Il dottorato di ricerca, introdotto a livello italiano nel 1980 come “titolo accademico valutabile soltanto nell’ambito della ricerca scientifica”, è il terzo e massimo grado di istruzione universitaria. Nei sistemi universitari anglosassoni, viene chiamato Doctor of Philosophy (Ph.D).
Questo percorso formativo ha lo scopo di far acquisire competenze avanzate nell’ambito della ricerca scientifica, permettendo al dottorando di essere autonomo nell’attività professionale di ricercatore da esercitare presso Università, Enti pubblici o soggetti privati.
Spesso in Italia viene visto come un passaggio obbligato per accedere al contesto universitario e intraprendere la carriera accademica o come titolo utile per guadagnare punteggio nei concorsi pubblici.
Tutti coloro che sono possesso di una laurea di secondo livello conseguita in Italia oppure di un titolo equivalente conseguito all’estero e riconosciuto in Italia, possono accedere al concorso per il Dottorato. I requisiti di ammissione sono scelti dalle singole università, per questo i bandi possono prevederne di diversi.
Non si possono iscrivere coloro che stanno già frequentando un percorso di studio universitario (laurea, laurea magistrale, dottorato) né coloro che sono già in possesso di un titolo di Dottore di Ricerca.
Si accede ad un corso di Dottorato tramite un concorso a numero chiuso di carattere internazionale indetto dalle singole università. Solitamente la maggior parte dei vincitori ha diritto a borse di studio erogate da enti interni o esterni dichiarati in fase di bando. Le borse di studio sono erogate mensilmente e prevedono una sorta di “retribuzione” del dottorando che si aggira intorno ai 1000 euro (13.638,47€ annui al netto degli oneri INPS).
I dottorandi che non vincono la borsa di studio sono soggetti agli stessi obblighi accademici dei colleghi borsisti e devono sostenere autonomamente le tasse universitarie, le quali sono di importo variabile a seconda della sede universitaria. Il dottorando può ogni anno chiedere un rimborso spese per costi relativi alla sua formazione, che siano stati precedentemente approvati dal collegio docenti.
Durante il corso di Dottorato è possibile trascorrere dei periodi di studio o ricerca all’estero. Questi, se di durata inferiore ai sei mesi, possono essere autorizzati dal Coordinatore di Dottorato o dal Tutor dello studente; quando invece la permanenza continuativa è superiore a sei mesi è necessario che si pronunci il Collegio dei docenti. Gli studenti borsisti possono usufruire di una maggiorazione della borsa per i giorni di permanenza all'estero.
“L’ammissione ai dottorati di ricerca comporta un impiego esclusivo e a tempo pieno”, DM n°45/2013. Spetta al Collegio docenti la decisione riguardante le attività lavorative esterne o la prosecuzione dell’attività lavorativa in essere al momento dell’iscrizione al Dottorato (solitamente l’attività lavorativa presso enti privati viene proseguita).
Per quanto riguarda il lavoro presso le pubbliche amministrazioni è possibile sia accedere ad un periodo di aspettativa pari alla durata del corso, mantenendo la retribuzione, sia rinunciare alla borsa e proseguire entrambe le attività lavorative, se questo non compromette la possibilità di frequentare i corsi.
In base all’ambito disciplinare di appartenenza, i corsi di Dottorato sono organizzati all’interno di “scuole di dottorato”. I corsi in Italia durano generalmente 3 anni, la frequenza dei corsi comporta l’acquisizione di 180 crediti formativi di ricerca (CFR) e l’elaborazione di una tesi originale.
Per l’ammissione all’anno successivo il dottorando ha il compito di ottenere un numero di crediti sufficiente per il superamento dell’anno accademico e redigere una relazione annuale della sua attività di ricerca, che viene presentata e discussa dal collegio docenti.
Recentemente è stata abolita la possibilità della proroga di un anno (è possibile prolungare il corso solo se formalmente il dottorando non supera l’esame di ammissione alla discussione della tesi di dottorato).
Ogni corso di dottorato ha un suo collegio docenti ed un coordinatore. Durante i tre anni ogni dottorando è guidato da un professore universitario, chiamato tutor, che supporta il dottorando nella ricerca scientifica. Questa collaborazione può essere davvero fondamentale per il dottorando in quanto solo il tutor può accompagnarlo nel mondo dell’università oltre che della ricerca scientifica.
Il titolo di dottore di ricerca viene conferito a chi ha conseguito, a conclusione del corso, risultati di rilevante valore scientifico documentati da una dissertazione finale scritta e accertati da una commissione nazionale costituita annualmente per ogni gruppo di discipline e composta da tre professori di ruolo, di cui due ordinari ed uno associato. La tesi di dottorato può essere costruita secondo il modello classico di trattazione e discussione della ricerca, oppure può essere composta da tre paper che siano già stati accettati da riviste scientifiche.
