Dal 12 marzo, ogni anno, si celebrerà la Giornata nazionale contro la violenza verso i sanitari. L’intento: sensibilizzare e promuovere una cultura che condanni ogni forma di aggressione nei confronti dei lavoratori. Certo è un primo passo, ma occorre aumentare la sorveglianza negli ospedali e incrementare il numero di infermieri in rapporto ai pazienti
, afferma il segretario nazionale Fials, Carbone, secondo cui l’aumento di tali, incresciosi episodi rappresenta un’ulteriore sconfitta per la politica
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Fials: condannare ogni forma di aggressione verso i sanitari
È stato sufficiente da parte del ministro della Salute, Roberto Speranza, indire ogni anno – a partire dal prossimo 12 marzo – la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari? Certo, l’intento è lodevole: sensibilizzare e promuovere una cultura che condanni ogni forma di violenza nei confronti dei lavoratori del comparto sanitario. Ma, appunto, lo stesso interrogativo formulato dagli operatori appresa la notizia dell’istituzione della Giornata internazionale dell’infermiere si ripropone anche in questo caso. E una risposta arriva dalla Fials per voce del segretario nazionale, Giuseppe Carbone. L’istituzione di una Giornata di sensibilizzazione è di certo un primo passo ma – prosegue – quel che occorre è innanzitutto che ci sia il giusto riconoscimento professionale e sociale dei professionisti sanitari, e che l’intero settore sia presente ogni giorno nell’agenda politica. Sensibilizzare la popolazione senza tutelare i sanitari non contribuirà efficacemente a ridurre gli episodi violenti
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Occorre aumentare la sorveglianza negli ospedali e incrementare il numero di infermieri in rapporto ai pazienti. Gli operatori sanitari non possono più essere lasciati soli
La pandemia ha aumentato gli episodi di violenza verso i sanitari
Già, gli episodi di aggressioni, fisiche e non, nei confronti dei sanitari oramai non si contano più: da Milano a Napoli passando per Roma, con il segretario nazionale del Nursing Up, Antonio De Palma, che parla di ospedali come ring
. E mentre nel Regno Unito alcuni operatori sanitari del dipartimento di emergenza dell’Oxford University Hospital, adeguatamente formati, indosseranno sulla divisa una telecamera in piena vista per scoraggiare il fenomeno delle aggressioni, in Italia – come anticipato – la situazione è sempre più complicata (nonostante il Decreto-legge antiviolenza entrato in vigore dal settembre 2020, i casi sono in costante aumento).
L’amara verità – incalza Carbone – è che l’incremento delle violenze verso i professionisti sanitari rappresenta un’ulteriore sconfitta per la politica. Ancora non è stata data una risposta istituzionale adeguata ai rischi che i sanitari corrono ogni giorno nel nostro paese
. Secondo il rapporto Inail, infatti, sono 5mila le aggressioni, ogni anno, subite dagli infermieri italiani, circa 13/14 al giorno. E nel 58% dei casi si è trattato di un’aggressione fisica. Ancora una volta ad essere più colpite sono le donne che rappresentano il 78% degli infermieri – complessivamente oltre 456 mila – e sono oltre 180 mila quelle che hanno subìto un’aggressione nella loro vita. In 100mila casi si è trattato di aggressioni fisiche. Solo alcuni giorni fa l’ultimo episodio a Catania, dove un’infermiera 40enne in servizio al Pronto soccorso dell’ospedale Cannizzaro è stata aggredita da un paziente, subendo la rottura del tendine del dito (che richiederà un intervento di microchirurgia della mano). L’azienda Cannizzaro ha trasmesso la documentazione inerente la vicenda alla magistratura, ma intanto l’operatrice ha una prognosi di 40 giorni nonché la necessità di un’operazione di chirurgia plastica con l’intento di recuperare parte della funzionalità perduta.
Riprende ancora Carbone: È un fatto che la pandemia ha, in tutto il mondo aumentato gli episodi di violenza contro i sanitari che sono diventati bersaglio della rabbia di chi, colpito dal virus, ha visto la propria salute appesa a un filo
. Ma ai fatti bisogna replicare con i fatti. Che si aumenti pertanto la sorveglianza presso gli ospedali e soprattutto si incrementi il numero di infermieri in rapporto ai pazienti. Gli operatori sanitari non possono più essere lasciati soli
, è l’amara conclusione.
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