Divisi dal fronte di guerra, i sanitari esprimono pensieri condivisi
I medici israeliani esprimono grande preoccupazione per le conseguenze umanitarie dell'operazione a Gaza e per gli ostaggi israeliani.
Mentre l'esercito israeliano allestisce ospedali da campo ai confini del Libano e della Striscia, soltanto venti camion di aiuti umanitari hanno oltrepassato il varco egiziano di Rafah e l'Iran ammonisce che la crisi può diventare incontrollabile minacciando di attaccare Israele, sembra non esserci alcuna differenza nell'animo degli operatori sanitari israeliani e palestinesi.
Cambiano purtroppo gli strumenti messi loro a disposizione per esercitare la professione e salvare vite umane. Cambia lo scenario di guerra, dalla parte palestinese la devastazione delle infrastrutture è drammaticamente evidente. Cambiano le condizioni di lavoro, da una parte si opera alla luce dei cellulari con elettricità rubata alle batterie delle automobili.
Divisi dal fronte di guerra , i sanitari esprimono tuttavia pensieri condivisi. Ed hanno un comune sentimento. Perché sono fatti della stessa sostanza, persone normali che cercano di curare corpi di persone normali aldilà di ogni ideologia religiosa e politica. Essi colgono, con l'occhio clinico che li contraddistingue, tutte le criticità della drammatica situazione in cui sono precipitati. Sono chiamati tutti a fare il loro dovere, meglio che possono, anche nelle condizioni peggiori.
Dal report risulta che i medici israeliani hanno trattato un numero senza precedenti di feriti complessi, dopo il 7 ottobre 2023 quando i militanti di Hamas sono evasi dalla Striscia di Gaza uccidendo più di 1300 persone, ferendone oltre 3400 e prendendone in ostaggio 199. Tra loro non ci sono soltanto israeliani ma anche beduini, lavoratori stranieri e turisti.
È il più grande attacco contro i civili dalla creazione dello stato nel 1948. Il Ministero della Sanità palestinese ha dichiarato che sono stati uccisi più di 2700 palestinesi e 9700 sono stati feriti, secondo le stime aggiornate al 16 ottobre. Una settimana dopo si contano 4651 morti e oltre 14 mila feriti secondo la Sanità di Gaza.
Da un rapporto dell'Agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel vicino Oriente, al 16 ottobre si trovavano ancora nel centro di Gaza oltre 600 mila palestinesi sfollati interni, dopo l'ordine di evacuazione che Israele ha rivolto a 2,2 milioni di persone.
L'Oms ha affermato, in una dichiarazione dello scorso 14 ottobre, che i ripetuti ordini di Israele per l'evacuazione di 22 ospedali che curano più di 2000 pazienti ricoverati nel nord di Gaza potrebbero equivalere ad una condanna a morte perché è impossibile allontanare in sicurezza malati gravi, partorienti e neonati in incubatrice.
Il direttore generale del Ministero della Sanità palestinese a Gaza City ha dichiarato a The Lancet che gli ospedali hanno finito le medicine e altre forniture sanitarie e che la maggior parte delle persone è rimasta senza acqua. Viene lanciato in queste ore l'allarme di epidemie per le pessime condizioni igieniche, le fognature sono state distrutte.
Senza un percorso sicuro che consenta ai pazienti di uscire e di portare il personale medico con assistenza e carburante dall'esterno, ci sarà un disastro umanitario nei prossimi giorni . Ha sottolineato inoltre che tutto il personale è occupato negli ospedali. Nessuno va a casa e tutti lavorano 24 ore su 24. Abbiamo la piena capacità negli ospedali e i pazienti giacciono nei corridoi .
Il portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha dichiarato a The Lancet lo scorso 11 ottobre che gli ospedali di Gaza rischiano di diventare cimiteri a causa della mancanza di medicine, acqua ed elettricità.
I medici israeliani esprimono grande preoccupazione per le conseguenze umanitarie dell'operazione a Gaza e per gli ostaggi israeliani, tra cui bambini e anziani in gravi condizioni mediche, che si ritiene siano trattenuti in una rete di tunnel costruiti sotto Gaza.
All'indomani dell'attacco di Hamas gli operatori sanitari israeliani sono stati lasciati a lottare per curare un numero di pazienti senza precedenti. Sebbene il sistema sia stato in grado di reagire rapidamente, molti dipendenti hanno dovuto lavorare senza sosta non appena hanno saputo degli attacchi , hanno detto i medici.
Nelle prime 24 ore, 700 pazienti sono stati ricoverati al Soroka University Medical Center, un ospedale di Be'er Sheva, nel sud di Israele. Erano diffusi soprattutto shock e traumi. Molti israeliani che avevano legami con le persone uccise o ferite raccontavano esperienze orribili tra cui accoltellamenti e sparatorie e di essere stati forzati a fuggire da stanze sicure e cercare di scappare quando i militanti armati hanno invaso ed incendiato le loro case , racconta un operatore sanitario.
