La tutela della salute in questo paese se la possono permettere solo i ricchi
Ecco che proprio la mancata memoria di Giuseppe Mazzini potrà creare qualche problema alla Presidente del Consiglio così sicura delle sue narrazioni posticce .
Se c’è chi si scandalizza per aumenti delle pensioni – 1,80 euro – sostanzialmente offensivi, c’è chi fa notare che in molti casi un pensionato prende più di un lavoratore, giovane, precario, senza diritti e nemmanco con un salario minimo garantito.
La narrazione del governo si arresta davanti alla fuga di diversi di dicasteri di fronte al peggioramento del quadro generale in tema di istruzione, trasporti pubblici, sanità, redditi, lavoro, pensioni. Tanto per fare un esempio, si può prendere il caso dei problemi che migliaia di italiane ed italiani che ogni giorno hanno, in qualità di pendolari o di semplici viaggiatori della rete ferroviaria.
Se in merito il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile fosse così presente come lo è sui social, per commentare qualsiasi corbelleria potenzialmente utile per prendere (perdere?) voti, avremmo sicuramente una delle ferrovie migliori al mondo.
C’è poi il caso, continuando con gli esempi della spietata concorrenza che gli atenei online fanno alle università pubbliche, le quali necessiterebbero maggiori finanziamenti invece dei soliti insopportabili tagli lineari.
E perché non parlare della Sanità pubblica dove c’è la carenza di fondi, personale, posti letto, di retribuzioni degne di questo nome e, soprattutto, di una copertura universalistica della salute pubblica, specie poi nei confronti di coloro, pensionati e lavoratori, che per una vita, pagando le tasse, hanno sostenuto il sistema di welfare pubblico.
Il Censis, in tal senso, ricorda che molti italiani rinunciano alle cure perché non hanno i soldi per pagare le prestazioni private, a meno di rinunciare a fare altre spese. Un fatto che ha interessato il 36,9% dei redditi medi, il 50,4% dei redditi bassi ed anche il 22,6% di quelle fasce con reddito alto. Non stupisce così che l’84,2% degli intervistati arrivi ad affermare che la tutela della salute in questo paese, a questo punto, se la possono permettere solo i ricchi .
In questo quadro sconfortante di continua rincorsa alle risorse mancanti e all’erosione dei diritti collettivi , continua ad esserci qualcuno, a destra come a sinistra, al governo come all’opposizione, che tira fuori sempre la bella idea di incentivare forme integrative di sostegno al welfare: la famosa terza gamba assicurativa utile per la previdenza, per la sanità, ed anche per l’istruzione, i problemi sociali, la casa, etc. Utile un po’ per tutto.
O meglio, per tutti coloro che vogliono profittare dei soldi degli altri. Sempre che ci siano i soldi da investire. Anche in questo caso il Censis richiama alle reali condizioni del paese dove la ricchezza negli ultimi 20 anni è diminuita del 5,5% e i redditi, negli ultimi dieci anni, sono calati del 7%.
Ne sanno qualcosa, ad esempio, proprio i professionisti sanitari, ed in particolare i medici che hanno visto diminuire del 6,1% il loro stipendio. Per tutta risposta il Ministro della Salute li ha invitati ad un ripensare maggiormente moderno della professione, ad una visione che implichi il lavorare in “team” e altre amenità di vario genere fatte di avverbi e promesse, aggettivi ed anglicismi, risposte mancate e tempi perduti mentre la sanità pubblica peggiora la sua offerta, i cittadini patiscono i disservizi ed i lavoratori sono allo stremo .
Qualcuno ha sottolineato come la fotografia fatta dal Censis riconsegni la “medietà” tutta italiana di un paese cronicamente sulla linea di galleggiamento, prossimo ad affondare, che imbarca acqua da tutte le parti e che annega più facilmente chi sta nelle parti più basse della nave, ”Titanic Italia” , guidata da una pessima classe dirigente e da un altrettanto pessima classe politica.
