Abituati alle emergenze, ma non eravamo pronti ad affrontare COVID-19
Operatori del 118 trasportano un paziente infettato dal coronavirus
Quotidianamente ci troviamo a gestire interventi che seppur uguali per l’assegnazione del codice della patologia spesso si differenziano per le variabili strutturali, organizzative e personali (un paziente infartuato non è mai uguale ad un altro ).
Chi lavora da anni per il servizio territoriale è abituato a gestire codici verdi che spesso sono rossi e codici rossi che in realtà sono verdi se non addirittura bianchi, ma non eravamo pronti ad un’emergenza del genere. Non eravamo pronti ad affrontare il COVID-19 .
Nessuno parla di noi , nessuno vi comunica che siamo i primi ad avere un contatto diretto con il paziente sul territorio, senza sapere se è positivo o negativo. Spesso senza sapere se è un sospetto COVID-19 o una semplice frattura di femore o, perché no, entrambe le cose.
“Siamo fantasmi, siamo i fantasmi del Sistema Territoriale. Siamo i fantasmi che quotidianamente prestano soccorso a pazienti in arresto cardiaco . Siamo i fantasmi che gestiscono pazienti affetti da colica renale o dolore addominale.
Siamo i fantasmi che estricano i pazienti da una macchina, quando alle 4.00 del mattino immaginavano di essere sulla pista di Monza. Oggi siamo gli stessi fantasmi di prima, ma con una competenza in più: eseguire i tamponi a domicilio per limitare gli spostamenti ed evitare il contagio .
Oggi, siamo gli stessi fantasmi che trasportano i pazienti con “Codice 3, filtro e rianimatore” non solo per un politrauma , per un’emorragia massiva o per ictus emorragico , ma perché le condizioni cliniche, dopo tampone positivo ed isolamento domiciliare, sono degenerate.
Siamo gli stessi fantasmi a cui non spetta di richiedere di essere sottoposti al tampone a meno che non presentiamo sintomi; ma tanto a chi importa che siamo in contatto per 12-24 ore con pazienti che vanno considerati tutti come pazienti “zero” o se eseguiamo tamponi a pazienti sospetti che presentano sintomi da giorni?
I più fortunati di noi, che hanno adottato le idonee misure e hanno ricevuto tutti i DPI non si contagiano; i meno fortunati invece devono aspettare che compaiano febbre o tosse, per poter richiedere il tampone. Ma intanto siamo entrati in contatto con centinaia di persone…
Siamo gli stessi fantasmi a cui non viene comunicato l’esito del tampone di un paziente, “per privacy” - ci dicono - ma sono i pazienti che ci richiamano e ci informano. Siamo gli stessi fantasmi che lottano per avere i dispositivi di protezione individuale , quando lavorare in sicurezza dovrebbe essere del tutto naturale e non un’elemosina.
Siamo fantasmi, non siamo eroi
Abbiamo modificato i nostri termini tecnici, siamo passati da “il paziente è in arresto cardiaco, iniziamo l’RCP” a “è un paziente sospetto COVID- 19”. Siamo passati dal “mi indichi dove ha dolore” a “mi dispiace non poter dialogare con lei, ma dobbiamo eseguire il tampone e andare via, non possiamo stare troppo tempo in contatto”.
Siamo passato da “cucchiaia, spinale, barella, collare, ragno e steccobenda. Attiviamo il protocollo PHTC”, a “calzari, tuta, mascherina, visiera e guanti. Siamo coperti bene?”. Siamo passati da “abbiamo dimenticato qualche presidio a casa del paziente?” ad “attenzione durante la svestizione, non contaminiamoci”.
Prima della pandemia, al suono del tablet che riporta il codice e le generalità dell’intervento, ci chiedevamo dove saremmo stati indirizzati. Oggi al suono del tablet speriamo che non sia riportata la scritta “infettiva - sospetto COVID-19 ”.
Qualcuno dirà: “È vostra competenza. È il vostro lavoro. Senza ombra di dubbio e non ci siamo mai tirati indietro, ma ricordiamoci sempre che nasciamo come Servizio di Urgenza ed Emergenza e già prima del coronavirus tale servizio era precario e i codici bianchi superavano di gran lunga i codici gialli o rossi.
“È nostra competenza fare i tamponi”, ma vorremmo essere messi nelle condizioni di poter lavorare in sicurezza , per la salute dei nostri pazienti, per la nostra salute e in particolar modo per la salute dei nostri familiari. Siamo Volontari, ma non siamo missionari e una volta completate le nostre interminabili ed estenuanti ore di lavoro ci rechiamo dai nostri cari e non possiamo e non vogliamo mettere in gioco la loro vita solo perché figli, madri, padri, sorelle o fratelli, nonne, fidanzati, mariti, mogli, zii o cugini di operatori sanitari.
Serve anche l’aiuto dei cittadini
È necessario che i cittadini ci aiutino in questa guerra contro un nemico più grande di noi, che possiamo debellare solo in due modi: essere uniti e restare in casa. I cittadini possono collaborare a salvaguardare la vita , allertando il servizio territoriale quando è veramente necessario e non quando il medico di medicina generale non è reperibile o quando la guardia medica ha troppi interventi da gestire.
I cittadini non devono allertare il 118 perché “una visita in questo periodo non fa mai male”, ma quando in gioco c’è la vita del proprio caro. Prima della pandemia le ambulanze stazionavano per “blocco presidi” nei Pronto soccorsi perché non vi erano barelle disponibili. Oggi la situazione è allo stremo : non vi sono ambulanze disponibili in quanto fungono da camere di isolamento per i pazienti sospetti COVID-19 in attesa di posto letto.
Per tale motivo le ambulanze sul territorio si riducono e i restanti interventi sono ritardati per mancanza di mezzi e di personale. Non è colpa nostra quando in seguito ad un incidente stradale, “arriviamo troppo tardi” – come spesso ci viene detto - ma non vi era nessun mezzo libero. I protocolli vengono rispettati e gli operatori sono dotati di competenze e conoscenze adeguate, infatti con una tempistica inferiore a 120 secondi dalla ricezione dell’allarme vi è la partenza del mezzo .
Speriamo quindi nel buon senso dei cittadini: vi sono poche ambulanze, alcune sono bloccate, altre impegnate nell’eseguire i tamponi a domicilio e molte servono per le vere e proprie urgenze ed emergenze. È bene che i cittadini sappiano inoltre che se il tampone viene eseguito dopo 3-4 giorni rispetto all’avanzamento della richiesta, non dipende dagli operatori impegnati sul territorio, ma da un circuito burocratico macchinoso e da una lunga lista di attesa.
È bene che i cittadini sappiamo che quando per una stipsi consigliamo di non andare in ospedale non siamo gli sfaticati che fanno un lavoro controvoglia, stiamo semplicemente salvaguardando la loro salute da un problema che può essere risolto a domicilio attraverso i medici competenti e che andare in ospedale, quando non è necessario, aumenta la possibilità di contagio .
È bene che i cittadini sappiamo che oggi in tutta Italia sono oltre 5 mila gli operatori sanitari contagiati da COVID-19 . Noi operatori del Servizio Territoriale non vorremmo accrescere questo numero, in quanto significherebbe un blocco totale delle urgenze ed emergenze sul territorio. Non ci si ammala solo di Coronavirus, ma di tante altre patologie.
Siamo i fantasmi del sistema sanitario e non solo: siamo volontari, ma la nostra vita vale meno di 5 euro l’ora. Noi ci siamo, ma contribuite ad aiutarci: restate a casa
Vincenza G. - Infermiera del Servizio di Urgenza ed Emergenza Territoriale
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