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Patologia

Tumore del fegato

di Monica Vaccaretti

Il cancro del fegato è un carcinoma primitivo, una delle principali neoplasie maligne del mondo e si distingue in carcinoma epatocellulare (HCC, hepatocellular carcinoma) - il più comune e che origina dagli epatociti - e in colangiocarcinoma, un tumore delle vie biliari che può essere intra o extra epatico. Talvolta le due forme si presentano insieme. L'incidenza è molto variabile a seconda delle aree geografiche, risulta essere più diffuso in Africa ed Asia rispetto all'Europa; tuttavia, gli ultimi dati epidemiologici evidenziano che sta aumentando nei giovani e nelle donne negli Stati Uniti. Si stima che sia il sesto tumore più frequente a livello mondiale e la seconda causa di morte per neoplasia. In Italia è raro, secondo il Registro tumori italiano soltanto 8900 casi circa negli uomini e 4000 nelle donne vengono diagnosticati annualmente.

Cause di tumore al fegato

Il carcinoma al fegato può crescere sino ad assumere dimensioni notevoli prima di rendersi sintomatico

Pochi tumori maligni originano nel fegato. I tumori primari non migrano in altri organi, ma si diffondono precocemente nel fegato stesso con multiple localizzazioni all'interno dell'organo detti tumori multifocali. Le neoplasie più frequenti che colpiscono il fegato sono secondarie, cioè derivano da tumori che nascono altrove, come nel colon, nella mammella o nel polmone, per poi diffondersi al fegato come sede di metastasi.

L'eziologia del tumore del fegato è spesso associata ad epatopatie croniche, infezioni da epatite B ed epatite C, cirrosi. Altri fattori di rischio sono il consumo eccessivo di alcol, abitudini che favoriscono il sovrappeso e l'obesità, alterazioni del metabolismo.

Cause più rare associate al cancro del fegato sono emocromatosi, deficit di alfa-1-antitripsina, tossine chimiche come il cloruro di vinile, carcinogeni contenuti in erbe medicali, assunzione di ormoni come ad esempio nei contraccettivi orali. Il tumore può insorgere in tessuto epatico normale come nodulo neoplastico oppure presentarsi in pazienti con cirrosi avanzata con aspetto multinodulare. Si tratta di una neoplasia solitamente non operabile, a causa della rapidità di sviluppo e della formazione di metastasi. La resezione chirurgica è possibile se la diagnosi è precoce (che tuttavia è infrequente).

Metastasi di tumori epatici primari sono state riscontrate in circa metà dei casi di tumore avanzato. I tumori maligni raggiungono il fegato attraverso il sistema portale o i canali linfatici oppure per estensione diretta, nel caso di tumori addominali. Inoltre, il fegato sembra essere un organo ideale per la proliferazione delle cellule maligne. Spesso la prima manifestazione di una neoplasia maligna addominale è la comparsa di metastasi epatiche e generalmente il tumore primario viene scoperto solo con interventi chirurgici esplorativi o con l'autopsia.

Sintomi di tumore al fegato

Le manifestazioni cliniche dipendono dalle condizioni del fegato. In assenza di cirrosi e con buona funzionalità dell'organo, il carcinoma può crescere sino ad assumere dimensioni notevoli prima di rendersi sintomatico. Il tumore del fegato è stato definito anche tumore silenzioso, perché nelle fasi iniziali, prima della comparsa tardiva di sintomi specifici, non dà alcun segno di sé. Nel paziente cirrotico, invece, la mancanza di tessuto epatico di riserva rende solitamente più rapido il decorso della malattia.

Un sintomo precoce e frequente di cancro epatico è un dolore sordo o persistente nel quadrante destro superiore, all'epigastrico o dorsale che può irradiarsi alla spalla destra. Possono riscontrarsi perdita di peso, debolezza, anoressia, anemia. La palpazione può rivelare un fegato ingrossato e con superficie irregolare.

L'ittero (il colore giallo della cute) e la colorazione scura delle urine si osservano soltanto se i dotti biliari principali sono occlusi dalla pressione di noduli maligni localizzati all'ilo epatico. Si può rilevare una distensione addominale con ascite che si forma quando i noduli ostruiscono le vene portali o quando il tumore è localizzato nella cavità peritoneale. Talvolta il quadro clinico si accompagna ad un senso di malessere e febbre inspiegabile.

