Zoonosi ad alta letalità causata da un virus a RNA della famiglia dei rabdovirus genere Lyssavirus, la rabbia è la più atavica ed antica malattia conosciuta, la più terrificante e temuta dall'uomo. Il virus rabbico, a forma di proiettile, penetra nel corpo raggiungendo dapprima i nervi periferici e poi, lentamente, il cervello provocando encefalomielite acuta a decorso mortale con sintomatologia indistinguibile.
Che cos’è la rabbia e come si trasmette
Etimologicamente significa “fare violenza” e si riferisce all'aggressività tipica dell'animale infetto. È una patologia infettiva solitamente con esito fatale che l'Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE) classifica tra le malattie trasmissibili considerate di importanza socio-economica e/o di sanità pubblica all'interno degli stati e che sono significative nel commercio internazionale di animali e di prodotti di origine animale.
I dati epidemiologici evidenziano che ogni anno oltre 55mila persone nel mondo muoiono di rabbia che può essere silvestre, trasmessa da animali selvatici, ed urbana in cui i vettori di contagio sono cani e gatti domestici che non sono stati immunizzati.
La malattia virale colpisce animali selvatici e domestici - soprattutto la volpe e il cane - ma l'infezione del virus rabbico può essere trasmessa all'uomo, solitamente per via diretta, e ad altri mammiferi carnivori attraverso il contatto con la saliva infetta in seguito a morsi, ferite, graffi, soluzioni di continuo della cute e attraverso il contatto con mucose, anche se non colpite o abrase.
La trasmissione da uomo a uomo è molto rara. La potenziale diffusione del contagio è strettamente correlata alla perdita di saliva da parte dell'animale che generalmente presenta anche alterazioni della fonesi.
Diagnosi di rabbia
La diagnosi si esegue mediante la raccolta di un campione di saliva per isolare il virus. Se sono già comparsi gli anticorpi neutralizzanti, il virus rabbico può essere isolato anche da campioni prelevati dal liquido cerebrospinale e dalle urine.
Durante l'autopsia vengono identificati i corpi del Negri, corpuscoli ovali o rotondeggianti nei gangli spinali o nel tessuto cerebrale.
Trattamento
Non esiste cura, se non un trattamento vaccinale post esposizione in caso di aggressione da parte di un animale infetto o sospetto. Il vaccino, scoperto da Louis Pasteur, deve essere somministrato il prima possibile nel giorno del contagio, da ripetere con dei richiami dopo 3, 7, 14 e 30 giorni.
Per escludere l'esposizione al virus al momento dell'aggressione o dell'esposizione, l'animale se possibile viene sottoposto ad osservazione per 10 giorni. La prevenzione della malattia nell'uomo è possibile anche grazie alla vaccinazione preventiva, rivolta a coloro che hanno un rischio specifico per esposizione professionale come i veterinari, le guardie forestali, venatorie e cinofile.
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