La filosofia della Slow Medicine si propone di ridurre le prestazioni inappropriate che rappresentano oltre che uno spreco di risorse, non offrendo benefici tangibili ai pazienti, anche una fonte di maggiori rischi. Anche Aiuro ha formulato le sue 5 raccomandazioni.
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Raccomandazioni Aiuro per Slow Medicine
Anche l'Associazione Infermieri di Urologia Ospedaliera (Aiuro), come Aniarti e Animo , ha risposto all’invito della Federazione Ipasvi a seguire la filosofia della Slow Medicine producendo 5 raccomandazioni.
Aiuro nasce nel 1995 dall'iniziativa di un gruppo di infermieri operanti nei reparti di Urologia sensibili agli aspetti formativi professionali e specialistici, con sede a Torino.
Inizialmente affiliata all’AURO (Associazione Urologi Ospedalieri), si è poi separata nell’anno 2000, rendendosi soggetto autonomo e indipendente e riconosciuta dal Ministero della Sanità Italiana.
Tra gli obiettivi dell’associazione spiccano la promozione della ricerca e della cultura infermieristica in ambito urologico in collaborazione con la Federazione Nazionale dei Collegi Infermieristici ed altre associazioni professionali, valorizzando così l’attività infermieristica nei reparti urologici ospedalieri a mezzo dell’interscambio di informazioni tecnico-scientifiche tra i professionisti, anche a livello internazionale.
L’Aiuro alla luce degli studi e delle relative statistiche epidemiologiche ed infettivologiche di recente pubblicazione ed alla propria esperienza, ha deciso di costituire un gruppo di lavoro formato principalmente da propri iscritti che, alla luce dell’analisi critica delle evidenze scientifiche disponibili, alla consultazione delle più aggiornate linee guida del settore, ha elaborato le seguenti raccomandazioni.
Non utilizzare il cateterismo vescicale in assenza di specifica indicazione. Se indispensabile, attenersi alle linee guida in materia di scelta dei presidi, procedura di inserzione, gestione, precoce rimozione ed educazione al paziente
La ritenzione acuta d’urina è l’indicazione per eccellenza al cateterismo vescicale ed ha carattere di urgenza. Si manifesta con difficoltà a urinare (disuria), dolore (stranguria), emissione frequente di piccole quantità di urina (pollachiuria) e progressivamente si arriva alla impossibilità di urinare.
Vista spesso come una comoda alternativa alla “dipendenza” dall’operatore che può provocare l’utilizzo di un pannolone, pappagallo o padella, una non corretta indicazione e seguente cattiva gestione del cateterismo vescicale può determinare fino al 40% delle infezioni correlate alle pratiche assistenziali, con conseguente aumento di morbilità e di costi.
Non praticare cateterismo vescicale con presidi in lattice e a due vie, di calibro inferiore a 22 ch per gli uomini e 20 ch per le donne, in pazienti con diagnosi sospetta e/o accertata di macroematuria.
La scelta del catetere per diametro esterno (calibro), numero di vie, l’estremità prossimale, materiale e consistenza è di fondamentale importanza e deve essere adattata alle esigenze clinico-assistenziali del paziente. Le caratteristiche del catetere devono tener conto dello scopo del cateterismo, dell’età del soggetto e delle condizioni del meato. In linea di massima bisogna scegliere il minore calibro possibile che garantisca un drenaggio adeguato senza traumatizzare la mucosa uretrale, la quale, se lesa, può sviluppare più facilmente processi infettivi.
Tuttavia in alcuni casi ciò diventa controproducente e se utilizziamo un catetere di piccolo calibro, avremo sì minor rischio di lesioni uretrali, ma una evacuazione più lenta delle urine, che, nel caso della macroematuria, comporta la non eliminazione e la ritenzione di coaguli.
Non effettuare la valutazione del dolore senza l’utilizzo di scale standardizzate nell’immediato periodo post-operatorio
Secondo l’OMS il dolore è un’esperienza soggettiva ed individuale. Questo rende ragione delle difficoltà che si incontrano nella definizione di metodiche di valutazione efficaci. La letteratura pone diverse proposte: autovalutazione, parametri fisiologici, comportamentali e strumentali.
Una metodologia valida in assoluto non esiste; i diversi metodi vengono attualmente declinati in rapporto al tipo di dolore, alle condizioni cliniche del paziente, all’età e alle possibilità di collaborazione. Il gold standard è la valutazione, da parte del paziente stesso, della quantità e della qualità del dolore percepito (autovalutazione) ed attualmente molteplici sono le tecniche e gli strumenti a disposizione .
Non rinnovare la medicazione del sito chirurgico nelle prime 48 ore dopo l’intervento in assenza di complicanze
Al di là di ogni raccomandazione è facile intuire che più manipolazioni ci sono della medicazione del sito chirurgico da parte dei diversi operatori (spesso di turni diversi) più è alto il rischio d’infezione. Sebbene la presenza di protocolli e linee guida, quindi di giuste indicazioni comportamentali, possano ridurre il rischio di infezione bisogna sempre considerare l’errore che non è mai al 100% eliminabile.
Non rinnovare le medicazioni avanzate poste su sito chirurgico complicato e/o infetto con tempistiche differenti rispetto a quanto indicato dalle linee guida e dalle specifiche del prodotto
Ogni presidio secondo le proprie caratteristiche di fabbricazione e del materiale richiede un tempo specifico per il cambio.
È necessario che l’infermiere conosca le diverse tipologie di prodotti, per scegliere il presidio più adatto e per attuare le giuste modalità e le tempistiche di sostituzione. È importante inoltre che questi conosca bene il linguaggio e la terminologia correlata all’apparecchio applicato e che condivida il suo patrimonio di conoscenza riguardo l’apparecchio con il resto del team attraverso interventi didattici semplici e chiari.
Non utilizzare il cateterismo vescicale in assenza di specifica indicazione. Se indispensabile, attenersi alle linee guida in materia di scelta dei presidi, procedura di inserzione, gestione, precoce rimozione ed educazione al paziente
La pratica del cateterismo vescicale risulta essere, da notevole tempo a questa parte, tra le più diffuse nelle strutture di cura - ivi comprese strutture private ed assistenza domiciliare - risultando pertanto una procedura con notevole trasversalità di campo d’applicazione.
Una non corretta indicazione e gestione del cateterismo vescicale può determinare fino al 40% delle infezioni correlate alle pratiche assistenziali, con conseguente aumento di morbilità e di costi. Da questi dati deriva la necessità di standardizzare le conoscenze e le competenze di tutti gli operatori che si trovano a dover praticare la procedura del cateterismo vescicale, soprattutto nell’intento di prevenire le infezioni assistenza-correlate associate a tale pratica.
È da ricordare che nell’ambito delle infezioni nosocomiali le più frequenti sono le infezioni urinarie, che da sole rappresentano il 35-40% di tutte le infezioni ospedaliere.
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