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12 maggio

L’assistenza non conosce frontiere

di Giordano Cotichelli

La giornata internazionale degli infermieri oggi, più che in passato, mostra uno stretto legame con Florence Nightingale, figlia sia di una modernità tanto agognata nelle polverose e ribelli decadi del XIX° secolo, sia di una visione autoritaria e gerarchica della società, prodotto dell’epoca vittoriana cui lei apparteneva in pieno. La modernità di questa pandemia, legata allo sfruttamento estremo delle risorse del pianeta, umane e naturali, strettamente correlata all’inquinamento e alle fragilità di sistema (sociali, sanitarie e politiche), getta lo sguardo verso le iniquità esistenti nel mondo, in molti casi frutto del colonialismo e del modello economico europeo. Significativa testimonianza in questo, proprio un mondo legato al passato imperiale britannico, subcontinente asiatico e gioiello della corona fino all’agognata indipendenza del 1947. Si sta parlando dell’India che in queste giornate di primavera soffre un aumento dei contagi e della mortalità da Covid-19. Secondo paese per numero di contagi (oltre 20 milioni) dopo USA e prima del Brasile, e terzo per numero di morti (quasi sulla soglia dei 250.000) dopo USA, Brasile e prima del Messico. L’Italia, ricordiamolo, è ottava per numero di contagi e sesta per decessi.

Solidarietà internazionale nel giorno degli infermieri

12 Maggio: Giornata Internazionale degli Infermieri

Qualche giorno fa la presidente dell’ICN (International Council of Nurses, rappresentata in Italia dalla CNAI) ha inviato un messaggio di solidarietà e sostegno alle infermiere indiane, duramente impegnate in un paese che paga il suo alto tributo pandemico in stretta correlazione alle disuguaglianze sociali che lo connotano.

L’India di Bollywood, dei call center affittati a migliaia di chilometri di distanza, mostra di essere soprattutto l’India degli uomini cavallo, i disperati che trascinano risciò per turisti, si nutrono di una tazza di riso al giorno, soffrono di tubercolosi e muoiono schiantati dal lavoro in mezzo alla strada. Le stesse strade dove vengono improvvisate le pire che bruciano i cadaveri dei disperati cui è stato negato l’ossigeno.

Le immagini ritraggono i rettangoli neri visti dall’alto, delle avvenute cremazioni e rimandano ai rettangoli marroni delle fosse in campo aperto del Brasile. Altro paese in cui le disuguaglianze, le gerarchie economiche, la crudeltà e il cinismo delle classi al potere, hanno prodotto, e continuano a produrre, tragedie. Pensare alle colleghe e ai colleghi, ai pazienti e ai famigliari di quei paesi, e di tutto il resto del mondo, è un atto dovuto per non dimenticare il gravoso compito portato avanti da tutte e tutti anche qui da noi.

Retorica? Senza alcuna ombra di dubbio, del resto non potrebbe essere altrimenti nel giorno del genetliaco di una figura storica che non ce la fa a sorridere in una fotografia, che sia una, per poter rendere meno gravosa la missione che tutti ci attende. Ma non è il caso di dolersene oltremodo e se si ha proprio voglia di sottolineare l’afflato internazionale di questo giorno allora basta andare a vedere in rete le tante dediche fatte per l’occasione, o legate ad ogni modo alla professione.

Personalmente mi ha colpito il manifesto realizzato per incentivare l’iscrizione ai corsi universitari di infermieristica fatto dalla OCN (Oregon Center of Nursing) il cui titolo è: Caring knows no boundaries. It’s about culture. It’s about community. It’s about neighbourhood. La cura non ha frontiere. È qualcosa legato alla cultura, alla comunità, al prossimo.

L’immagine scelta che accompagna queste parole è molto significativa. Rappresenta un gruppo di sanitari, in diverse pose e abiti da lavoro, la cui composizione è multietnica. Un messaggio denso per quanto esplicito e ricco di fiducia e giustizia, in contrapposizione alla tanta povertà d’animo legata al razzismo, al sessismo e al classismo che hanno reso ancora più difficili questi tempi di pandemia.

