Come documentato dai dati di sorveglianza del Cdc e dell'Ecdc, l'attuale stagione invernale è caratterizzata da un numero di casi più elevato e prima del solito di malattie respiratorie, soprattutto di infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV), com'era capitato lo scorso autunno in Cina. Alla luce dell'aumento esponenziale dei casi e della tempistica fuori controllo, è attualmente in corso un acceso dibattito da parte della comunità scientifica su come la pandemia abbia contribuito ad alzare i tassi di altre malattie infettive. Un articolo pubblicato su Jama il 10 gennaio presenta una discussione tra esperti su come il Covid-19 potrebbe essere legato ai recenti picchi di malattie respiratorie che si stanno verificando in tutto il mondo.
Covid-19 e picchi malattie respiratorie, tra debito e furto di immunità
Quello che si è verificato durante la pandemia di Covid-19 è che l'immunità della popolazione ha continuato a diminuire senza le ondate annuali di infezioni virali stagionali.
Sottolineando che la discussione è necessariamente focalizzata sulla fenomenologia in quanto non vi può essere al momento nessuna certezza, i pareri divergenti degli esperti si concentrano su due concetti fondamentali riguardo il meccanismo che potrebbe essersi innescato, riferendosi a debito di immunità (gap immunitario) e furto di immunità.
Secondo i ricercatori si verifica un debito di immunità quando la ridotta diffusione di altri patogeni è causata da interventi non farmaceutici imposti per frenare la diffusione di Sars-CoV-2, come l'obbligo di mascherina e la chiusura delle scuole.
In uno studio francese divulgato nel maggio 2021 gli autori prevedevano che la mancanza di stimolazione immunitaria dovuta alla ridotta circolazione di agenti microbici e alla relativa ridotta assunzione di vaccini ha indotto un debito immunitario che potrebbe avere conseguenze negative quando la pandemia sarà sotto controllo e gli interventi non farmaceutici verranno eliminati .
In Cina, infatti, la causa dell'aumento delle malattie simil-influenzali è stata attribuita alla revoca delle restrizioni sul Covd-19 e alla circolazione di agenti patogeni noti, come l'influenza e il Mycoplasma pneumoniae . Considerando che i vaccini presentano un duplice vantaggio - proteggono contro la malattia specifica mirata ma inducono anche un'immunità non specifica contro altri agenti patogeni non correlati, detta immunità eterologa – Leitner ha osservato che il calo delle vaccinazioni durante la pandemia contro malattie come il morbillo e la ridotta esposizione ai virus circolanti sono stati una sorta di doppio smacco che avrebbe potuto rendere i bambini più suscettibili alle malattie infettive. In conclusione, gli sforzi per tenere a freno un virus (Sars-CoV-2) hanno provocato una ridotta esposizione ad una varietà di altri agenti patogeni.
Molti studiosi ritengono che sia improbabile che il debito immunitario spieghi completamente i recenti aumenti di infezioni respiratorie. Certamente la riduzione dello stato immunitario sta contribuendo alla ripresa dei contagi, ma suggeriscono che sta succedendo anche qualcos'altro, ossia un furto di immunità .
Ritengono che sia proprio Sars-CoV-2 a rubare l'immunità, lasciando alcune persone che hanno avuto Covid-19 più suscettibili ad altre infezioni. Considerando che ci sono picchi anomali di RSV da tre anni consecutivi, viene da chiedersi quanto tempo ci voglia per pagare tale debito.
Secondo l'epidemiologia di base delle malattie infettive, gli efficaci interventi messi in atto per tenere sotto controllo le ondate di Covid hanno fermato anche altri patogeni. Epidemiologicamente ci si aspetta che un minor numero di contagi in una stagione finisca per portare a più contagi nella successiva. Secondo Hanage, direttore del Center for Communicable Disease Dynamics presso Harvard, più che debito sarebbe più appropriato definirlo divario immunitario. Dopo un calo delle infezioni respiratorie dovuto al distanziamento sociale è pertanto normale che ci sia una ripresa quando le persone riprendono le normali attività.
Munro, ricercatore inglese presso l'università di Southampton, ricorda che una delle influenze più importanti sui modelli abituali dei virus stagionali è l'immunità della popolazione, che diminuisce nel tempo man mano che l'immunità diminuisce nelle persone precedentemente infette, quando alcuni di loro muoiono e quando nascono bambini immunologicamente ingenui.
