In tutto il mondo esistono in circolazione molteplici varianti del SARS-CoV-2 che sono state classificate dai Centers for Disease Control and Prevention come varianti di interesse, varianti di preoccupazione e varianti ad alto rischio. In particolare, sono tre le nuove varianti che sono diventate rapidamente dominanti nei rispettivi paesi e che hanno destato preoccupazioni: B.1.1.7 (VOC-202012/01), 501Y.V2 (B.1.351) e P.1 (B.1.1.28.1).
Varianti SARS-CoV-2, implicazioni cliniche su salute pubblica e vaccini
Per quanto riguarda l’origine delle varianti, la variante B.1.1.7 (23 mutazioni con 17 cambiamenti di amminoacidi) è stata descritta per la prima volta nel Regno Unito il 14 dicembre 2020, la variante 501Y.V2 (23 mutazioni con 17 cambiamenti di amminoacidi) è stata inizialmente segnalata in Sud Africa il 18 dicembre 2020 e la variante P.1 (35 mutazioni circa con 17 variazioni di amminoacidi) è stata segnalata in Brasile il 12 gennaio 2021.
Queste varianti del SARS-CoV-2 si sono rapidamente diffuse in tutto il mondo, tanto che al 22 febbraio 2021 la variante B.1.1.7 era stata segnalata in 93 paesi, la 501Y.V2 in 45 e la P.1 in 21.
Da un punto di vista strutturale, tutte e tre le varianti presentano la mutazione N501Y, la quale si caratterizza per il cambiamento dell’amminoacido asparagina (N) in tirosina (Y) alla posizione 501 nel dominio di legame del recettore della proteina spike. Le varianti 501Y.V2 e P.1 presentano entrambe due ulteriori mutazioni del dominio di legame del recettore, K417N/T ed E484K. Queste mutazioni aumentano l’affinità del dominio di legame del recettore al recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina-2.
L’emergenza di queste varianti ha portato a quattro principali preoccupazioni derivanti dai loro effetti sulla trasmissibilità virale, sulla gravità della malattia, sui tassi di reinfezione e sull’efficacia del vaccino.
La variante 501Y.V2 si è diffusa rapidamente in Sud Africa, rappresentando l’11% dei virus sequenziati (44 su 392) nella prima settimana di ottobre 2020, il 60% (302 su 505) nella prima settimana di novembre 2020 e l’87% (363 su 415) nella prima settimana di dicembre 2020. Nel Capo Occidentale, una provincia sudafricana dove predomina la variante 501Y.V2, è stata raggiunta approssimativamente una soglia di 100.000 casi di Covid-19 il 50% più rapidamente nella seconda ondata di infezione rispetto alla prima ondata (54 vs 107 giorni). Questa variante è stata stimata essere il 50% più trasmissibile rispetto alle varianti preesistenti in Sud Africa, mentre la variante B.1.1.7 risulta essere tra il 43% e l’82% più trasmissibile rispetto alle varianti preesistenti nel Regno Unito.
A Western Cape, i tassi di ricovero ospedaliero dei casi diagnosticati e il profilo clinico dei pazienti ammessi erano simili nella prima e nella seconda ondata. Tuttavia, un’analisi preliminare del National Institute of Communicable Diseases ha mostrato come la variante 501Y.V2 era associata a una mortalità intraospedaliera più alta del 20% nella seconda ondata in Sud Africa rispetto alla prima ondata. Questo risultato è dovuto principalmente alla maggiore trasmissibilità di questa variante, che ha rapidamente sovraccaricato i servizi sanitari e quindi compromesso l’accesso tempestivo alle cure ospedaliere e la qualità di tali cure.
Le evidenze che arrivano dal Regno Unito indicano come la variante B.1.1.7 possa associarsi a un rischio di morte più elevato rispetto alle varianti preesistenti nel Regno Unito. Sebbene non vi siano prove che gli agenti antivirali e i trattamenti antiinfiammatori siano meno efficaci con l’emergente varianti rispetto alle varianti preesistenti, il trattamento con siero di convalescenza e anticorpi monoclonali potrebbe non essere altrettanto efficace.
Per quanto riguarda la fuga dall’immunità naturale, la variante inglese ha mostrato una modesta diminuzione dell’attività di neutralizzazione di un fattore 1,5, mentre la variante sudafricana ha mostrato la completa fuga dagli anticorpi neutralizzanti nel 48% dei campioni di siero convalescente ottenuto da pazienti che avevano precedentemente contratto il Covid-19.
Un risultato derivante da uno studio condotto su un vaccino in Sud Africa, in cui il 31% dei partecipanti arruolati era stato precedentemente infettato da SARS-CoV-2, era che l’incidenza di Covid- 19 era del 7,9% tra i sieronegativi e del 4,4% tra i sieropositivi nel gruppo placebo. Questo risultato indica che una precedente infezione con varianti preesistenti possa fornire solamente una parziale protezione dalla reinfezione con la variante sudafricana.
Per quanto riguarda la fuga dall’immunità indotta dal vaccino, la variante inglese ha mostrato modeste diminuzioni dell’attività neutralizzante nei campioni di siero ottenuti da persone vaccinate.
L’attività di neutralizzazione del siero per la variante sudafricana tra le persone vaccinate era inferiore di un fattore da 1,6 a 8,6 per il vaccino BBIBP-CorV (Sinopharm), il vaccino BNT162b2 (Pfizer) e il vaccino mRNA-1273 (Moderna), ma era inferiore di un fattore fino a 86, inclusa la completa fuga immunitaria, per il vaccino AZD1222 (AstraZeneca).
L’attività neutralizzante per la variante brasiliana tra le persone vaccinate era inferiore di un fattore 6,7 per il vaccino prodotto da Pfizer e di un fattore 4,5 per il vaccino Moderna. La rilevanza clinica della minore attività di neutralizzazione per Covid-19 lieve o grave non è chiara, ma l’efficacia negli studi clinici è stata inferiore per tutti e tre i vaccini testati durante la trasmissione della variante 501Y.V2 in Sud Africa rispetto all’efficacia negli studi clinici condotti in paesi con varianti preesistenti.
L’efficacia era maggiore di un fattore di 3,2 con il vaccino AstraZeneca nel Regno Unito, in Brasile e in Sud Africa (70% Vs 22%), maggiore di un fattore di 1,8 con il vaccino NVX-CoV237 (Novavax) nel Regno Unito rispetto al Sud Africa (89% Vs 49%) e superiore di un fattore 1,3 con il vaccino Ad26.COV2.S (Johnson & Johnson) negli Stati Uniti rispetto al Sud Africa (72% Vs 57%).
L’emergenza di queste tre nuove preoccupanti varianti sottolinea l’importanza della vigilanza operata attraverso la sorveglianza genomica per l’identificazione precoce delle varianti future. Recentemente, altre due varianti SARS-CoV-2, B.1.427 e B.1.429, che sono state rilevate per la prima volta in California, hanno dimostrato di essere circa il 20% più trasmissibili rispetto alle varianti preesistenti e sono state classificate dal CDC come varianti preoccupanti.
Il potenziale delle varianti di sfuggire all’immunità indotta naturalmente e indotta dal vaccino rende prioritario lo sviluppo di vaccini di nuova generazione che suscitano un’attività ampiamente neutralizzante contro le varianti attuali e potenziali future. La soppressione della replicazione virale sia con misure di salute pubblica che con un’equa distribuzione dei vaccini è fondamentale per ridurre il rischio di generazione di nuove varianti.
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