Diagnosi di cancro al fegato

La diagnosi di cancro al fegato è eseguita sulla base di segni e sintomi clinici, dell'anamnesi, dell'esame fisico, dei risultati degli esami di laboratorio e radiologici. Si possono avere valori elevati di bilirubina, fosfatasi alcalina, AST, GGT, lattico deidrogenasi, enzimi epatici. Gli esami ematochimici possono inoltre mostrare leucocitosi, eritrocitosi, ipercalcemia, ipoglicemia e ipocolesterolemia.

Il livello serico di alfafetoproteina – che funge da principale marcatore bioumorale del carcinoma epatocellulare – supera i valori normali nel 70-95% dei pazienti con tumore epatico maligno. L'antigene carcinoembrionale, un marcatore di tumori del tratto digestivo in stadio avanzato, può essere elevato. Questi due marcatori sono utili quindi per distinguere tra cancro primario e cancro metastatico.

Alla diagnosi molti pazienti presentano metastasi che interessano principalmente i polmoni, ma possono anche coinvolgere i linfonodi regionali, le ghiandole surrenali, ossa, reni, cuore, pancreas e stomaco. Radiografia, TAC, ecografia, risonanza magnetica nucleare sono le indagini strumentali non invasive più utili per valutare l'estensione della neoplasia e determinare l'eventuale possibile rimozione chirurgica. L'arteriografia è necessaria per determinare se è possibile resecare la neoplasia.

La conferma delle caratteristiche istologiche del tumore può basarsi sulla agobiopsia percutanea o biopsie eseguite sotto controllo ecografico o tomografico oppure per via laparoscopica. La manipolazione prevista dalle procedure bioptiche può provocare raramente la disseminazione locale o sistemica del tumore.

Trattamento del tumore al fegato

Il trattamento può essere chirurgico o non chirurgico. Benché sia possibile in alcuni casi rimuovere chirurgicamente il tumore epatico, la cirrosi di base, molto frequente nel cancro del fegato, aumenta i rischi associati alla chirurgia. Radioterapia e chemioterapia, utilizzate con vari gradi di successo per il trattamento delle patologie maligne del fegato, possono prolungare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita del paziente, riducendo il dolore e il disagio anche se tuttavia l'effetto rimane essenzialmente palliativo.

Il cancro del fegato è radiosensibile. Tale possibilità terapeutica è però limitata dalla scarsa tolleranza alle radiazioni del fegato normale. La radioterapia è efficace nel ridurre dolore e fastidio nel 70-90% dei pazienti. Sono alleviate anche anoressia, debolezze e febbre. La radioterapia può essere eseguita con una iniezione endovenosa di anticorpi contro l'antigene tumorale oppure mediante posizionamento percutaneo di sorgenti di radiazioni ad alta intensità (radioterapia interstiziale) allo scopo di irradiare direttamente le cellule tumorali. L'associazione della radioterapia esterna e della chemioterapia non apporta beneficio aggiuntivo.

La chemioterapia può essere usata anche come terapia coadiuvante dopo asportazione chirurgica del tumore epatico. Una volta che il carcinoma si è diffuso oltre il fegato, i farmaci antineoplastici possono essere somministrati mediante chemioterapia sistemica o mediante infusione locoregionale - mediante pompe da infusione impiantabili per rilasciare elevate concentrazioni di chemioterapico direttamente al fegato attraverso l'arteria epatica - in pazienti con tumori epatici primari e metastatici.

Per il trattamento delle metastasi epatiche è stata impiegata anche l'ipertermia con raggio laser: il calore somministrato consente di riscaldare il tumore e di provocarne la necrosi risparmiando il tessuto normale. Un'altra possibilità terapeutica è rappresentata dall'embolizzazione dell'arteria epatica con agenti chemioterapici che vanno ad interrompere il flusso arterioso causando ischemia e necrosi. Sono in corso studi clinici, come trattamento alternativo, per la possibilità di immunoterapia che prevede la somministrazione di linfociti con reattività antitumorale.

Il drenaggio biliare percutaneo transepatico viene utilizzato per drenare i dotti biliari ostruiti nei pazienti con neoplasie inoperabili o considerati ad alto rischio chirurgico. Il posizionamento di endoprotesi per via percutanea o endoscopica rappresenta un'altra possibilità palliativa per pazienti terminali con dotti biliari ostruiti.

L'approccio chirurgico rappresenta il migliore trattamento, ma è purtroppo eseguibile in solo il 25% dei casi circa. Va considerato soltanto dopo avere valutato l'estensione della neoplasia e la riserva epatica.