Quello che si è verificato durante la pandemia di Covid-19 è che l'immunità della popolazione ha continuato a diminuire senza le ondate annuali di infezioni virali stagionali che generalmente invece la rafforzano. Tuttavia, il ricercatore sottolinea che il debito immunitario è stato interpretato erroneamente da alcune persone secondo le quali è dannoso per la tua immunità personale se non sei esposto a determinati patogeni in generale .
Riferendosi al virus respiratorio sinciziale , Leitner sostiene che con poco RSV in circolazione all'inizio della pandemia gli anticorpi specifici del virus, che proteggono da malattia grave, sono diminuiti drasticamente, soprattutto negli adulti. È stato un effetto collaterale non intenzionale perché i lockdown dovevavo necessariamente durare così a lungo per aspettare il tempo necessario per l'uscita dei vaccini .
Altri studi dimostrano inoltre che l'immunità protettiva degli anticorpi RSV, trasmessi ai neonati dalle madri, è di breve durata. Non esistono tuttavia prove che spieghino gli esiti clinici attuali della malattia, ossia una maggiore gravità dei casi correlata alla diminuzione delle funzioni anticorpali nei neonati. Uno studio pubblicato su Jama Pediatrics, condotto analizzando le tendenze di ospedalizzazione e la gravità della malattia nei bambini sotto i 5 anni, suggerisce che i bambini ricoverati in ospedale con infezioni da RSV sono più malati di prima della pandemia di Covid-19 che certamente ha influito sul cambiamento delle epidemie di RSV.
Emerge che la gravità della malattia - caratterizzata dalla necessità di somministrazione di ossigeno e terapia intensiva nonché dalla durata della degenza – è gradualmente aumentata dal periodo prepandemico al 2021 e al 2022-2023. È aumentata anche l'età media dei bambini ricoverati, da 5,3 mesi prima della pandemia sino a 8,2 mesi nel biennio 2022/23.
Sembra inoltre che le misure di mitigazione del Covid-19 abbiano avuto altri effetti benefici, oltre a ridurre le infezioni e i decessi da Sars-CoV-2. Un ceppo dei virus dell'influenza B, ad esempio, non viene isolato da marzo 2020 così che gli scienziati suppongono che questo virus si sia estinto. Anche molte riacutizzazioni di malattie croniche, come l'asma tra gli adulti, sono diminuite portando gli esperti ad attribuire la causa, almeno in parte, alla ridotta circolazione dei comuni virus respiratori.
Gli esperti ritengono che Covid-19 non sia né niente di peggio di un raffreddore né Aids trasmesso per via aerea , com'è stato spesso considerato. Sostengono piuttosto che la realtà si trova da qualche parte tra questi estremi. Quasi tutte le infezioni respiratorie virali, soprattutto se sono gravi, causano disturbi del sistema immunitario , ha affermato Munro. Non c'è nulla che abbiamo visto con Covid-19 che sembri straordinario rispetto a qualsiasi altro virus respiratorio .
Leitner spiega che dopo un'infezione respiratoria virale acuta il sistema immunitario è in modalità di riparazione, durante la quale viene soppresso. Le persone che muoiono di influenza in genere muoiono per un'infezione batterica secondaria che approfitta di tale soppressione immunitaria , ha osservato. Secondo Erdmann l'idea di avere un periodo di maggiore vulnerabilità a seguito di un processo acuto non è solo possibile ma probabile, anche se le increspature nel sistema immunitario dell'infezione postvirale sono transitorie e solitamente si risolvono in 20-30 giorni.
Il cosiddetto furto dell'immunità non spiega pertanto la condizione di Long-Covid. Erdmann ritiene che i sintomi prolungati potrebbero essere dovuti all'attivazione immunitaria cronica e alla presenza persistente dell'antigene Sars-CoV-2. Un piccolo studio ha scoperto che il Covid grave può causare cambiamenti a lungo termine nel sistema immunitario e che le alterazioni sono legate all'attivazione persistente e non alla soppressione (Cell. 2023).
Sebbene i risultati di molti studi siano contrastanti sulla maggiore probabilità di contrarre altri virus dopo una precedente infezione da Covid-19, gli esperti concludono ritenendo che senza dubbio Sars-CoV-2 disturba il sistema immunitario, uccidendo le cellule T. Non si sa e non è ancora stato dimostrato in che misura questo virus contribuisca allo sviluppo di altre epidemie, ma certamente incide, anche se non è l'unica ragione.
Bibliografia
“From immunity debt to immunity theft. How Covid-19 might be tied to recent respiratory disease surges” JAMA January 10, 2024.
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