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Editoriale

Rabbia: cos’è e come gestirla

di Roberta Guerra

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Gli attacchi di ira sono frequenti nei luoghi di lavoro e nascono spesso da conflitti e incomprensioni. La rabbia è una delle emozioni più importanti e l’Infermiere deve imparare a riconoscerla e a gestirla, al di là se colpisca il professionista della salute, il paziente o il suo care-giver e parente.

La rabbia occorre riconoscerla e saperla gestire, per evitare e risolvere conflitti

Gli attacchi di rabbia sono spesso deleteri e possono compromettere per sempre le relazioni

È capitata a tutti noi la sensazione del cervello che va in fumo, un piccolo incendio emotivo che offusca la vista e la mente: è l’effetto della rabbia. La rabbia è una delle emozioni di base innate e quindi presenti in ognuno di noi.

Come tutte le emozioni ha una funziona evolutiva, il che significa che senza le emozioni la nostra specie si sarebbe già estinta. Ogni emozione è un’importante e preziosa fonte di informazione sia su noi stessi (cosa desideriamo? Quale bisogno stiamo esprimendo?) sia sugli altri (cosa ci vuole comunicare? Cosa vuole ottenere? Quale bisogno sta esprimendo?).

Nonostante la rabbia sia un’emozione innata, molto spesso viene inibita socialmente accompagnandosi ad un giudizio negativo. Quante volte abbiamo sentito dire ad un bambino “sei cattivo!” in risposta ad un comportamento rabbioso?

È importante non confondere l’emozione con la sua espressione

Se provare rabbia è sano e fisiologico, a volte può essere difficile regolarla sfociando in comportamenti aggressivi. Distinguiamo quindi sempre l’emozione dal comportamento: non è sbagliato provare rabbia, ma lo sarebbe agire in preda ad essa in modo eccessivo ed impulsivo. Una sana rabbia ci permette molto spesso di risolvere i problemi, uscire da una situazione d’impotenza e difendere i nostri scopi. Ma talvolta l’idea negativa che abbiamo acquisito sulla rabbia è talmente radicata in noi da inibirla.

Non riconoscere e non concedersi di provare rabbia può portare a comportamenti passivo-aggressivi.

La rabbia, così come le altre emozioni, ha diversi livelli d’intensità.

Quando la risposta emotiva ad uno stimolo è molto elevata, l’intensità è tale da prendere letteralmente in ostaggio il cervello. Questo fenomeno noto come amigdala hijack, ha a che fare con la risposta veloce dell’amigdala, la parte “emotiva” del cervello, in contrapposizione alla risposta più lenta della corteccia, la parte “razionale”. Quando il nostro cervello è iniettato di rabbia ci possiamo comportare in modo non proprio razionale e possiamo dire o fare cose di cui poi finiamo per pentirci.

Il detto popolare che ci suggerisce di contare fino a 10 quando siamo arrabbiati ha quindi le sue fondamenta neuro-scientifiche: prima di “esplodere” distacchiamoci dalla nostra rabbia, prendiamoci qualche secondo e riflettiamo su quello che ci sta accadendo. Daremo cosi tempo alla nostra corteccia di razionalizzare e rimettere le cose nella giusta prospettiva per valutarle in modo più realistico.

Chiediamoci: cosa sto pensando? Cosa voglio ottenere? Come mi sento? La mia reazione è appropriata alla situazione?

Cerchiamo di guardare la situazione dall’esterno, come un osservatore e consideriamo anche il punto di vista dell’altro. Così facendo impareremo a riflettere sui nostri stati interiori. Infatti, se è vero che la rabbia ha una sua peculiare funzione e che ci serve a protestare per reclamare attenzione, affetto, cure, oppure a combattere per qualcosa, difendere un’idea o comunicare che ci sentiamo trattati ingiustamente, è anche vero che può farci vedere le cose in modo distorto.

La rabbia, infatti, provoca un restringimento dell’attenzione che porta il nostro cervello ad accendere i riflettori solo su quello che noi abbiamo interpretato come un torto o un’ingiustizia. Non solo, anche la memoria va a pescare dal cassetto dei ricordi tutte le informazioni congrue con quello che sta accadendo: “fa sempre così”!

Il comportamento passivo-aggressivo

Non riconoscere l’emozione porta ad escludere un’importante fonte d’informazione che orienta il nostro comportamento. Di conseguenza, non riuscendo a valutare la rabbia anche in termini costruttivi, questa si esprimerà in modo indiretto.

Le modalità con la quale questa espressione avviene sono molteplici e vanno dalla procrastinazione deliberata al cinismo, dal tenere “il muso” alle “frecciatine”.

Per evitare il conflitto, anche di fronte alla domanda aperta “cosa c’è che non va?”, la persona che mette in atto comportamenti passivo-aggressivi continuerà a dire che “è tutto ok”, manifestando discrepanza tra quello che dice e quello che fa.

Molto spesso questi comportamenti provocano rabbia negli altri, rabbia giudicata negativamente dal passivo-aggressivo il quale confermerà così l’idea che la rabbia è negativa e che la sua espressione va evitata. In questi casi è utile prenderci un momento per pensare che dietro a questo comportamento c’è una ragione, confrontiamoci in modo aperto e onesto, cerchiamo di evitare toni accusatori, ma piuttosto facciamo riferimento alle nostre emozioni esprimendo apertamente la nostra confusione e mostrandoci aperti al dialogo e al confronto.

Ricordiamoci che stiamo comunicando con qualcuno che ha problemi a riconoscere e gestire la rabbia, se gli offriamo un confronto aperto e pacato lo facilitiamo nell’espressione delle sue emozioni.

Non riconoscere e non sapere gestire le proprie emozioni, dunque, può disorientare noi e gli altri, facendoci comportare in modo incongruo.

L’infermiere che si relaziona continuamente con persone che esprimono i loro bisogni in modo diverso, può imparare a riflettere su sé stesso e sugli altri utilizzando le preziose informazioni che le emozioni ci forniscono, per gestire al meglio le molteplici criticità relazionali nelle quali è immerso quotidianamente.

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