Sono da poco passate le 4 in una delle tanti notti in Pronto soccorso. Sono di turno in area rossa e tutto procede tra le fibrillazioni atriali che non vogliono tornare a ritmo, qualche scompenso e un bel po’ di bronchiti. Niente di diverso dalle altre notti di febbraio
. Inizia così quella che sembrava una tranquilla notte in Pronto soccorso per Giacomo Sebastiano Canova, infermiere di Vicenza. Una notte che poi ha preso una svolta e ha mostrato in un attimo la vita dopo la morte.
Notte in Pronto soccorso, la vita dopo la morte
Non c’è molta gente, riusciamo anche a dare una mano all’area verde, visitando qualche trauma veloce. A un certo punto il 118 accompagna un signore di 89 anni. Giancarlo ha dolore toracico da un’ora e il tracciato eseguito dal collega sul territorio mostra delle alterazioni inferiori.
Sbarelliamo Giancarlo su un letto della nostra sala emergenza; è molto preoccupato e sofferente, mi dice che l’oppressione che prova non lo fa respirare. Allora gli domando: Il dolore è cambiato da casa a qui?
. Giancarlo non risponde. All’improvviso il suo respiro è diventato russante. Non ha polso.
Inizio immediatamente le compressioni toraciche e tutto procede come solo una vera équipe sa fare: nessuno si sovrappone, nessuno chiede cosa fare. Lo sappiamo fare, e per farlo al meglio la macchina deve essere ben oleata e avviata. E così avviene. Gli sguardi d’intesa, durante la rianimazione, col medico e con la collega sono molteplici e ci fanno capire che stiamo facendo tutto il possibile per strappare Giancarlo dalla morte.
Il cuore di Giancarlo, però, non darà mai segni di ripresa. All’Eco è fermo sin dall’inizio. Dopo numerosi cicli, ci fermiamo: ora del decesso 4:37.
Sistemato Giancarlo, diamo la notizia al figlio e alla moglie, facendoli entrare per stare assieme a lui. Nemmeno il tempo di varcare assieme a loro le porte scorrevoli che permettono l’accesso all’area rossa che vengo chiamato dalla collega in triage per dare una mano a tirar fuori una giovane ragazza da una macchina parcheggiata davanti all’ingresso del nostro Pronto soccorso.
È americana, ha un bel pancione e urla. In una parola: contrazioni. La accompagniamo in Pronto soccorso e guardiamo a che punto è la situazione. Non è solamente dilatata, ma si vedono chiaramente i capelli del nascituro.
Decidiamo quindi di non trasferirla al vicino Pronto soccorso ginecologico (un corridoio di distanza), ma di farla partorire nel nostro. Chiamiamo l’ostetrica e accompagniamo la futura mamma in area rossa. Nel letto accanto a quello di Giancarlo. Neanche il tempo di farla salire sul letto che, a carponi, viene alla luce Luna D’Amore. Alle ore 4:45. L’ostetrica arriva di corsa quando la bimba è già bella che urlante. Accompagniamo dunque mamma e bimba in sala parto, affidandole alle colleghe ostetriche.
Tornato in Pronto soccorso, si comincia a compilare la modulistica Istat per il decesso, terminata la quale si firma l’atto di nascita di Luna.
Già.
La vita dopo la morte.
Una accanto all’altra.
A un letto di distanza.
In una delle tante notti in Pronto soccorso
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