Il direttore del laboratorio di nutrizione e salute del cervello dell'università ebraica, Aron Troen, ha dischiarato a The Lancet che come operatori sanitari siamo impegnati a favore dell'umanità e dobbiamo condannare e combattere questi crimini contro l'umanità . Egli ha perso sua sorella nell'attacco, morta proteggendo suo figlio con il proprio corpo.
Da un’indagine emerge che i primi ospedali isareliani a passare allo stato di emergenza sono stati il Soroka University Medical Center e il Barzilai Medical Center, ad Ashkelon. Queste strutture hanno dimesso i pazienti elettivi e hanno mobilitato gli altri pazienti nei reparti sotterranei per fornire uno scudo alle persone più vulnerabili.
La School of Public Health ha dichiarato alla rivista che le squadre sanitarie hanno dovuto affrontare molti feriti con ferite penetranti insolite e complesse, ferite da arma da fuoco e da schegge che richiedevano interventi chirurgici avanzati, complessi e prolungati soprattutto in ortopedia, chirurgia generale e chirurgia vascolare.
È in stato di allerta ed emergenza anche l'ospedale Augusta Victoria, specializzato in servizi di chemioterapia e radioterapia , che a Gerusalemme Est cura principalmente palestinesi della Cisgiordania e di Gaza. Dopo l'attacco di Hamas molti palestinesi non sono più riusciti ad ottenere i permessi necessari per essere ricoverati.
Avevamo programmato di ricevere per le cure oncologiche 68 pazienti da Gaza alla fine di questo mese. I loro piani di trattamento e le dosi sono pronti ma ora non possono arrivare , ha dichiarato l'amministratore delegato dell'ospedale.
I pazienti israeliani sono stati distribuiti in tutto il paese. Coloro che necessitavano di interventi chirurgici ortopedici e laparotomici sono stati trasferiti al Rambam Health Care Campus di Haifa, nel nord di Israele. Siamo tutti consapevoli che il trattamento delle reazioni acute da stress e del disturbo da stress post-traumatico sarà molto importante , ha dichiarato il capo dell'unità di medicina d'urgenza e traumatologia, il dottor Hany Bahouth.
Israele continua a curare i terroristi feriti e catturati , ha sottolineato il Presidente dell'Associazione israeliana di Sanità Pubblica, Hagai Lavine, che dirige l'équipe medica del Forum Hostages and Missing Families e cerca di stabilire un corridoio umanitario a Gaza e di trasferire le medicine essenziali di cui hanno immediatamente bisogno gli ostaggi attraverso il Comitato internazionale della Croce Rossa.
Anche gli operatori sanitari israeliani hanno lavorato senza sosta per garantire la continuità delle cure . Considerando che il 10% del personale è stato arruolato come riserva militare, il carico di lavoro aumenta. Inoltre, in base alle norme di emergenza, il personale medico non può lasciare il paese senza il permesso del Ministero della Salute israeliano.
Gli operatori sanitari israeliani sono diversi – ebrei, arabi, laici e religiosi – e lavorano molto bene insieme in armonia , ha affermato un professore emerito della facoltà di Medicina Azrieli dell'Università Bar-Ilan. Tuttavia, il Ministero della Salute ha ricordato agli operatori sanitari di astenersi da qualsiasi commento razzista, offensivo ed inaccettabile sul lavoro o sui social media.
Sebbene il sistema sanitario sia stato in grado di far fronte ai danni fisici, le sfide a lungo termine riguarderanno la fornitura di assistenza sanitaria mentale e i determinanti sociali della salute, compresi cibo e alloggio per le numerose persone rimaste senza casa o evacuate in altre zone di Israele, con una forte attenzione alla lotta alle disuguaglianze sanitarie , ha sottolineato il direttore della Scuola di Sanità pubblica dell'Università Ben-Gurion del Negev.
Intanto a Gaza i colleghi palestinesi, aspettando l'evolversi degli eventi e maggiori aiuti umanitari, restano al loro posto. Se la fede nei miracoli è espressa in ogni credo, in certe situazioni non resta che trasformare le preghiere in azioni, quelle di assistenza che restano ancora possibili.
Gli ospedali sono diventati rifugi, casa, tutto quello che rimane sia ai sani sia ai malati. Sono il posto migliore dove stare quando un posto migliore dove andare non c'è. Da luoghi di cura sul limitare della vita e della morte, in cui si vede tutta la fragilità umana, sono diventati un posto dove le persone sperano ancora ci sia umanità e protezione, come in un ultimo baluardo.
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