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Infermieri

Il bilancio dei primi vent’anni di formazione universitaria

di Sara Di Santo

In occasione del 35° Congresso Nazionale Aniarti abbiamo cercato di fare il punto sul mondo dell’Infermieristica in Università, parlandone con Luisa Saiani, Professore Ordinario di Scienze Infermieristiche presso l’Università di Verona. Ottimi risultati sono stati raggiunti, ma c'è ancora da lavorare per la stabilità accademica della disciplina infermieristica.

Stato dell’arte e le sfide per il futuro della formazione infermieristica

Con l’arrivo del Decreto Ministeriale 739/94 - il Profilo Professionale dell’Infermiere - nasce ufficialmente anche in Italia la Professione Infermieristica propriamente detta.

L’infermiere diventa così, anche agli occhi della Legge, un professionista pensante e, dotato di una scienza e di una coscienza, è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale, è responsabile dell’assistenza generale infermieristica.

Sono passati dunque più di venti anni dall’introduzione del Corso di Laurea in Infermieristica abilitante all’esercizio della professione e il bilancio di questi primi venti anni di formazione infermieristica universitaria è un bilancio positivo - afferma Saiani – Stiamo formando ogni anno 15.000 studenti di Infermieristica, circa 190 sono i Master per Infermieri attivati nel 2015-2016, attualmente sono 31 le Università italiane che hanno attivato il Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche e 5 le Scuole di Dottorato.

Quella che è stata sviluppata fino ad oggi è una progressione degli studi infermieristici in Università completa, ma dopo 20 anni è d’obbligo fermarsi a riflettere e ad analizzare cosa può essere migliorato.

A fronte di un Sistema Sanitario che vede crescere sempre più i modelli organizzativi extraospedalieri, è necessario riorientare il primo livello formativo e preparare giovani infermieri che non vedano nel loro futuro solo l’ospedale, ma che colgano in realtà quali la libera professione e il territorio delle opportunità di carriera solida e non come soluzioni momentanee e precarie come invece accade oggi.

Il terzo anno di Infermieristica dovrebbe preparare infermieri neolaureati proiettati verso modalità di lavoro molto articolate, non considerandole come soluzioni precarie di transizione, ma modalità stabili di lavoro

Una nota dolente per quanto riguarda la formazione degli infermieri dopo la laurea triennale è rappresentata dai Master e dall’offerta formativa disomogenea che garantiscono.

Non siamo del tutto soddisfatti di come sono organizzati oggi i Master – osserva Saiani – perché sono un percorso formativo molto flessibile, ogni Università può organizzarlo in maniera autonoma e questo crea troppe differenze nei livelli di preparazione.

Queste differenze non sono accettabili – prosegue – una proposta potrebbe essere quella di stabilire a livello nazionale dei criteri per i Master che specializzano gli infermieri e arrivare a poter affermare che un infermiere specializzato in un determinato ambito, ovunque abbia frequentato il master, abbia acquisito le competenze che la professione ritiene irrinunciabili per quella specializzazione.

La professione del care

Quella dell’infermiere è una professione che coinvolge, che lo interroga nella sua umanità. Assodata l'ontologica polisemanticità in continua evoluzione, essere professione di care è un privilegio e comporta grandi responsabilità, nei confronti degli assistiti, dei colleghi, degli studenti e di sé stessi.

Accanto alle pratiche basate sulle evidenze scientifiche, ricorda Saiani, è necessario mantenere viva anche la formazione umanistica nei contenuti mirati e utili per la professione.

Gesti tecnicamente competenti, infatti, risultano profondamente differenti in base alla “cura” o all’”incuria” di quelle azioni; azioni che devono porre attenzione alle sottodimensioni dell’ascolto, azioni che devono essere collegate ad un pensiero presente sul paziente e sulla sua storia per contrastare l’ordinarietà della cura, ovvero il suo rischio di diventare invisibile.

La docenza infermieristica in Italia

Attualmente in Italia sono circa 35 i docenti di Infermieristica strutturati in Università: ricercatori, professori associati e due professori ordinari.

Abbiamo raggiunto un obiettivo importante – afferma Saiani, da pochi mesi nominata Professore ordinario di Scienze Infermieristiche all’Università di Verona – ma è decisamente insufficiente e sproporzionato per il peso che ha assunto la formazione infermieristica all’interno delle scuole di Medicina.

È un settore che al momento rappresenta una battuta d’arresto, ma l’obiettivo che si sta ponendo la professione – continua Saiani – è quello di far sì che ogni Università italiana che ha un Corso di Laurea in Infermieristica abbia almeno due o tre professori strutturati nella disciplina Infermieristica. Solo questo potrà darci stabilità accademica.

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