Corsi di Dottorato in Scienze Infermieristiche (MIUR, ottobre 2016)
Dottorato | Struttura di appartenenza | Ateneo |
Sc. Infermieristiche | Dip. Sanità pubblica | Firenze |
Sc. Infermieristiche | Dip. Medicina interna e sanità pubblica | L’Aquila |
Sc. Infermieristiche ed Ostetriche | Dip. Sanità pubblica microbiologia e virologia | Milano |
Sc. Infermieristiche e sanità pubblica | Dip. Biomedicina e prevenzione | Roma “Tor Vergata |
Sc. Infermieristiche | Dip. Sanità pubblica e biologia cellulare | Roma “Tor Vergata” |
Metodologia della ricerca in sc. infermieristiche | Dip. Scienze della salute | Genova |
Nonostante la rilevanza del dottorato di ricerca per la professione infermieristica, sono a tutt’oggi molto pochi gli infermieri che hanno conseguito questo titolo di studio. Le ragioni di un ridotto numero di infermieri dottori di ricerca sono principalmente identificabili in tre elementi:
- scarsa diffusione della cultura della ricerca scientifica;
- ridotto numero di scuole di dottorato per infermieri;
- quasi assenza di prospettive di sviluppo professionale.
Sempre di più la professione infermieristica si sta allontanando dalla mera esecutività e sta aprendosi a nuove prospettive che prevedono maggiore responsabilità, decisionalità, pianificazione e verifica dei risultati.
In quest’ottica non è più possibile rimanere solo lettori passivi di una ricerca che viene costruita in contesti più o meno distanti dal proprio; è necessario partecipare, collaborare, spingersi oltre alla lettura dei risultati e sviluppare una buona capacità critica.
L’infermiere esperto ha la competenza e la capacità per identificare quesiti clinici ed organizzativi, ha l’expertise necessaria per trovare le domande e ha bisogno, oggi, di essere affiancato da esperti che lo aiutino a trovare le risposte. Certo, non tutti possono o devono affrontare un percorso di dottorato. Tuttavia, parallelamente ad una specializzazione clinica che lentamente si sta evolvendo, deve crescere una rete di professionisti a sostegno alla professione che sia costituita da infermieri, in collaborazione con i medici e con le altre figure presenti nell’ambito sanitario. In collaborazione, non in situazione di dipendenza.
Aumentare le competenze di ricercatori significa aprirsi ad un mondo di possibilità di crescita e sviluppo. Sostenere il lavoro di ricercatori formati e competenti all’interno delle aziende sanitarie significa creare innovazione, qualità e aumentare l’attrattività verso l’esterno. Sostenere degli infermieri ricercatori significa sostenere la ricerca più vicina al paziente, quella che sa ascoltare e risolvere, che sa cogliere piccole sfumature e fare grandi differenze.
Ad oggi l’infermiere è il ruolo sul quale, all’estero, si investe con maggiore consapevolezza; in Italia non manca solo l’investimento, ma manca anche la consapevolezza che deve nascere proprio dai professionisti.
La realtà per un PhD student infermiere è altamente impattante. La ricerca offre grandi opportunità ed il mondo accademico è molto diverso dalle lauree triennali professionalizzanti in cui l’infermiere si forma e cresce.
È necessario predisporsi ad un cambiamento di prospettive, di consuetudini e anche di gerarchie. Non esistono più solo tutor, docenti e coordinatori; le relazioni e le collaborazioni aumentano esponenzialmente, così come aumentano le possibilità di aprirsi alle contaminazioni con altre discipline (psicologia, filosofia, scienze applicate, formazione, ad esempio).
Ci sono enormi possibilità di approfondimento, studio e sviluppo. Per conseguire annualmente il numero prefissato dei crediti è necessario frequentare corsi e seminari proposti dal dottorato, lectio magistralis e convegni, presentando poster e relazioni, confrontarsi in discussioni con i professori del collegio ed esporsi all’indagine sulla rigorosità metodologica perfezionando le proprie competenze in ogni ambito della ricerca scientifica.
Scegliere un buon filone di ricerca è indispensabile. Essere in primis dei clinici offre la possibilità di conoscere le domande, avere fiducia nel proprio tutor consente di lasciarsi guidare nel difficile compito di esplorare in modo reale e viscerale l’argomento.
Predisporsi alla fatica ed allo studio può dare la possibilità di mantenere nel tempo la contaminazione. E proseguire, alla fine, un percorso da ricercatori collegati ad una rete indispensabile, perché, come sappiamo, ”non si fa ricerca da soli”.
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