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Debriefing, una pratica troppo spesso dimenticata

di Redazione

Una buona abitudine purtroppo troppo spesso dimenticata. Stiamo parlando del debriefing al termine del turno di lavoro. Un infermiere di pronto soccorso ci racconta la sua esperienza con questa pratica così necessaria.

Emergenza urgenza, qui il debriefing è fondamentale

Infermieri al lavoro, il debriefing è fondamentale

Il rischio di burnout, inteso come perdita di interesse, causato da esaurimento emotivo, potrebbe essere parzialmente risolto con una semplice riunione tra il personale del turno svolto, al termine dell'orario di lavoro, anziché scappare davanti alla timbratrice, con fare da centometrista. Sovente non vediamo l'ora che il turno termini per poter tornare a casa, o per uscire a bere una birra, senza comprendere l'importanza di questa pratica. Un semplice dialogo su ciò che si è fatto, ciò che si sarebbe potuto fare e ciò che si potrebbe fare, magari meglio, la volta successiva. Così Vito, un infermiere di pronto soccorso spiega l’importanza del debriefing.

La figura mitologica dell'infermiere di pronto soccorso, come quella dell'infermiere del 118, non è invincibile – continua il professionista -, anzi rischia di essere la più fragile delle figure infermieristiche, ma una volta smessi i panni dei supereroi ci trasformiamo nel Clark Kent o Peter Parker di turno, con le loro fragilità e debolezze. Per questo un debriefing una volta terminato il turno potrebbero ridarci quelle energie fisiche e mentali che la “criptonite” di un decesso potrebbe averci tolto. Il problema, prosegue nel suo racconto l’infermiere, è che non sempre questa pratica viene eseguita o vista di buon occhio, in quanto ognuno reagisce a modo proprio alle contrastanti emozioni che possono derivare da un reparto come è il pronto soccorso. c'è chi si chiude a riccio, chi si lascia scivolare tutto addosso, chi sembra impermeabile alle emozioni ma assorbe tutto come un panno Scottex.

Ho lavorato in un pronto soccorso della Romagna, regione che rasenta l'eccellenza nell'ambito delle emergenze, e questa pratica era consuetudine – prosegue l’infermiere -: terminato l'orario di lavoro, cinque minuti prima di timbrare l'uscita, ci si ritrovava con tutto il personale del turno a confrontarci sul numero di accessi, sulle urgenze, sulla gestione di un caso piuttosto che un altro e una volta che si era svuotato quel sacco di emozioni in quella stanza, si poteva tornare a casa un pelino più leggeri. Adesso lavoro in un ospedale della provincia di Milano, l'effetto metropolitano è palpabile, i cinque minuti di confronto post-turno sono considerati un peso troppo oberante dopo otto ore di lavoro, bisogna scappare a casa, nei paesi limitrofi, nei quartieri dormitorio dell'hinterland milanese. Non c'è tempo.

E così – conclude - il mio primo massaggio cardiaco andato a buon fine, il mio primo decesso, la mia prima colica renale le terrò solo per me.

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