Il problema della salute in Italia non è più solo una questione di stretta competenza del Ministero della Sanità. Bene ha fatto il ministro a proporre una modifica del decreto Madia, finalizzato alla stabilizzazione dei precari, ma è chiaro che la decisione presa rischia più di essere un esile pannicello caldo (anche se importantissimo per molti precari) che rimanda le questioni di sistema più urgente. Infatti, è chiaro altresì che la difesa del SSN, della costituzione, del sistema, passa per un impiego di risorse che sappia rilanciare una reale difesa dei redditi, dell’occupazione, dei livelli accettabili di vita e di lavoro.
Le belle parole devono essere seguite dai fatti
Il Ministro della Sanità ha detto delle cose molto importanti durante la sua partecipazione al Forum sul Risk Management di Firenze. Ha ricordato di valorizzare il capitale umano e difenderlo ancor più, dalla violenza subita troppo spesso dagli operatori. Ha sottolineato l’importanza di fare sistema e di fuoriuscire da schemi di bandiera dato che la salute è di tutti.
Ha spronato verso la necessaria innovazione scientifica ed in questo a dire basta alla stagione dei tagli. Ha detto infine che il Servizio Sanitario Nazionale è un bene, anzi una pietra preziosa da proteggere. Da difendere, al pari dell’articolo 32 della Costituzione.
Come non essere d’accordo con tutto ciò? In verità lavoratori ed utenti, pazienti e professionisti già da decenni fanno sistema, si sorreggono, riescono a tirare fuori il meglio di tutti (e qualche volta, ai limiti dell’esasperazione, anche il peggio, purtroppo) a fronte di una carenza cronica di risorse.
Le belle parole devono essere seguite dai fatti, da un farsi sistema anche da parte di coloro che stanno nelle stanze del palazzo in un paese intossicato da pulsioni e false percezioni, dove le facili scorciatoie autoritarie non saranno certo la soluzione. Anzi, acuiranno i tanti problemi irrisolti
In questo la riprova, per assurdo, può derivare proprio da quei casi di malasanità di cui si parla periodicamente ma che, alla conta dei fatti, non hanno ragione della mole di prestazioni garantite con professionalità. Ciò nonostante la situazione è sempre più critica e i richiami costituzionali del ministro sono fortemente attuali, specie in riferimento alle cure gratuite agli indigenti.
Gli ultimi dati confermano il continuo impoverimento della società italiana. Secondo l’Oxafam una persona su quattro in Italia è a rischio povertà e per Save the Children i bambini che vivono in miseria nel bel Paese sono 1 su 8.
Questo accade mentre il 20% più ricco della popolazione detiene il 72% della ricchezza del paese e, nel dettaglio, il 5% più ricco possiede le risorse del 90% più povero. Ed è forse la povertà, unita all’ignoranza, alla paura e all’insicurezza (alimentate ad arte) che sono alla base del desiderio – secondo il Censis – di una larga parte di disperati di voler un uomo forte, autoritario, che risolva i problemi, dimenticando che quell’uomo forte e autoritario è sostenuto da coloro che ogni giorno rubano risorse, lavoro, futuro.
Sì, decisamente sono necessari i richiami costituzionali e la collettiva a favore del welfare italiano e della sanità pubblica, visto che, come più volte sottolineato, le prestazioni accessibili e gratuite sono sempre più difficili da erogare.
Lo stesso Censis ha rilevato come al 62% degli italiani che ha avuto una prestazione sanitaria pubblica ne è stata fatta almeno una nella sanità a pagamento. Superfluo forse, ma non inutile, ricordare come questo pesi maggiormente nei redditi più bassi e nelle regioni più povere. Come non è inutile ricordare la sofferenza stessa del sistema nella veste dei suoi operatori.
Un’indagine di Anaao Assomed piemontese rileva una fuga dei medici dagli ospedali in misura del 6% dell’organico con una leggera prevalenza (54%) delle donne. I motivi? Quelli di sempre: carichi di lavoro, organici ridotti, aggressioni, turni insostenibili e burocrazia soffocante.
Per gli infermieri non dovrebbe essere molto diverso, anche se molto spesso si preferisce subire il burnout e rimanere al lavoro – con tutte le conseguenze che questo può comportare – che mettere a rischio la propria occupazione. In un quadro, si diceva, di sistema che si sta sempre più impoverendo.
Anche il rapporto dell’UPB (Ufficio Parlamentare di Bilancio) sullo Stato della Sanità in Italia evidenzia come “l’aumento del costo delle prestazioni specialistiche a compartecipazione contribuisce a spostare la domanda verso il privato, con l’ingresso di nuovi attori e il rafforzamento di quelli esistenti”. Ed evidenzia inoltre come in quasi dieci anni (differenziale 2008–2017) si siano perse 42.800 unità di personale sanitario, in particolare di medici ed ancor più di infermieri.
LDAMMAC
3 commenti
infermieri di serie b
#1
E che dire che gli infermieri delle strutture private (considerati di serie B) aspettano da oltre 12 anni il rinnovo contrattuale e nessun sindacato si preoccupa e non blocca le attività degli ospedali privati e questi percepiscono fuori di soldi pubblici e privati ed il ministro di grande speranza non interviene. UNA VERA INGIUSTIZIA .