È sicuramente banale a dirlo, ma è l’augurio più immediato da fare: Buone Feste a tutti Voi e ai Vostri cari. Poi qualcosa di più va specificata, proprio per non essere ipocritamente neutri e scontati come un festone comprato all’ultimo minuto. Ed allora: auguri a tutte le anime che si scontrano, ma senza toccarsi! Anime destinate, prima o poi ad incontrarsi.
Buone Feste a chi in questi giorni lavora come un maledetto
Buone Feste a chi in questi giorni lavora come un maledetto per far fronte alle centinaia di richieste che la festa principe del dio commercio impone su tutti.
Commesse e camerieri, fattorini e autisti, cuochi (non quelli stellati, ma quelli dannati) e sguatteri di ogni tipo, tutti ingoiati dalla macchina infernale della produzione tossica che divora tempi di vita e di salute.
Il lavoro in cassa è frenetico, ai tavoli è delirante, e sulle strade e nei magazzini si incrociano pacchi di ogni tipo, nuove declinazioni di specie animale a fronte di un’umanità grigia che non ha neanche il tempo di alzare su la testa per salutarsi, che tira avanti.
Qualcuno (o qualcuna?) ha detto che è aumentata l’occupazione. Vero! Ma è quella pagata male, che riproduce lavoro povero e faticoso, che strangola le vecchie generazioni prima della pensione (sempre più dilazionata) e umilia i giovani a doversi piegare ad ogni forma di ricatto.
Buone Feste a chi si alterna nei servizi
Buone Feste a chi si alterna nei servizi, ai medici e alle infermiere e agli infermieri, alle insegnanti e ai postini, alle assistenti sociali ed ai mediatori culturali, agli OSS e agli inservienti di ogni piccola e asfittica ditta subappaltata che anche il giorno della Vigilia e quello di Natale, e quello di Santo Stefano porteranno via tonnellate di immondizia prodotta proprio in occasione delle feste.
A chi fa i doppi turni e a chi aspetta la sostituzione di decine e decine, centinaia e centinaia, migliaia e migliaia di sanitari che se ne sono andati via. C’è poco da sperare nelle parole del ministro di turno: chiacchiere e promesse, disciplina e arroganza, fino a qualche battuta piazzata al momento giusto che dura il tempo di una ripresa televisiva o di un meme.
C’è tutto un mondo di operatori dello stato sociale, o meglio di quello che ancora continua a chiamarsi tale, che assiste svuotato alla fine del welfare italiano, e all’affermarsi di un warfare – uno stato di guerra continua – e all’esaltazione del win-fare, lo stato sociale per i più forti, per i ricchi, i colletti bianchi tutelati sempre e comunque, evasori di ogni cosa e da ogni casa, impuniti per qualsiasi bruttura si permettano di fare o di dire.
Le luci di un albero di Natale asfittico brillano nella notte di una corsia qualunque di questo paese, mentre presepi rimediati dominano gli angoli sicuri di un qualche androne della sala di attesa di un ambulatorio qualsiasi. Attorno a loro, ruota tutta un'umanità che ha forse perso speranze e forze, visioni ed illusioni, ma che continua imperterrita e coraggiosa a mandare avanti la macchina dell’aiuto in questo paese che non vuole rinunciare alle sue radici solidaristiche, siano esse religiose, politiche o culturali.
Buone Feste a chi "torna giù"
Buone Feste a chi torna a casa e prenderà il solito treno stracarico di persone, stra-costoso di biglietti, ma soprattutto stra-in-ritardo perennemente. Si torna “giù”, a casa, sperando di riposarsi, non pensando agli esami lasciati addietro, alla vita da fuorisede sempre più onerosa, alla voglia di amore e di tempo da dedicare a sé stessi.
Si torna giù, sperando di trovare il coraggio di dire che ormai in facoltà sono mesi che non ci vai più: i costi e gli esami, i tempi e gli impegni sono insostenibili, inconciliabili con un lavoro, con due lavori, con tutti i lavori che ti condannano ad un precariato infinito.
Sì, si torna giù! Via dalla terra di mezzo, dal limbo della non vita, sperando nel porto sicuro della casa e della terra di sempre, con la certezza che, passate le feste, si tornerà su, fregandosene di qualsiasi porto sicuro tranne quello, forse, che un giorno arriverà. Ma i porti non si muovono, mentre sono le maree, l’acqua, le onde, la forza della natura, dei diritti e delle generazioni perdute che muovono, da sempre, questo mondo;
Buone Feste a chi passa i confini
A chi supera deserti, ghiacciai, fiumi e mari in ogni dove e vede una parte dell’umanità perdersi per sempre nelle profondità dei signori crudeli del potere ad ogni costo che distrugge terre e vite, sacrifica futuri in nomi di moralità posticce e false, utili solo a nascondere l’immoralità dell’autoritarismo, della guerra, del profitto.
Se il mondo fosse un presepe, sarebbe posto in mezzo al mare, o alle acque inquiete del Rio Grande, quelle che fanno da confine fra il Nord trumpiano ed il Sud dei Latinos. Le figure di questo presepe sarebbero pastori palestinesi ed ucraini, con volti emaciati e identità cancellate. I magi sarebbero dei giornalisti che portano in dono informazione, verità e giustizia. Anche loro con volti scavati e identità cancellate.
E poi ci sarebbero tanti altri figuranti, degni della miglior tradizione delle statuine di San Gregorio Armeno. Sarebbero i veri VIP del momento rappresentati dalle genti dell’Africa e dell’Asia, dell’Est Europa e delle periferie del mondo, del Sud di ogni dove, e dei vicoli dimenticati di ogni città dove sono tantissimi i colori della pelle, le religioni professate e le lingue parlate, gli odori di cibi di ogni sorta, tutti in grado di carezzare voluttuosamente sensi e palato.
Insomma, il presepe di questi anni ’20 sarebbe fatto da tutti i luoghi e le persone rappresentative di questa grande specie animale che, anche se unica nel suo genere autodistruttivo, riesce a far battere forte il cuore di chi vi appartiene.
Sì, buone Feste a tutti quelli nominati, e anche di più
Si dimentica sempre qualcuno che, non per questo, non entra a far parte della grande umanità dei paria, dei peggiori, dei poveri e degli straccioni.
Qualcuna, qualche giorno fa, ha benedetto la platea di un gruppo di ragazze e ragazzi, bravi solo ad indossare magliette brunite come scuri sono i loro cuori e le loro idee. Sempre questa qualcuna, in tono divisivo, ha affermato che quel pugno di giovani rappresentava la parte migliore della loro generazione.
Bene! Se un pensiero può essere fatto è certamente quello di essere felici di stare dalla parte dei peggiori, perché ai migliori non c’è bisogno di fare auguri di sorta. I migliori, quelli che meritano, sono troppo ubriachi di sé stessi, ebbri di essere alla guida di un Paese che sta andando a schiantarsi contro il muro dell’odio e dello sfruttamento.
Prima di quel momento, a tutti noi che nella realtà mandiamo avanti questa baracca, non resta che accenderci una sigaretta, nel vicolo dove si affacciano le cucine e i magazzini della Bottega Italia, e scambiarci gli auguri.
Fra una boccata e l’altra: Buone feste!
, Buone feste a te, ma quella non è una sigaretta!
, Si lo so. Ma tanto per questo lavoro di m...a non c’è bisogno di mettersi alla guida di niente
. O forse sì! Vabbè.
Auguri a tutte le anime che si scontrano, ma senza toccarsi! Anime destinate, prima o poi ad incontrarsi.
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