Solidarietà internazionale, dunque, nel giorno degli infermieri. Non potrebbe essere altrimenti, pensando a chi torna a rischiare la vita nell’attraversare mari e frontiere, muri e limiti di sicurezza per lavori insicuri, malpagati e peggio vissuti; fino a morirne. E se alla stupidità e al profitto di chi è in cerca continua di consensi, senza aver fatto nulla per salvare e aiutare i suoi simili, sembra non esserci fine, un piccolo messaggio, strumentale certamente, di speranza sembra arrivare da oltre oceano.

Il Presidente Biden ha proposto di togliere i brevetti sui vaccini. Una buona notizia e, se son rose… fioriranno. Certo si sta parlando del Presidente degli USA e non di un qualsiasi governatore piccolo piccolo che ciancia di questo e di quello, pasticcia con tamponi e vaccini, ordinativi e riaperture. Corre in avanti a cercare zone bianche e poi chiude tutto per il rosso delle scelte vergognose fatte. Ma questo è il nostro tempo e come infermieri non possiamo fare altro che attrezzarci per cambiarlo, non solo in corsia o all’interno del codice deontologico, ma nella società in cui viviamo e lavoriamo. E se al peggio, qualcuno direbbe, non c’è mai fine, è vero anche il contrario, che nulla è per sempre ed un mondo migliore, dove la salute sia un diritto esigibile da parte di tutti, ovunque, sempre, inizia sin da oggi, rafforzando diritti conquistati, acquisendone di nuovi.

12 maggio 1974

E se volete proprio dare un senso alla commemorazione, allora fate un giro in rete, cercate da qualche parte che cosa è accaduto il 12 maggio di quello o di quell’altro anno. Probabilmente troverete un riferimento utile, bello, ideale cui pensare per allargare e rafforzare il senso di una giornata importante. Io ne ho trovati tre.

Il primo riguarda il 12 maggio del 1974, quando in Italia il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio fu battuto con una percentuale del 59,3 ed un’affluenza dell’88%. Un chiaro messaggio di un paese che reclamava a piena voce il suo diritto alla libertà (della donna in particolare) all’interno della coppia e chiedeva di spingersi verso un rinnovamento della società che da troppo tempo era stato rimandato.

12 maggio 1977

Il secondo riferimento è di tre anni dopo, nel 1977, quando purtroppo perse la vita una manifestante radicale e pacifista, uccisa durante una manifestazione. Si chiamava Giorgiana Masi e perse la vita proprio per ricordare in piazza, democraticamente e apertamente, il referendum vinto qualche anno prima.

12 maggio 1995

La terza ed ultima data riguarda il 12 maggio del 1995 quando, all’età di 45 anni, la cantante Mia Martini muore per arresto cardiocircolatorio. È un riferimento che rende onore ad una figura tanto importante quanto fragile, ricca di talento e poesia, quanto sfortunata nella dimensione di vita. È un omaggio alle tante canzoni che hanno accompagnato e tutt’ora continuano a farlo, generazioni di italiane – ed anche di infermieri – e soprattutto rimanda ad un passaggio indimenticabile di una di queste, ad un ritornello gridato e sofferto che ripeteva: Tu piccolo uomo non mandarmi via. Io piccola donna morirei. Una fragilità urlata, disperata, disposta ad accettare tutto, come purtroppo – con conseguenze nefaste - per molte donne accade, o per molti lavoratori, anziani, studenti, malati, immigrati.

Siamo sempre disposti a tenerci il nostro piccolo uomo, anche a costo della nostra stessa vita. Ma questo deve cambiare. Non c’è più posto per gli uomini piccoli piccoli e neanche per i grandi uomini, i salvatori della patria. È ora che la normalità, quella giusta, vera, diventi sistema. È qualcosa che interessa tutta la comunità, la cultura, il nostro prossimo. L’assistenza non conosce frontiere.

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