La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) - così chiamata, perché prese il nome da un medico francese che descrisse per primo la malattia già nel 1868 - è una patologia neuromuscolare rara, di origine genetica. La distrofia di Duchenne colpisce generalmente i maschi, salvo pochissimi casi eccezionali, perché consiste nell’alterazione di un gene localizzato sul cromosoma X che porta le informazioni per produrre la distrofina, una proteina di elevate dimensioni che funge da collante tra le cellule muscolari. Solo i maschi mostrano quindi i sintomi della DMD (uno ogni 3500 maschi, in Italia sono circa 5000 i soggetti colpiti); le donne possono invece essere portatrici sane in quanto, avendo due cromosomi X, il gene sano può compensare la produzione di distrofina che il gene mutato dell’altro cromosoma non è in grado di garantire.
Quando e come si manifesta la distrofia muscolare di Duchenne
La distrofia muscolare di Duchenne si presenta nella prima infanzia, di solito intorno ai 2 o 3 anni di vita e i muscoli che vengono coinvolti per primi sono quelli della fascia lombare e pelvica. I genitori possono accorgersi di alcuni segnali come la difficoltà del bambino ad alzarsi, a saltare e a fare le scale.
Oltre a questi sintomi è possibile che il bambino manifesti un ritardo dello sviluppo motorio o del linguaggio, perché la distrofina è presente anche nel sistema nervoso; in questo caso l’andamento è tuttavia meno progressivo rispetto a quanto accade per il sistema muscolare.
La distrofia muscolare di Duchenne può colpire in realtà tutti i gruppi muscolari, ma non in modo omogeneo; questo fa sì che si possano avere delle retrazioni articolari che procurano la scoliosi.
Nella maggioranza dei casi entro i 12 anni il bambino non riesce più ad essere autonomo nei movimenti, anche perché progressivamente vengono interessati anche i muscoli degli arti superiori e in alcuni casi molto gravi persino il cuore.
L’aspettativa di vita è calcolata proprio sul grado di coinvolgimento del muscolo cardiaco e dell’apparato respiratorio.
Distrofia muscolare di Duchenne | |
Sintomi prima fase | Sintomi seconda fase |
- intorno ai 3 anni disturbi della marcia - difficoltà a correre e saltare - impaccio solo nel salire le scale, non nel scenderle - col passare del tempo deformazione vertebrale (iperlordosi lombare) - retrazione del tendine di Achille dovuta al cammino in punta di piedi - segno di Gowers (utilizzo delle mani sulle ginocchia per alzarsi dalla posizione accovacciata) - intorno ai 5-6 anni ipertrofia dei polpacci - deficit prettamente prossimale fino ai 6 anni |
- il sintomo di maggior impatto è la perdita della deambulazione autonoma tra i 10 e gli 11 anni - cifosi accentuata e scoliosi con evoluzione rapida - retrazioni muscolari estese - deficit muscolare progredito - il mantenimento del capo eretto diventa difficile - i muscoli facciali vengono colpiti più tardivamente anomalie all’elettrocardiogramma - insufficienza respiratoria e infezioni respiratorie sono frequenti |
Non si sa con certezza quando, clinicamente, inizi la malattia. Durante i primi anni di vita, l'iter diagnostico è spesso avviato in seguito ad un riscontro, da parte dei genitori o del pediatra, di alcuni sintomi che si presentano come campanello di allarme. Altre volte invece l’avvio dell’iter diagnostico è scaturito dal casuale riscontro, a seguito di un prelievo di sangue, di un incremento di creatinfosfochinasi (CPK) e di transaminasi (AST e ALT) nel sangue del bambino.
Un incremento di CPK e transaminasi nel sangue è un dato indicativo per un danno muscolare e per una possibile malattia neuromuscolare, ma non è assolutamente specifico. Infatti può anche essere l’indicatore di un semplice affaticamento muscolare o di altre patologie quali epatiti, malattie infettive, malfunzionamento della tiroide e altro ancora.
Come si cura la distrofia muscolare di Duchenne
Per curare la distrofia muscolare di Duchenne si deve in qualche modo bloccare o almeno diminuire la degenerazione muscolare in corso. Al momento l’unica terapia universalmente utilizzata si basa sui farmaci corticosteroidi (cortisone) che agiscono prevalentemente intervenendo sui processi infiammatori e riducendo le reazioni immunitarie coinvolte nella progressione della malattia.
Gli studiosi e ricercatori di tutto il mondo sono comunque sempre alla ricerca di altre promettenti cure, come le terapie farmacologiche o cellulari. Ad oggi purtroppo nessuna di esse determina una remissione della malattia.
L’esperienza suggerisce che si riesce a vedere un buon miglioramento della performance fisica del paziente se il trattamento farmacologico viene iniziato al momento, o prima, che il bambino raggiunga il plateau delle sue capacità fisiche, una condizione che si raggiunge tipicamente verso i 4-6 anni.
Nonostante l’aiuto fornito dai corticosteroidi, questi non rappresentano una terapia in grado di risolvere la malattia piuttosto un trattamento palliativo che rallenta, in maniera provvisoria, la degenerazione muscolare.
Inoltre, i pazienti che prendono corticosteroidi devono fare i conti con tutta una serie di gravi effetti collaterali quali cambiamenti comportamentali, riduzione della crescita, aumento eccessivo di peso, osteoporosi, intolleranza al glucosio, cataratta, etc.
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