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Editoriale

Quando la pandemia diventa pandemonio

di Monica Vaccaretti

La pandemia è un evento maledettamente serio e raro, finora capitava un secolo ogni tanto. L'ultima volta è stata l'Influenza Spagnola (1918-1920), la più grave pandemia della storia, una strage di 50-100 milioni di morti su una popolazione di circa 2 miliardi. Pur non avendo la stessa portata in termini di decessi, la pandemia Covid – con 5 milioni di morti, ampiamente sottostimati secondo la denuncia dell'Oms, su una popolazione di 7 miliardi – non è tuttavia meno grave perché segna purtroppo l'inizio dell'epoca delle pandemie. Anche se tuttora non esiste una definizione scientifica e definitiva, si ritiene che la comparsa di un agente patogeno nuovo verso il quale non sono note cure efficaci, la sua capacità di colpire gli esseri umani dopo generalmente uno spillover e il rapido diffondersi della relativa malattia che coinvolge la maggior parte della popolazione mondiale, siano i requisiti fondamentali per definire e dichiarare una pandemia. Secondo le previsioni, tale situazione si verificherà d'ora in poi con maggiore frequenza a causa dei gravi cambiamenti climatici ed ambientali e sarà favorita dal fenomeno della globalizzazione. Ci troviamo intanto ancora nel bel mezzo di una pandemia, che può essere definita come un focolaio globale in cui si nota sia la diffusione del patogeno responsabile sia gli effetti della malattia.

Quando la pandemia si trasforma in pandemonio

La pandemia Covid si trova in una fase caotica che si potrebbe definire "pandemonio"

Secondo gli esperti, la pandemia Covid è il Big One. È la prima pandemia di una malattia causata da un coronavirus. La comunità scientifica internazionale, infatti, si aspettava da tempo una pandemia da virus influenzale, aviario o suino. È stata invece colta di sorpresa di fronte a continue emergenze sanitarie causate da coronavirus. Ma se la Sars ha soltanto marginalmente colpito l'Occidente e la Mers non ha rappresentato una minaccia rilevante a livello globale, la Sars-CoV-2 è stata un imprevisto che ancora non si è capito bene come e dove sia partita. E l'emergenza acuta sta diventando ora un'emergenza cronica con la quale dovremmo convivere per anni. Perché la fine di un'ondata di Covid non significa la fine della pandemia. Se un'ondata si impenna, raggiunge il picco, rallenta, si appiattisce e poi lentamente decresce sino ad affievolirsi in un posto, è soltanto per ricomparire e risalire in un altro e poi, ciclicamente, ritornare.

Pandemonio è, secondo me, la definizione adatta a definire la fase attuale della nostra pandemia

Da un recente studio condotto dall'Università di Padova, cui hanno preso parte ricercatori internazionali (Intensity and frequency of extreme novel epidemics, Marco Marani, Gabriel G. Katul, William K. Pan e altri, August 31, 2021 118-35) le pandemie saranno sempre più frequenti e più letali. Inoltre, è molto probabile che ciascuno di noi ne viva un'altra, come quella di Covid, nel corso della propria vita. Secondo gli autori, l'intensità dell'epidemia di spagnola, definita come il numero di vittime diviso per la durata dell'epidemia e normalizzata rispetto alla popolazione mondiale del tempo, fu di circa il 5,7 per mille/anno. La Covid finora ha mostrato di avere un'intensità dello 0,3 per mille/anno, circa 20 volte meno. Secondo il calcolo delle probabilità, una spagnola 2.0 potrebbe verificarsi entro i prossimi 400 anni mentre per una Covid 2.0 potremmo dover aspettare solo 59 anni. In ogni caso la statistica ci dice che potrebbe capitare anche prima.

In questo drammatico quadro epidemiologico, non abbiamo bisogno che la pandemia, in attesa che il virus diventi endemico e la malattia cronicizzi, si trasformi in un pandemonio. Voce inventata dal poeta inglese John Milton (1608-1674) per indicare la città dei demoni nel suo “Paradiso Perduto”, viene oggigiorno usata per indicare una grande confusione e un disordine tremendo. Significa anche un insieme di reazioni e proteste molto vivace. Il suo significato popolare indica un casino e una caciara. In senso figurato esprime una babele e una babilonia. Pandemonio è, secondo me, la definizione adatta a definire la fase attuale della nostra pandemia.

Mi sembra che la pandemia sia, ogni giorno che passa, proprio un pandemonio. La sua gestione è negli ultimi mesi un gran casino forse perché la variante Omicron ha destabilizzato governi e sistemi sanitari e non si sa davvero più che fare. Ho la spiacevole sensazione che abbiano mollato gli ormeggi e che ognuno cerchi di salvarsi da solo, come meglio può. Mi pareva che la rotta fosse segnata, bastava seguirla osservando tutte le misure anti-contagio, raggiungere una copertura vaccinale ottimale e osservare l'impegno preso con Covax di riuscire a vaccinare davvero tutto il mondo lasciato indietro, secondo l'obiettivo fissato per luglio 2022.