La resezione chirurgica è il trattamento di elezione del carcinoma epatocellulare quando la neoplasia è localizzata a un solo lobo epatico e se il resto del fegato funziona adeguatamente e può consentire il recupero dall'intervento. Se sono presenti metastasi si esegue una resezione se è possibile rimuovere completamente il tumore primario e se le metastasi sono limitate (ma lo sono raramente).

Confidando sulle capacità rigenerative del fegato, se non cirrotico, alcuni chirurghi asportano anche il 90% del fegato con successo. La stadiazione del tumore facilita la previsione della probabilità di cura con la chirurgia. La procedura più comunemente usata è la lobectomia, l'asportazione di un lobo epatico. Per la lobectomia epatica destra o per una lobectomia destra estesa includente il lobo mediale sinistro si pratica una incisione toraco-addominale. Nel caso di una lobectomia sinistra si esegue un'estesa incisione addominale.

Una nuova modalità di trattamento per preservare il tessuto epatico normale è il trattamento con freddo tramite criochirurgia, una tecnica di distruzione di un tumore con azoto liquido, alla temperatura di –196°C. Si eseguono due o tre cicli di congelamento e scongelamento che causano la distruzione del tessuto. Può essere usata da sola o complementare alla resezione epatica per il trattamento del carcinoma epatocellulare e delle metastasi colorettali non trattabili mediante asportazione chirurgica radicale.

È previsto anche il trapianto di fegato, la rimozione dell'organo malato e la sua sostituzione nella stessa sede anatomica con quello sano di un donatore, ma i risultati sono insoddisfacenti per l'elevata percentuale di recidiva e per l'esito dell'immunosoppressione, necessaria per prevenire il rigetto dell'organo trapiantato. Attualmente si raccomanda che il paziente sia sottoposto a trattamento chemio e radioterapico prima e dopo il trapianto. Questa procedura, che risulta efficace quando sono presenti poche lesioni di piccole dimensioni (5 cm o meno), viene usata nel caso di malattie epatiche potenzialmente letali o allo stadio terminale, per le quali nessuna altra forma di trattamento è disponibile.

Complicanze e prevenzione

Malnutrizione, sepsi e ascessi epatici, insufficienza epatica fulminante e metastasi sono le complicanze. Non è possibile prevenire il cancro del fegato se non evitando i più comuni fattori di rischio ed eseguendo periodici screening ai soggetti maggiormente a rischio. Una misura efficace di prevenzione può essere la vaccinazione per l'epatite B, che in Italia è obbligatoria per tutti i bambini. Per l'epatite C, poiché non sono disponibili attualmente vaccini, si possono usare farmaci in grado di azzerare la replicazione virale nel 99% dei casi.

Interventi infermieristici in paziente con tumore al fegato

Tra gli interventi infermieristici è fondamentale controllare il dolore, migliorare le condizioni nutrizionali ed alleviare la ritenzione idrica. La terapia farmacologica analgesica deve essere somministrata secondo prescrizione tenendo conto delle alterazioni del metabolismo dovute alla patologia epatica e monitorando l'eventuale comparsa di segni di tossicità da terapia.

Il dolore può essere alleviato anche con metodi non farmacologici come massaggi e una posizione semi-Fowler, che risulta essere più confortevole. Il paziente deve essere istruito ed incoraggiato ad assumere pasti piccoli e frequenti e supplementi nutrizionali. Occorre inoltre monitorare la comparsa di fattori che possono modificare le esigenze nutrizionali come febbre, infezioni, stress e far assumere ulteriori calorie, controllando le modificazioni del peso.

Per contrastare la ritenzione idrica e favorire una diuresi maggiore dell'apporto idrico, si può ridurre l'assunzione di sodio e liquidi, somministrare diuretici ed eventualmente potassio, albumina e supplementi proteici per richiamare fluidi dall'interstizio allo spazio intravascolare.

Monitorare i parametri di laboratorio relativi alla funzionalità epatica, controllare gli aumenti di peso e misurare la circonferenza addominale sono altri interventi infermieristici per prevenire l'ascite. La gestione del paziente dopo chirurgia epatica è simile a quella del paziente sottoposto a chirurgia addominale generale. L'educazione sanitaria consiste nell'avvisare il paziente della necessità di una sorveglianza continua per svelare le recidive e nell'istruire sulla gestione di eventuali sonde e drenaggi.

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