Il carcere è ben rappresentativo della società che lo struttura
Al momento in cui si scrive la cifra totale dei suicidi in carcere per questo 2024 è di 67 morti .
I dati raccolti da Antigone parlano di una cronica condizione di sovraffollamento e di carenza di personale. Solo negli ultimi 12 mesi si sono registrati 4.000 detenuti in più in generale, con una media di circa il 130% di affollamento, stando ai conteggi del Ministero, i quali però dovrebbero essere ulteriormente verificati in tema di effettiva disponibilità dei posti per cella.
In oltre un quarto degli istituti penitenziari italiani (56) si può arrivare al 150% di sovraffollamento, fino a cifre record di 210%. Al 30 giugno di quest’anno si parla di 61.480 detenuti nelle patrie galere a fronte di una disponibilità ufficiale di 51.234.
Le condizioni sono sempre più difficili e gli episodi di protesta e di ribellione si moltiplicano, peggiorando un quadro generale per cui l’Italia è stata più volte condannata dalla Corte dei diritti dell’uomo.
Il governo si mostra in difficoltà, stretto fra una linea ideologica cui ogni evento dovrebbe essere piegato alla sua narrazione e i numeri della tragica realtà che gridano ad alta voce di fare scelte nel più breve tempo possibile utili a rendere meno disumane le galere, decongestionare le celle, assumere personale atto a fare della detenzione un principio di riscatto e di rieducazione, e non un mero atto di vendetta pubblica; nella speranza (illusione?) che le idee del Beccaria siano ancora valide.
Su tutto poi ci sono le tragiche vicende di maltrattamenti e di torture che attraversano una quotidianità di cui si sa troppo poco. Emblematico, tragicamente, il caso di ciò che accadde a Santa Maria Capua a Vetere in piena pandemia da Covid-19, in data 6 aprile 2020 dove al terrore epidemico che attraversava le carceri, ed il paese stesso, si rispose nel peggior dei modi, con violenze che furono riprese dalle telecamere e per le quali un centinaio di agenti sono stati imputati.
I fatti insomma sono lì a denunciare una politica carceraria da tempo abbandonata a sé stessa , cui non si ha intenzione di dare risposte costruttive se non in termini, come detto, ideologici, punitivi e repressivi; proprio tutto ciò di cui non c’è bisogno, e che implicano un alto costo in termini di umanità e dignità sociale, pronti ad accanirsi sui vari rubagalline presenti, mentre corrotti e corruttori di ogni sorta, il più delle volte, vanno liberi.
Si ingabbia il piccolo spacciatore mentre i signori del grande narco-traffico restano impuniti all’ombra di conti correnti stratosferici. Insomma, sembrerebbe proprio che la legge non sia uguale per tutti. Anzi, sia inversamente proporzionale alla mole di reato fatto, specie se ad opera dei signori del potere, della poltrona, del profitto; quei colletti bianchi verso cui si grida sempre all’iper-garantismo, mentre per i paria della società si gettano non c’è alcun tipo di pietà.
Ed anche in questo caso le condizioni di salute dei reclusi sono un buon indicatore della vita da dannati della terra che tocca ai detenuti, in particolare in relazione alla prevalenza di stati di malattia legati alle dipendenze e al disagio mentale (alto l’uso di psicofarmaci da parte dei reclusi), alle malattie croniche (diabete , obesità , ipertensione , etc.) ed a quelle trasmissibili (TBC , epatite, etc.).
La copertura sanitaria in merito registra gravi carenze anche in questo caso con esempi estremi in cui si può arrivare ad avere un infermiere per 600 pazienti e dove le aggressioni sono in aumento nei confronti dei sanitari. Emblematiche le cifre, riportate la scorsa primavera, in relazione alle carceri di Prato e Sollicciano : circa 500 denunce in quattro anni.
Ecco, forse proprio in base a questi ultimi riferimenti si può affermare come il carcere sia ben rappresentativo della società che lo struttura, con un rimando a Foucault e al suo “Sorvegliare è punire”, o all’Istituzione totale di Goffman e alla malattia intesa come devianza di Parsons.
Non si vuol fare citazioni tanto per farlo, ma come già detto, all’interno del drammatico universo carcerario si possono registrare relazioni e stratificazioni, programmi e protocolli che seguono una comune gerarchia ideologica ed economica che da tempo ormai hanno sostituito qualsiasi prospettiva progressista di miglioramento della società.
L’Italia sembra sempre più la perla avanzata (nel senso che è andata a male) di una distopia del XXI secolo in cui la legge del più forte nega le cure, si accanisce sui rei, fa depauperare scuole e servizi e costruisce alti muri e reticolati per proteggere una nomenklatura dorata cui è permesso di tutto.
Le carceri, come gli ospedali, le scuole, i trasporti pubblici ed altro ancora parlano della classe dirigente al potere, parlano del potere stesso e di una umanità condannata ad una pena infinita, dentro e fuori le patrie galere.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?