Pandemia Covid: una babele di pareri controversi

La pandemia è sempre più una babele di pareri controversi e discordanti tra clinici, virologici ed epidemiologici, nonostante le raccomandazioni del Direttore Generale dell'Oms di attuare una comunicazione univoca ed istituzionale. La pandemia è una caciara perché la comunicazione continua ad essere eccessiva e poco chiara e fatica ad arginare la controinformazione fuorviante e destabilizzante dei social media. La pandemia è una gran confusione perché le politiche sanitarie sono diverse da Paese a Paese, tra restrizioni abrogate troppo presto e obblighi severi sanciti per legge. La pandemia è un disordine tremendo perché vengono emanati decreti e diffuse circolari che complicano anche quelle poche certezze semplici che avevamo capito sinora e che davano un certo ordine e un senso alle cose. Ci sono disposizioni precise ma non ci sono i controlli sull'osservanza, se non a campione, perché siamo in troppi e la scelta politica si affida così all'onestà e al senso di responsabilità dei cittadini.

Non ci sono sanzioni amministrative pesanti, se non cento euro una tantum per i trasgressori dell'obbligo vaccinale. Si cambiano le regole della quarantena, senza chiarezza espositiva e senza logica sanitaria ma soltanto per ragioni di tenuta economica e sociale. Semplicemente perché il contagio è esponenziale, incontrollato, ingestibile e il tracciamento dei contatti impossibile. Per non finire in un colore che comporta ulteriore chiusura e danno per aziende ed attività commerciali, le Regioni dichiarano altri posti letto aggiuntivi – come se si trattasse di aumentare solo i materassi - e propongono di cambiare il bollettino giornaliero dei contagi, distinguendo tra sintomatici e asintomatici, tra soltanto positivi non malati e i malati veri, ricoveri per Covid e quelli anche con Covid. Un altro gran casino cui sembrano dare credito, al Governo ci stanno pure pensando. E poi continua la vivace protesta, rumorosa ed aggressiva, delle persone che non intendono aderire alla vaccinazione. Ci sono le reazioni, stanche ed insofferenti, della gente comune che non ne può più di questa babilonia che non finisce mai. Le persone, sfiancate e sfiduciate, hanno in mente solo di tornare a quella normalità che i governanti hanno promesso di ripristinare.

Non a caso pandemonio è anche la voce che dà titolo al pensiero di Walter Ricciardi, autore del libro “Pandemonio. Quello che è successo, quello che non dovrà più succedere”. Uno dei maggiori esperti di Sanità Pubblica e consigliere del Ministro della Salute e già presidente dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), Ricciardi racconta la sua avventura professionale ed umana nella lotta al Covid-19, l'evento più drammatico della storia moderna dopo la Seconda Guerra mondiale. Non è solo il racconto di ciò che ci è accaduto ma anche la presa d'atto che solo una buona sanità pubblica può salvarci da una nuova pandemia. È un appello forte a non ricadere nelle polemiche tra clinici, virologi ed epidemiologi. A veicolare informazioni chiare attraverso i media. A credere al ruolo delle istituzioni. Ad aderire alle indicazioni sanitarie, alle terapie farmacologiche e alle campagne di prevenzione pubblica come la vaccinazione. Anche Giovanni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, sostiene che non ci libereremo facilmente di Sars-CoV-2 e ribadisce che facendo tesoro di quanto appreso con il Coronavirus, dobbiamo essere pronti ad affrontare nuove pandemie dovute ad agenti patogeni sconosciuti, mettendo in atto piani pandemici adeguati, efficaci e tempestivi e investendo in dispositivi di protezione individuali, farmaci e vaccini.

In questa fase disordinata e confusa della pandemia, con una profonda incertezza sulla sua evoluzione, stiamo assumendo un atteggiamento di leggerezza e di smarrimento. È preoccupante che si voglia rompere il termometro per non misurare la febbre. Non è una strategia vincente di lotta al Covid-19, è far finta di niente, è tirare avanti alla meno peggio. È un “speriamo di cavarcela in qualche modo”. Perché altro non sappiamo fare o non possiamo fare.

Mentre rifletto su questo pandemonio che sta diventando un manicomio, vengo a sapere che per far chiarezza sulla confusione generata dalle nuove disposizioni sul contagio a scuola, in merito a tamponi e durata delle quarantene, i dirigenti scolastici hanno inviato alle famiglie un pdf che semplifica la comunicazione. Si tratta di un fascicolo di 40 pagine! Alessandra, infermiera e madre di due figli in età scolastica, lo sta ancora leggendo. Mentre preparo la cena ricevo la telefonata di un'amica anziana, non ho più dubbi sul pandemonio. Che bello, ho sentito alla televisione che la pandemia finisce a primavera. Finalmente torniamo alla vita normale, mi annuncia felice. Finisce questa ondata, forse vuoi dire, dopo aver raggiunto il picco tra 2 o 3 settimane, dicono. No no, ho capito bene, manca poco e poi finisce tutto, si arrabbia seccata.

Infermiere

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