Un brutto Natale si profila all’orizzonte
Le stesse che confezioneranno panzane natalizie da diffondere nei prossimi giorni, mentre i più non vedono altro che un brutto Natale profilarsi all’orizzonte. Fra questi ci sono quasi cento lavoratori della Stellantis di Pomigliano d’Arco cui sono arrivate, gli scorsi giorni, le lettere di licenziamento.
Ciononostante, la Presidente del Consiglio si mostra felice dei dati in crescita dell’occupazione favorita dalla spinta delle scelte degli anni passati, dai salari bassi, anche se resta comunque al di sotto delle medie europee le quali, se fossero sostenute nel paese, garantirebbero fra i 3 e i 3,3 milioni di occupati in più e, considerando la fuga di cervelli all’estero, la cronica sofferenza delle regioni del Sud in tema di salari e di occupazione e la deindustrializzazione presente, sarebbe una bella boccata d’aria.
Stato della salute culturale del Paese
Troppe cose per un paese ormai abituato a vivere di annunci e campagne elettorali forti di un imbarbarimento generale che, dopo decenni di tagli all’istruzione pubblica , vede pessimi risultati a carico della cultura delle giovani generazioni. Ed anche in questo caso, qualche numero del 58° Rapporto del Censis, va necessariamente dato.
Si evidenziano, ad esempio, gravi carenze di apprendimento nella scuola primaria, nelle medie e alle secondarie con numeri di conoscenze perdute, rispettivamente per italiano e matematica, del 24,5% e 31,8% nella scuola primaria, del 39,9% e del 44% alle medie e del 43,5% e del 47% alle superiori. In quest’ultimo caso, se si prendono in considerazioni gli Istituti Professionali, quelli propri della classe lavoratrice, i numeri dell’educazione mancata raddoppiano arrivando all’80% e all’81%.
Cifre che mostrano lo stato della salute culturale del paese , e soprattutto dei giovani, perso in un quadro desolante della negazione delle radici storiche e democratiche, sociali e politiche della Nazione.
Fra il campione considerato dal Censis il 49,7% non sa indicare l’anno della Rivoluzione francese, il 30,3% non sa chi è Giuseppe Mazzini, che per il 19,3% è stato un politico della prima Repubblica, mentre per il 32,4% la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo e per il 6,1% il sommo poeta Dante Alighieri non è l’autore della Divina Commedia. Non stupisce così che alcuni - il 5,8% del campione – arrivino a pensare che il culturista sia… una persona di cultura .
Alla fine, il quadro è sconfortante come sempre. Forse più di sempre. Ma anche no! Infatti, se l’ignoranza diffusa può consegnare ai signori rozzi del Palazzo un elettorato pronto a bersi qualsiasi baggianata in tema di etnia, famiglia, invasioni di migranti e teorie del gender, la mancata conoscenza della storia implica la grave prospettiva che questa, nei suoi lati peggiori, sia destinata a ripetersi e, dato che già il peggio è in atto, forse non resta che aspettarsi, nei sacri cicli dei corsi e ricorsi storici del Vico, un ripetersi anche di momenti migliori.
Certo, non oggi, e nemmanco domani. Forse dopodomani, e proprio grazie a chi non conosce la data della Rivoluzione francese e non sa chi fosse il famoso e pericoloso rivoluzionario repubblicano italiano Giuseppe Mazzini. E questo, in termini probabilistici, mostra che chi non conosce le rivoluzioni e i rivoluzionari, è destinato, con lacrime e sangue purtroppo, a farsi rivoluzionario e a promuovere cambiamenti prima di quanto non si creda.
Ecco che proprio la mancata memoria di Giuseppe Mazzini potrà creare qualche problema alla Presidente del Consiglio così sicura delle sue narrazioni posticce, delle sue leggi repressive che non riusciranno a fermare il desiderio di cambiamento, la passione per l’utopia e per quella rivolta sociale, auspicata da qualcuno, che, forse, è già iniziata.
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