto strazio. O dopo essersi sentite urlare così. È un grido che diventa un inno alla vita.
Tra infanticidi, femminicidi e genocidi non capisco cosa stia capitando a questo mondo. Ci sono sempre stati, diranno molti, non curandosene troppo. Ci sono sempre stati ma non si sapevano, diranno i più informati.
A me sembra che, nonostante l’infodemia della nostra epoca, capitino con una frequenza angosciante che sembra lasciare tuttavia insensibili, indifferenti, assuefatti.
Talvolta mi chiedo se anche gli infermieri si stiano abituando a tanto . Se a forza di vedere tante brutture nelle case, sulle strade, negli ospedali, negli scenari di guerra mentre soccorrono e curano le ferite del corpo, riescano a conservare, oltre alla lucidità nell'agire prontamente, anche una deontologia davvero senza giudizio, senza critica, senza rabbia e frustrazione.
Mi chiedo cosa pensino gli infermieri che si trovano di fronte a Sara, assassinata in casa con trenta forbiciate da un vicino e ad Aurora, trovata morta sull'asfalto per un trauma da precipitazione dopo un volo di otto piani, gettata dal tetto di un palazzo dal fidanzato quindicenne.
Cosa avranno provato gli infermieri accorsi nell'abitazione di Marina uccisa con una carabina dal marito, scoprendo che era un’infermiera da poco andata in pensione ?
O a Celeste, rimasta viva con una profonda ferita alla gola sino all'arrivo dell'ambulanza? Cosa sentono avendo davanti agli occhi la scena di un crimine, tra le mani il corpo di un neonato sventurato, nel cuore la pena per tante donne uccise?
Credo che, una volta rientrati alle proprie case, terminato il servizio, piangano. Sentano il peso della morte. Capiscano il valore della vita e vi si aggrappino, amandola più intensamente. Ed ora che anch'essi sono vittime di inaudite aggressioni , come vivono la violenza dopo esserci finiti dentro, riscoprendosi vittime?
Restano ferite, cicatrici, solchi invisibili nell'anima quando ci si trova davanti alla morte, alle lesioni e ai traumi psicologici delle persone assistite. Tutta questa violenza non può che avere effetti interpersonali. Non resta infatti chiusa nella vittima di turno. Non muore con essa.
Implode, esplode. Dilaga. Contagia . L'esposizione a tutte le sue forme (fisica, sessuale, emotiva) lascia segni e provoca danni che continueranno fintanto che non si riuscirà a riparare il sistema ossia tutto il tessuto sociale e valoriale. Tutta questa violenza, sia che colpisca un bambino, una donna, un popolo intero o un infermiere, continuerà finché le nostre società lo consentiranno.
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