Le condizioni lavorative nella Casa Circondariale della Dogaia di Prato, dove la temperatura ambientale supera i 35°C, sono intollerabili non solo per i detenuti, ma anche per il personale sanitario in servizio. Le conseguenze sono rischiose sia per la salute degli infermieri che per le loro prestazioni lavorative
, dichiara il Nursind denunciando la situazione del penitenziario toscano dovuta ad un guasto ormai cronico dell'impianto di condizionamento, dopo la segnalazione di alcuni malesseri tra gli infermieri durante il turno di lavoro.
Temperature oltre i 35°C nel carcere di Prato, malori tra gli infermieri
I sindacati fanno sapere in una nota che, sebbene l'Asl pratese sia intervenuta recentemente installando dei condizionatori portatili in alcuni locali dove lavorano gli infermieri, le temperature risulterebbero ancora particolarmente elevate nel padiglione di massima sicurezza e in quello dei collaboratori di giustizia, dove gli infermieri si trovano spesso ad operare.
È del tutto evidente che si tratta di soluzioni tampone che non risolvono il problema
, sottolinea il segretario territoriale del Nursind, Roberto Cesario, commentando l'iniziativa dell'azienda sanitaria dopo una lunga diatriba con il Ministero della Giustizia. La situazione resta drammatica e si registrano temperature indegne di strutture di un paese civile
, rimarca.
Visto il persistere del disagio lavorativo, il sindacato degli infermieri ha provveduto nelle scorse settimane ad inviare una lettera al direttore generale dell'Asl Toscana Centro e ad altre figure interessate per segnalare la problematica irrisolta. Siamo in attesa di risposte concrete e a breve termine, altrimenti ci vedremo costretti a mettere in campo tutte le iniziative necessarie
, fa sapere Cesario.
Le alte temperature presenti nei locali del carcere sono dannose anche per lo stoccaggio e la corretta conservazione dei farmaci: Ci viene segnalato inoltre che anche i farmaci conservati in questi ambienti superano le temperature previste dalle case farmaceutiche e risultano quindi essere alterati - continua il rappresentante sindacale -. Il tutto in barba alla legge che disciplina la sicurezza dei luoghi di lavoro ma che evidentemente non riguarda quanti si trovano a prestare la loro opera nelle carceri
, conclude.
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